Capitolo 17 - Ricordi - II

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«... perciò, con la corrente saltata a causa del temporale e le sale parto buie, l'unica cosa che ci restava da fare era convincere i bambini a restare nella pancia» racconta Hanna, seduta sul divano accanto a Luca.

Gli ospiti ridacchiano. I miei nonni paterni, quelli materni miei e di Elián, i vicini e tutti gli altri si sono radunati nel soggiorno per ascoltare il racconto, a cui paiono molto interessati.

«E come avete fatto, allora?» chiede Milly, una delle poche qui dentro che non ha sentito questa storia un milione di volte.

«Beh, io perdevo liquido amniotico da ore e rischiavo un parto asciutto mentre il travaglio di Ivy era stato indotto per non farla stancare troppo, giusto?» rivolge la domanda a mia madre, che annuisce.

«Il generatore di emergenza dell'ospedale sembrava fuori uso e nessuna delle due poteva aspettare. A un certo punto, da uno squarcio nel cielo, è venuto fuori un raggio di sole puntato dritto nella finestra di una delle sale parto. Sembrava fatto apposta, vero?» Guarda papà, seduto sulla sedia al suo fianco.

«Qualcuno lassù voleva che i bambini nascessero e i medici, dopo averci chiesto il permesso, hanno usato una sola stanza per farle partorire insieme sfruttando quella luce provvidenziale» dice mio padre.

«Nelle ventiquattr'ore in cui abbiamo condiviso la sala pre-parto ci siamo fatti forza a vicenda», interviene Luca, «e credo che adesso sia chiaro perché i due festeggiati hanno il nome dedicato al sole».

Gli sguardi degli invitati si spostano su di noi. Stringo la mano di Elián e forzo un sorriso. Odio quando fanno così, raccontano questa storia a ogni compleanno. Questa parte della serata non mi è affatto mancata.

«Ma pensa un po'! Mi ero sempre chiesta il perché». Aki mi sorride, ma è una smorfia spenta, che smorza anche il mio finto entusiasmo. Alle sue spalle, non molto lontano, c'è Harper. Credo non si siano neanche salutati.

«Beh», mi drizzo in piedi dal divano, «vado a prendere qualcos'altro da mangiare in cucina». Ignorando le proteste di chi voleva porci delle domande, trascino Elián con me.

«Speravo che ci avrebbero risparmiato il racconto» brontolo entrando in cucina.

«Io l'ho apprezzato tantissimo».

Gli rivolgo un'occhiata di sufficienza. «Ma se l'avrai sentito un milione di volte». Lascio la sua mano per avvicinarmi al frigo.

«Per sei anni nessuno l'ha raccontato, quindi sono stato molto felice di sentirlo».

Lo guardo, sporgendo il capo oltre lo sportello aperto del frigo, e mi sorride. Già, è vero. Alla fine, non è stato male. È la nostra routine e sono felicissima che sia tornata.

Prendo i due piatti di tartine e mi volto verso l'isola. «Hai visto se Aki e Harper si sono parlati?»

Elián alza le spalle. «Credo non si siano neanche salutati».

Sospiro. «Non possiamo fare niente per loro?»

«Dovrebbero solo confrontarsi. Sono troppo testardi». Elián afferra uno dei piatti.

«Ma qual è il problema di Harper? Perché la tiene sulle spine?»

Elián inarca un sopracciglio. «Guarda che è Davis a tenerlo sulle spine».

Ci penso su un instante. «Lo fanno a vicenda».

«Già». Afferra l'altro piatto. «Li porto io. Penso sia ora di tirare fuori la crostata di frutta, non credi? Ho atteso abbastanza».

Scoppio a ridere. «E anche con tanta pazienza, devo dire. Mi hai chiesto di farlo solo una decina di volte».

«E tu fallo, no?»

Chiamami per nome - Call me by name [Completa]Onde histórias criam vida. Descubra agora