Capitolo 21 - Condividere - III

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Durante il tragitto per Mount Barker nessuno dei due emette parola. Abbiamo accettato di provare, ma fra dire e fare c'è un immenso foglio bianco che attende di essere riempito con i colori del nostro coraggio. Se entrambi lo desideriamo, non c'è nulla di male a fare un tentativo.

Elián rallenta in vista del bivio: sinistra casa mia, destra casa sua. Mi guarda per l'ultima conferma e annuisco. Passa una mano sulla testa mentre decelera ancora un po', ma alla fine svolta a destra.

La casa degli Arena è buia, escluse le luci sul portico che illuminano le mura chiare intorno all'ingresso e le tre finestre. Scendiamo dall'auto, Elián mi stringe subito la mano; varchiamo l'ingresso e restiamo fermi nell'atrio.

«S-Sei certo che torneranno domani?» Una domanda qualsiasi per interrompere il silenzio.

Elián annuisce. «Ho un'idea». Lo fisso curiosa. «Cancella il perché ti ho invitata qui e saliamo in camera mia solo per stare un altro po' insieme. Non la vedi da tanto, no? Cosa ci andrà di fare, lo decidiamo dopo. Va bene?»

La sua proposta mi fa sentire sollevata. Annuisco e lo seguo al secondo piano. Superata la soglia, vengo travolta dal profumo di Elián. Sulla destra il letto a una piazza che ricordo è diventato king size – immagino per adeguarsi alle dimensioni di chi lo usa – e non ci sono più le mensole al di sopra, ma una libreria sulla sinistra accanto alla scrivania.

«È un po' diversa». Mi fermo sul tappeto blu, che riempie lo spazio fra il letto e l'armadio. Prima la mobilia era celeste e bianca, ora è in noce scuro. Non è più la stanza di un ragazzino.

«Abbiamo cambiato diversi mobili in casa e ne ho approfittato per buttare quelli vecchi che avevo».

Lo guardo sconvolta. «Buttare? Che peccato... Mi piacevano».

Elián sorride dispiaciuto. «Una cosa, però, non è cambiata molto». S'incammina verso la porta accanto all'armadio alto e la spalanca. «Non ci sono più i giochi, ma il resto è lo stesso».

Mi avvicino alla piccola cabina, sorridendo sempre più. Nella rientranza a destra c'erano sempre tanti giochi e matite colorate dentro scatole di scarpe o sugli scaffali, ora immagino che in quei contenitori blu ci sia il cambio di stagione o cose così. Sulle mensole a sinistra ci sono scarpe e altra roba inscatolata, però è vero: è lo stesso.

Supero la soglia, mi siedo per terra sui talloni e scruto i muri.

«Cosa fai?» domanda Elián, piegandosi sulle ginocchia accanto a me.

«Hai pittato» brontolo osservando il bianco pulito delle pareti.

«Oh, ho capito». Poggia le ginocchia a terra e, allungando una mano, sposta uno scatolone per liberare una porzione di muro. «Cerchi questo?»

Mi sporgo, reggendomi con le mani sul pavimento, mentre un gran sorriso mi schiude le labbra.

Sol + Eli
per sempre insieme

Anche se ha dipinto le pareti, il colore nuovo non ha intaccato la scritta. Accarezzo l'incisione blu che ho fatto a nove anni sentendo gli occhi bruciare. È un po' sbiadita, ma c'è.

«I tuoi non hanno detto niente di questo buco senza pittura?»

«Ho passato io il colore nella mia stanza e se anche l'avessero notato, non m'importa».

Sorrido e gli accarezzo il viso. «Sono rimasta nei tuoi pensieri...» mormoro con le lacrime agli occhi.

Il volto di Elián si piega in un'espressione di tristezza. «Ogni giorno, Sol. Ti amo. Ti ho sempre amata. Sempre».

Chiamami per nome - Call me by name [Completa]Onde histórias criam vida. Descubra agora