Capitolo 27 - Una minaccia seria - I

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Bianco. Non riesco a vedere altro. Attorno, sotto i piedi nudi, sopra la testa. Solo bianco e nuvole celesti a perdita d'occhio.

Cammino. Mi pare di sentire un suono e volto di colpo la testa a destra, poi a sinistra. Giro su me stessa. Sono sola.

Una brezza leggera mi attraversa, entra dentro di me, smuove il vestito bianco e i capelli all'indietro; mi abbandona e indietreggio d'un passo.

Giro su me stessa e il cuore sobbalza. «Elián!» grido andandogli incontro, ma anche se sto correndo e lui è fermo non riesco ad avvicinarmi. Mi guarda, immobile con le braccia lungo i fianchi e lo smoking blu notte della festa al campus.

Non siamo lontani, ci separano una cinquantina di passi, eppure la distanza non si accorcia. Corro e corro, i miei piedi sbattono sul bianco freddo dimostrandomi che mi sto muovendo, però non arrivo mai.

«Elián!»

Sono certa che mi sta fissando, tuttavia non sembra riuscire a vedermi. Mi fermo e guardo alle mie spalle: solo bianco. Osservo ancora Elián, ma lui si è voltato e passi lenti lo allontanano sempre più da me.

«No, Elián! Non te ne andare! Aspettami!» Corro, il cuore mi scoppia nel petto, gli occhi bruciano di tristezza, i piedi mi fanno male. «Ti prego, aspetta! Non lasciarmi sola! Non lasciarmi!»

Elián sparisce. Di lui non resta più niente. Come se non fosse mai esistito. Come se non fosse stato qui, vicino anche se lontano.

Mi fermo e mi guardo intorno. Questo è ciò che mi resta.

Il silenzio.

Il freddo.

Il vuoto.


Spalanco gli occhi e prendo un lungo respiro, come fossi stata in apnea per troppo tempo. Stringo i braccioli della poltrona e mi guardo attorno. Ancora bianco sulle pareti, sul soffitto e sul pavimento. Ma c'è dell'altro.

«Tutto bene?»

Sobbalzo e punto gli occhi sulla donna con il camice verde alla mia destra, di poco chinata verso di me. «Oh, ehm... s-sì. Credo di sì». L'odore acre di questo posto mi pizzica il naso e lo smuovo alla base come fa Elián ogni volta che qualcosa gli fa allergia. Sussulto ancora e scatto in piedi. «Si è svegliato?! Posso vederlo?»

Senza attendere risposta, m'incammino verso la sua stanza, la numero 7 di questo reparto. Un luogo silenzioso dove tutti dormono e dove tutti sperano in un risveglio che non sempre ripaga l'attesa. Afferro la maniglia argentata e schiudo la porta.

Lui è lì. Disteso sul letto accanto alla finestra. Mi avvicino, lenta, come se avessi paura di disturbarlo nonostante senta la disperazione corrodermi dall'interno alla vista dei suoi splendidi occhi chiusi.

Mi fermo e lo guardo. I capelli neri che non vuole tagliare sono abbandonati al centro del cuscino chiaro come una cornice che protegge la bellezza del suo viso, la fronte è rilassata, le ciglia scure adagiate sulle lievi occhiaie, le labbra carnose chiuse intenzionate a peggiorare la mancanza della sua voce. Respira lento, come se stesse facendo un sonno di cui aveva estremo bisogno, impreziosito da sogni tanto belli da convincerlo a non rinunciarvi.

Gli accarezzo il dorso della mano destra, la sinistra ha ancora il cerotto per la flebo dei liquidi. Con i polpastrelli salgo sul polso, sull'avambraccio, sulla piega del gomito, sulla manica della T-shirt grigia del pigiama e sulla spalla. Se fosse stato sveglio non mi avrebbe permesso di toccarlo così a lungo, mi avrebbe baciata ancor prima di arrivare al gomito e detto di stare ferma o sarebbe impazzito per i brividi che gli avevo scatenato. Ora il suo braccio è immobile, la pelle più fredda del solito e vuota dei sentimenti per me che la infiammano.

Chiamami per nome - Call me by name [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora