Capitolo 26 - Seconda parte - Un sorriso - II

3.6K 165 32
                                    

«La sicurezza. Subito!» mormora Hanna dietro di me.

«Giù quel telefono!» Simon punta la pistola alle mie spalle.

Sussulto, lasciandomi sfuggire un gemito spaventato, e mi aggrappo alla maglia di Elián. Nella hall risuona il mio stesso terrore. Volto il capo e osservo la receptionist posare la cornetta del telefono dopo un cenno di Hanna.

«Mi avete costretto voi a tutto questo». Fisso Simon, ha un'espressione spaesata. Il braccio con cui regge la pistola trema. «Guardatevi», sembra rivolto ai genitori di Elián, «siete così felici, come se non fosse successo niente. Come se non foste venuti sotto casa mia a urlare il vostro odio con i cartelli in mano. Come se non aveste giudicato me e mia madre complici di mio fratello. Come se non aveste incitato l'intera città a cacciarci!» Punta gli occhi su di me e sussulto. «E tu...» Elián allarga un po' le braccia per coprirmi di più, nonostante il suo corpo basti per nascondere due me. «Che cosa ti costava dire agli altri che io e mia madre non ti abbiamo mai fatto niente? Non ci siamo mai parlati, al massimo ci siamo incontrati alle fiere cittadine. Che cosa ti costava!» Fa un passo nervoso verso di me, Elián indietreggia di poco e incollo il petto alla sua schiena.

«Che cosa credi di ottenere venendo qui con una pistola?» A parlare è Luca, ancora alle mie spalle.

«È l'unico modo, ormai non esiste più nessuna soluzione. Solo questa... Fermo! Non ti avvicinare». Sposta la pistola, forse su Luca.

«Cosa intendi con l'unico modo?» Il tono del padre di Elián pare molto calmo.

«Non avete voluto ascoltarmi. Mi avete ignorato. Mi avete deriso. Questo è l'unico modo che mi è rimasto». Muove la mano con la pistola, sembra non riuscire a tenerla come se gli scivolasse.

In lui c'è qualcosa di strano. Suda e non riesce a stare fermo sul posto. È molto nervoso, ma dev'esserci anche dell'altro. Paura. Disperazione.

Nonostante il terrore mi stia bruciando le vene, le sue parole mi hanno invasa di tristezza. Perché questo orrore continua a farci soffrire tutti? Come può una persona sola averne ferite così tante? Un mostro, non una persona.

Guarda il male che hai fatto anche a chi amavi. Guardalo.

Un movimento sulla destra fa sobbalzare Simon, che punta subito la pistola in quella direzione. «Ferma! Ferma! Giuro che ti sparo!»

La donna con un camicie bianco appena sopraggiunta dall'arco alza le mani sopra la testa. «P-Perdonami! Non mi muovo! Resto ferma!» Ma mentre parla fa piccoli passi laterali, cerca di sfuggire alla traiettoria dell'arma.

«Ho detto ferma! Ferma!» L'agitazione di Simon lo porta a far tremare il dito vicino al grilletto.

La donna urla, nella hall risuonano tanti «No!» e grida spaventate.

Paura. C'è così tanta paura. E io sono stufa di averne. Basta! Basta!

Un brivido di rabbia mi fa rabbrividire e trovare la voce per esclamare: «Parla con me!» Simon spalanca gli occhi, guardandomi. «Parlami, t-ti ascolto».

«Che diavolo stai dicendo, Sun?» sibila Elián, voltando di poco il capo verso di me.

«Certo, adesso vuoi parlare». Punta la pistola verso di noi e sobbalzo al pensiero che miri a me ma che abbia Elián a farmi da scudo.

«S-Scusa. La verità è che... mi ricordi molto tuo fratello». La mia confessione colora la sua espressione di rabbia. «E-Esteticamente avete dei tratti simili, m-ma questo non vuol dire che siete uguali e mi dispiace se non ho voluto ascoltarti perché prima di te v-vedevo lui». È la verità. Non ho mai guardato davvero Simon, per me lui era il fratello di Patrik. Soltanto quello.

Chiamami per nome - Call me by name [Completa]Where stories live. Discover now