Halloweek 2021: Foresta proibita | Monet e Caesar Clown

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Questa fanfiction partecipa alla Halloweek 2021, indetta dal forum FairyPiece - Fanfiction&Images.

Day 2: Foresta proibita
Dedicato a: _Kalika_

C’erano delle regole che andavano rispettate, ad Hogwarts

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C’erano delle regole che andavano rispettate, ad Hogwarts. La prima costante e spesso ripetuta: Mai andare nella foresta proibita, salvo voler morire in modi atroci.

Monet ricordava bene quella regola, così come ricordava che era assolutamente vietato essere fuori dal castello la notte. Nonostante ciò era fuori dal dormitorio, avvolta nella sua sciarpa verde e argento e nel suo mantello più pesante.

«Ripetimi perché siamo qui.» disse, formando una nuvoletta di vapore alla luce della bacchetta.

«Hai presente il compito che ci ha dato Piton? Sono sicuro al novantanove percento che usando dei funghi presenti lì dentro la formula verrà ancora più letale. Voleva una pozione mortale, no?» rispose Caesar Clown.

«Ma noi abbiamo la formula giusta.»

«Funzionerà meglio. Vedrai.»

Monet avrebbe insistito oltre se fosse stato chiunque altro, ma Caesar era portato per pozioni. Aveva una dote fuori dal comune e generalmente, soprattutto con i veleni, lui ci azzeccava se voleva fare delle modifiche. Sapeva ciò che faceva.

«Okay, tu sei qui per questo. Perché invece hai voluto anche me qui?» chiese quindi.

«Per farmi da palo mentre cerco.»

Monet sospirò e annuì, poi lo seguì nella foresta proibita.

Camminarono per diversi minuti in silenzio, poi Monet chiese: «Perché non siamo venuti di giorno, scusa? Se avessi chiesto ad Hagrid, ti avrebbe dato lui un permesso scritto per entrare nel bosco.»

«Non credo mi avrebbe lasciato entrare alla ricerca di funghi velenosi.»

Non ne era sicura, Hagrid era una persona particolare. «Se lo dici tu… sai almeno dove cercare?»

«Naturalmente.»

Monet non era sicura neanche di quello.

Lo seguì fin nel fitto del bosco, dove Monet era certa non fossero più i benvenuti. Non nella zona dei centauri, sicuramente, così evitò di dire ad alta voce il suo pensiero.

«Sono qui in giro. Tu resta qua di guardia.» gli sussurrò ad un certo punto Caesar. Lei si fermò, appoggiandosi ad un albero, e rimase sull’attenti. Si aspettava che li trovassero e li uccidessero, e per quanto volesse vivere avrebbe capito benissimo i loro motivi.

L’ansia iniziò ad avvolgerla, ora che era sola. Era in realtà una brava strega, abile negli incantesimi (persino la McGranitt che era a capo della casa di Grifondoro lo riconosceva), ma aveva paura. Era buio, solo la luce della sua bacchetta faceva un minimo di luce lì dentro: per prudenza aveva reso la luce non più grande di una lucciola, ma non era propriamente del giusto colore.

Iniziò a sentire voci. Erano solo nella sua testa, riteneva, era impaurita e aveva senso.

«Mi sembra tu sia un po’ lontana da Hogwarts, umana.»

Quella foce invece era totalmente reale. Si girò di scatto, fissando un centauro. Non l’aveva sentito arrivare, nonostante avesse avuto ogni senso all’erta.

Era solo. Non sembrava nemmeno una minaccia, a dirla tutta. Decise di tenere la bacchetta in posizione, senza alzarla.

Rimasero a fissarsi, poi il centauro fece un lieve sorriso. «Non hai paura di me, direi.»

Non vedeva la bacchetta tremare, forse. «Mi dispiace… di essere entrati nel vostro territorio.»

«Non siete ancora nel nostro territorio. Siete sul confine. Se fossi dentro, il pezzetto di legno che tieni in mano sarebbe già spezzato in due.»

Monet deglutì. Sapeva anche di Caesar, quindi.

«Non siete i primi che venite qui. Per quale motivo siete venuti qua dentro?» chiese il centauro, incrociando le braccia.

Monet pensò di mentire spietatamente, ma la voce le morì in gola. L’avrebbero ammazzata, qualunque cosa avrebbe detto. Alla fine le uscì: «Sto facendo il palo.»

«Con quella luce così spenta, non sei un lampione passabile.»

Era una battuta, quella? Le uscì una risata nervosa. «No, sto solo… controllando.»

«Che nessuno veda il tuo amico gironzolare e cercare tra le foglie? Cosa sta cercando, di preciso?»

«Dei funghi. È certo di trovarli qui. Gli servono per un compito di pozioni.»

Il centauro la scrutò. «Beh, non stai facendo un gran lavoro come… palo.»

«Non ti ho sentito arrivare.»

«Non mi hai visto.» la corresse il centauro. «Ero qui dall’inizio.»

Monet si sentì una stupida. Era una maga scadente, allora.

Un fruscio di foglie la fece girare. Era Caesar, un sacco pieno in mano.

«Ho trovato tutto, possiamo tornare indietro.» disse piano, come per non farsi sentire. Monet lo fissò stranita: erano già stati beccati, dannazione, anche se ancora erano vivi, e si girò per indicargli il centauro alle sue spalle.

Era svanito. Non era più lì.

Monet si girò totalmente e aumentò la luce sulla punta della bacchetta, ma non vide tracce di zoccoli o altro.

Il centauro era scomparso.

«Che c’è, Monet?» chiese Caesar.

«C’era un centauro, qua.» rispose lei.

«Un centauro?»

Lei annuì, guardandosi intorno con ansia. Dov’era finito?

«Non lo vedo.»

«Neanche io. È… sparito.»

Per un momento non parlarono, poi Caesar disse: «Non ti ha ucciso e ora non c’è. Meglio approfittarne per tornare indietro.»

Monet annuì piano e si voltò, seguendo Caesar Clown fuori di lì. Continuò a girarsi, aspettandosi di vedere il centauro che li seguiva, ma di lui non era rimasta traccia.

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