Capitolo 13 - II - Tempo

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Non riesco a dire una parola, né a muovere un muscolo.

È qui. Elián è qui.

«Vuoi qualcosa da bere, Elián?» gli domanda mamma.

Elián la fissa. «No, grazie» mormora tornando a osservarmi. Ha le mani nelle tasche dei jeans e le spalle un po' curve. I capelli neri sembrano scombinati come se si fosse appena alzato mentre un'espressione corrucciata indurisce i lineamenti del viso.

«Sun è qui. Cosa devi dirle?»

Elián guarda di sfuggita mia madre e ancora me, passa la lingua fra le labbra e prende un lungo respiro dal naso. «Possiamo parlare?»

Spalanco gli occhi. È venuto finalmente a parlarmi. Nel bene o nel male. Ma io sono pronta ad ascoltarlo? Non credevo sarebbe successo e adesso...

Kit si muove sul petto e sobbalzo, abbandonando i pensieri. «O-Oky».

«Vi mettete nel soggiorno? Mi sposto nell'altro salotto» dice mamma fissandomi.

Guardo Elián e ancora lei. «No. Andiamo in camera mia».

Mamma corruga la fronte. «Sun...»

So che è contrariata perché ha capito che gli ultimi malesseri erano collegati a lui, ma non possiamo parlare con i miei genitori nei dintorni e non perderò questa occasione. Mi servirà anche per essere più motivata al trasferimento.

«Torna sul divano. Appena finisco scendo per preparare la cena».

Mi avvicino alle scale e faccio segno con il capo a Elián di seguirmi. Mamma resta vicino all'ingresso con sguardo dubbioso. Fisso la porta della mia stanza mentre alle spalle si susseguono dei passi che non credevo avrei mai più sentito così vicini.

Superiamo la soglia e richiudo l'uscio. Mi avvicino alla gabbietta, m'inginocchio e lascio Kit all'interno, che si passa subito le zampette sul viso. Più tardi gli pulirò un po' il muso. Fisso la maglia blu, e anche questa.

«Dovresti buttarli».

Volto il capo verso Elián. «Come?» Sta osservando i suoi disegni con le mani in tasca.

«Nei libri che porti sempre con te avrai visto immagini più belle da incorniciare». Il suo sguardo è ora fisso sull'ultimo disegno, i due soli.

Mi drizzo in piedi. «Non penso proprio». Mi avvicino alla sedia e tolgo i vestiti ammucchiati, buttandoli sul futon.

«Sono inguardabili».

«Ma se a dieci anni disegnavi meglio di un adulto portato per il disegno!» Spingo la sedia verso di lui, ma le rivolge solo uno sguardo e riprende a giudicare i dipinti con disgusto.

Okay, non vuole accomodarsi, ma io ne ho bisogno, prima che mi cedano le gambe. Mi siedo alla scrivania e aspetto.

L'agitazione mi sta facendo morire di caldo. Raccolgo i capelli da una parte e libero il collo, sentendo subito sollievo, però non basta. Il cuore non smette di correre impazzito.

Nel bene o nel male.

Forza.

Schiudo le labbra per parlare, ma Elián mi anticipa: «Hai inviato la richiesta?» domanda ancora di spalle.

«Del trasferimento? No, ma stavo venendo qui per farlo». Guardo il PC in standby, muovendo il mouse apparirà subito il modulo. È da stamattina che guardo il tasto "invia".

«Non farlo». Fisso le spalle rigide di Elián. «Se il problema principale sono io, resta».

Non riesco neanche a sentire i pensieri a causa del frastuono scatenato dal cuore. Vuole che resti? Ma non ho le forze per farlo. Sarebbe solo altra sofferenza.

Chiamami per nome - Call me by name [Completa]Where stories live. Discover now