7; Minaccia

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23:30.

La cicca che quel pomeriggio Toji mi aveva lasciato cadere nella camicia, seppure era stata precedentemente spenta, mi aveva comunque lasciato una piccola scottatura in mezzo al seno.
Mi mandava fuori di testa l'idea che avesse avuto la sfacciataggine di fare una cosa così di cattivo gusto con così tanta nonchalance, perlopiù finendo anche per lasciarmi addosso un segno permanente.

Era ora di mettermi a letto ma tutto quello a cui pensavo era che l'indomani avrei dovuto, in teoria, aiutare Toji col suo compito di chimica.
Non avevo ancora scelto che fare a riguardo, non riuscendo a ponderare in preda ai miei sentimenti negativi.
Una parte di me era anche preoccupata per Yuji e le sue ferite.

Ancora non mi andava giù il modo in cui, senza nessun motivo, Toji al college era intoccabile e poteva fare ciò che più gli pareva.

Improvvisamente sentii bussare.
Oggi la giornata non vuole proprio terminare, eh?

Quindi mi diressi alla porta e diedi un'occhiata dallo spioncino.
Merda... Sul serio?
Ancora Fushiguro... E non Megumi...

«Che diavolo vuoi?» Chiesi da dietro la porta senza neppure aprirla, con tono seccato.
Chissà perché è qui e a quest'ora...

«Non ti rende più figa fare la diffidente, signorina... Aprimi, avanti.» Scherzò lui sghignazzando.

Addirittura suo fratello mi ha consigliato di stargli lontana, perché questo ragazzo continua a rendermelo così difficile ronzandomi attorno?

«Non sei stato tu ad avermi detto che alle domande si risponde?» Lo punzecchiai continuando a squadrarlo nel frattempo dall'occhiello della porta: stava appoggiato con una spalla allo stipite e con sul viso un'espressione forse assonnata.

«Okay, okay... Touché. Voglio solo parlare.» Confessò sollevando le mani aperte in segno di discolpa e innocenza.
Eh? Vuole parlare? E esattamente che potrebbe mai volere da me?
Morivo dalla curiosità di saperlo, ma non potevo assolutamente farlo entrare in camera e dargli tutta quella confidenza.
Non devo dimenticare gli avvertimenti di Nobara e del resto dei ragazzi.

«Trovati qualcun altro con cui parlare, allora.» Sputai fredda in risposta e cercando di liquidarlo il più velocemente possibile.

«Non sei simpatica... È con te che voglio parlare. Avanti, aprimi.» Continuò ad insistere.

«Va' a dormire e lasciami in pace, è tardi.»

Dopo quella frase notai come stavo seriamente iniziando a farlo spazientire, a giudicare dal suo tono che diventò più duro e dalla sottile cattiveria celata nelle sue risposte.

«Proprio perché è tardi, non costringermi ad alzare la voce.»

«Mi stai minacciando?» Risi istericamente sempre più infastidita dal suo non demordere.

«No, ma se continui così giuro che sfondo la porta. Ti ho detto di aprirmi, voglio solo parlare, che diamine...» Percepii perfettamente come disse ciò a denti stretti, seppure non lo stavo guardando più dall'occhiello.

«Sfondi la porta?» Scoppiai a ridere dopo aver sentito quelle parole.

«Non sfidarmi, non voglio dimostrarti di essere capace di farlo davvero.»

«Vattene. Se vuoi chiarire riguardo al nostro patto, lo faremo domani mattina al college... Non devi permetterti più a venire alla mia porta.» Cercai di metterlo in riga non sopportando tutta la confidenza che si era preso gratuitamente.

«Domani mattina al college? Cos'è? Mi segni un appuntamento nella tua agenda? Io voglio parlarti adesso, quindi apri questa cazzo di porta e non farmi aspettare troppo. Non sono un tipo paziente.» Ringhiò l'ultima frase e sbatté un pugno sulla porta con un colpo secco.
E chi se lo leva dalle scatole, adesso?

Troublemaker; Toji FushiguroOnde histórias criam vida. Descubra agora