Capitolo 92

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La rossa diede le ultime indicazioni ai suoi uomini. Dopodichè, questi se ne andarono.
Le porte della sala furono aperte, per la colazione con il resto delle persone. E la caccia al traditore era iniziata.
Donne e uomini presero posto, ai tavoli, vestiti come se fosse un giorno qualsiasi, i vestiti che si vedevano nella mia città, tutt'altro rispetto agli abiti che James mi aveva fatto indossare, al suo castello. Era solo la seconda volta che vedevo i licantropi comportarsi come fossero umani. Non sapevo se lo facessero su ordine della rossa o no. Ma sembravano molto piú umani dei vampiri.
Le guardie si erano posizionate lungo i muri, osservando le persone fare colazione, parlare. La guardia che mi aveva aiutata, il Capitano e una delle guardie che erano rimaste a controllare la cella di Dimitri erano uscite. Dalle porte, rimaste semiaperte, cominciarono ad entrare camerieri, con vassoi e tazze fumanti. Si avvicinavano alle persone e posizionavano le tazze davanti a queste. Una volta finite le tazze sopra i vassoi, uscivano dalle porte e rientravano solo dopo aver preso altre tazze, altrettanto fumanti.
Avevo la sensazione di essere osservata. Ma, forse, la mia era solo un'impressione.

Di certo, non ero pronta per un'altra ora di allenamento con il Capitano. Quella notte, non aveva avuto scrupoli. Era stato piú stancante dell'allenamento fatto in presenza della rossa.
Mi legai i capelli, mentre camminavamo. Cosa avrebbe pensato la rossa, se avesse scoperto che il Capitano e io avevamo passato del tempo insieme da soli?
Il Capitano era già dentro la stanza, pronto per l'allenamento, vicino al tavolo con i paletti. Ne aveva in mano uno e lo stava analizzando, osservando la punta, toccandola. Stava, forse, pregustando il momento in cui avrebbe ucciso Dimitri?

"Avete notato qualcosa?" domandó la rossa.
Il Capitano sollevó lo sguardo dal paletto sulla rossa e scosse la testa.

"Ma non è lontano." la informó il Capitano.
Come faceva a dirlo?
"Cos'hai intenzione di fare con l'altro vampiro?" domandó, poi.
Lei ci pensó.

"Sai che non ho scelta." rispose la rossa.
Stavolta, non aveva lasciato trapelare nulla: di solito, parlava con il Capitano come se io non ci fossi, lasciando che io sapessi tutto ció che si dicevano; stavolta, invece, aveva scelto accuratamente le parole da usare, perchè io non potessi capire le sue intenzioni.
Il Capitano annuí. E mi lanció il paletto che aveva in mano contro.
La punta girava veloce, come se il Capitano avesse fatto rotolare il paletto, prima di lanciarlo. Non avrei potuto evitarlo, se non mi fossi spostata in quel momento.
Non ce l'avrei fatta.
E fu in quel momento che, qualcosa, dentro di me, sembró risvegliarsi. Era una sensazione morbida e calda, come se il mio corpo si fosse svegliato da un lungo sonno. Il mio cuore sembró accelerare per un secondo, poi avvenne.
Il paletto cadde a terra, dopo aver sbattuto contro il muro bianco, lasciando un segno nero dove la punta aveva segnato la vernice.
Lo guardai, senza parole. Il paletto era davanti a me, era già su di me. Stava puntando al cuore. Non avrei potuto spostarmi abbastanza velocemente da evitarlo.
Con il cuore che aveva ripreso a battere velocemente, guardai il paletto, ora a terra, quasi impaurita da ció che era successo.
Dentro di me, tutto era tornato alla normalità, non avvertivo alcun calore, nè torpore. Era stata solo un'illusione. Probabilmente, la stanchezza mi aveva fatto credere che il paletto fosse davanti a me, invece che al mio fianco. Il Capitano non avrebbe mai provato ad uccidermi, soprattutto in presenza della rossa. Eppure, per un attimo, mi era sembrato di vedere il paletto muoversi a velocità normale, permettendomi di spostarmi dalla sua traiettoria.
Sentivo le mani tremare e avevo gli occhi spalancati per la paura, non di aver rischiato di avere un paletto nel cuore, ma per ció che era successo. Il paletto giaceva a terra, inerme.
Cercai lo sguardo della rossa e del Capitano, cercando spiegazioni. Come avevo potuto evitarlo? Avevo avuto un'altra illusione?
Il Capitano guardó la rossa. Sembrava confuso quanto me. La rossa, invece, sembrava molto piú che confusa. Aveva gli occhi spalancati e la bocca aperta, stupita. Il suo sguardo era puntato su di me. Sembrava stupita, confusa, preoccupata. Nei suoi occhi vidi accendersi una piccola scintilla di speranza.
Nessuno riusciva a trovare le parole giuste per parlare. Ma avrei voluto che qualcuno mi dicesse che il paletto non era mai andato veloce e che evitarlo era stata una cosa che avrebbe dovuto saper fare qualsiasi umano.
Mi appoggiai una mano sul cuore, per farlo smettere di battere cosí velocemente.
Spostai lo sguardo dalla rossa al Capitano.
Dite qualcosa!

"Capitano." lo chiamó la rossa, stupita.
Lui la guardó, ancora confuso.
Sembrava che la rossa non riuscisse a parlare, gli angoli della bocca che si piegavano lentamente verso l'alto, lo stupore ancora sul suo volto. Provó a dire qualcosa, ma non riuscí a parlare.
"Puoi cominciare l'allenamento." disse, infine.
Se possibile, spalancai gli occhi, piú di quanto ce li avessi già aperti.
Quindi, l'allenamento non era ancora iniziato?
Come se non fosse successo niente, il Capitano si voltó verso i paletti, ma il suo sguardo, indagatore e fulminante, ora, era veloce e non si soffermava su nessun paletto, non li prendeva in mano e non esaminava alcuna punta. Sembrava che stesse pensando a qualcos'altro.
Ma si ricompose subito.
Afferró un paletto e si avvicinó a me.
Dopo ció che era appena successo, vedere un paletto da vicino, mi fece arretrare di un passo. Non volevo avere altre reazioni inspiegabili.

"So che questo paletto puó sembrare uguale ad altri." cominció il Capitano.
Uguale a quello che hai appena evitato, intuii avrebbe voluto dire. Ma non lo fece.
"Ma esistono delle differenze anche tra questi." tornó al tavolo e prese un altro paletto.
Ora, aveva due paletti, nelle mani, uno a destra ed uno a sinistra.
Rabbrividii, ma non arretrai.
"Prendine uno." mi invitó.
Guardai i paletti nelle sue mani. Sembravano uguali.
Allungai la mano per prenderne uno, ma la ritirai, non appena rividi l'immagine del paletto contro di me.
Non mi ucciderà, cercai di convincermi. Non sono un vampiro.
Il giorno prima, prendendone uno, mi ero tagliata. Ma non era successo niente di grave.
Lui mi allungó un paletto e me lo porse.
Non mi farà male. È solo un paletto.
Lo afferrai.
Non mi ucciderà, ora stavo pensando al Capitano.

Regno ribelleWhere stories live. Discover now