Capitolo 28 - Il dipinto più bello - II

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«Perché vuoi che prenda la Flaxley?»

Elián sbuffa. «Perché se mi avessi fatto guidare avrei preso quella strada. Dai, accontentami» brontola alla mia sinistra.

Fisso la svolta per il nostro quartiere, sospiro e proseguo come mi ha chiesto. Imbocco la Flaxley e seguo le sue indicazioni fino a svoltare in Ray Orr Dr. Di rado sono stata qui.

«Vuoi darti all'equitazione?» domando osservando il cartello che conduce al negozio di articoli equestri.

Elián ridacchia. «Fermati qua». Indica il marciapiede alla sua sinistra. Anche se sono certa di non poter parcheggiare qui, accosto e attivo le quattro frecce. «Scendi» dice, disattivando i lampeggianti.

«Perché le hai spente? Siamo di fronte a un vialetto, non voglio prendere una multa».

«Non ci vive nessuno qui. Vieni». Apre lo sportello e abbandona l'auto. Confusa, afferro la borsa e faccio lo stesso, pregando di non trovare un pessimo regalo sul parabrezza.

Questo quartiere è molto carino. I prati curati e verdeggianti di fronte alle villette sprizzano luce assieme alle mura di vario colore. C'è una casa gialla, una violetto, una cipria e persino una verde smeraldo. Mi sembra di essere all'interno del dipinto di un bambino felice, che imprime la sua gioia riempiendo la tavolozza e la tela di sfumature brillanti.

Elián mi prende per mano e mi trascina verso la villetta celeste, che mi dà l'idea di essere disabitata come ha detto. Tira fuori una chiave dalla tasca e schiude l'ingresso.

Spalanco gli occhi. «Ehi, ma...» Mi spinge all'interno, è un appartamento vuoto, con le mura avorio e il parquet rossiccio; le ampie finestre nelle stanze ai lati lasciano penetrare tanta luce.

«Molto meglio che in foto» commenta alle mie spalle.

Mi volto. «Non dirmi...»

«Dei conoscenti dei miei genitori si sono trasferiti a Port Lincoln per un'emergenza di lavoro e non sanno quando rientreranno a Mount Barker – non prima di un anno, comunque». Si avvicina alla porta a vetri di fronte a me e l'apre, rivelando un corridoio semi-buio che immagino conduca alla zona notte. «Vorrebbero affittare questa casa e papà mi ha dato le chiavi».

Sobbalzo. «Tuo padre sa della proposta che mi hai fatto?»

Mi guarda, la fronte è corrugata. «Avrei dovuto nasconderglielo?»

«No, certo che no» rispondo subito, addolorata dalla sua espressione triste. «Ma sei appena uscito dall'ospedale e credevo ne avremmo parlato con calma». Ora come ora riesco solo a pensare alla sua salute, alla brutta ferita sul fianco che si è infettata soltanto l'altro ieri e ai giramenti di testa che ancora gli capitano. Quando è svenuto la settimana scorsa mi sono spaventata così tanto da aver pianto tutta la notte a casa di Aki.

«E ci penseremo con calma. Non l'ho affittata, mi sono soltanto fatto dare le chiavi per fartela vedere. In realtà», passa la mano sulla testa, a disagio, «ho visto altri annunci, ma... non lo so. Non mi dicevano nulla. Poi ho visto con Google Maps questa via colorata e ho pensato che ti sarebbe piaciuta».

Mi volto e avvicino a una delle vetrate. «È molto bella. Tutti questi colori mi danno l'idea di un parco giochi».

«Esatto, esatto!» Lo guardo, il suo sorriso illumina l'ambiente più della luce del sole. «Ho pensato la stessa cosa e quando ho visto questa casa celeste...»

Spalanco gli occhi. «L'ippopotamo...» Il cuore trema dall'emozione e le lacrime mi velano lo sguardo. Siamo nella versione adulta del nostro mondo d'infanzia.

Si avvicina. «Non devi prendere una decisione adesso, volevo soltanto fartela vedere e darti l'opportunità d'immaginare. Lì», punta l'indice nella stanza alla mia destra, «possiamo fare il soggiorno con la cucina a vista come a casa tua e lì», indica la camera alla mia sinistra, «un salotto con le librerie per i tuoi libri illustrati, i miei sulla pittura e un grande cavalletto per le tele di fronte alla finestra». La meraviglia mi riempie gli occhi mentre immagino i suoi desideri. «Possiamo fare quello che vogliamo, piano piano perché non abbiamo ancora uno stipendio decente. Continuerò a giocare a rugby per tenermi il mio e poi troverò un lavoro migliore. Andremo al college insieme e dopo i nostri impegni torneremo qui, a casa nostra. Nel nostro mondo. Soltanto mio e tuo».

Chiamami per nome - Call me by name [Completa]Where stories live. Discover now