Arrivammo alla stazione di Charleston mentre il sole stava per tramontare.
Lo Sconosciuto parcheggiò la moto, quindi ci dirigemmo verso la biglietteria.
Ero stupita, quasi sconvolta. Stavamo facendo davvero qualcosa di normale.
Il treno per Jamestown sarebbe partito entro una mezz'ora abbondante, così ci sedemmo su una delle tante panchine di fronte ai binari.
Lo guardai, e poi mi venne da sorridere.
Lo Sconosciuto mi guardò a sua volta, con aria interrogativa.
<<Quindi tu prendi il treno>> gli dissi, continuando a sorridere.
<<Perché? Certo che prendo il treno.>>
Esitai qualche istante, feci finta di disinteressarmi a lui.
<<Beh, sai, dopo quella corsa nel bosco con te... Pensavo che avessi qualche tipo di potere. Non mi sarei mai aspettata un semplice treno.>>
Mi guardò, sorrise, poi volse gli occhi altrove.
<<Trovo che sia bello comportarsi in modo normale. Se sei in grado di fare qualcosa di speciale, non significa che tu lo debba fare per forza.>>
<<Va bene, va bene, mi arrendo>> gli dissi <<era un modo per portarti a parlare un po' di te>> gli sussurrai all'orecchio avvicinandomi di più a lui.
Lo Sconosciuto prese le mie mani, incrociò le sue dita con le mie, mi baciò.
<<Ciò che ti serve sapere è qui, Rose. In questo momento.>>
Lo guardai. Era così bello. Così perfetto. Alle sue spalle vidi in lontananza il nostro treno che stava arrivando, lo sentii fischiare.
<<E se domani volessi qualcosa in più?>> gli chiesi, sottovoce e abbassando lo sguardo.
Lui mi guardò negli occhi, si avvicinò ancora a me. Sapeva che non ero in grado di resistergli in nessun modo, e ne approfittava. Era qualcosa di terribile, ma non avrei più potuto farne a meno.
<<Non è ancora arrivato il momento di pensare a quell'eventualità, Rose.>>
Istintivamente abbassai gli occhi, mi morsicai un labbro.
Sapevo che mi avrebbe dato una risposta di quel tipo, e nonostante non volesse dire nulla, mi andava bene così.
Era una sensazione strana, ma era come se d'un tratto per me non fosse più davvero importante sapere chi fosse lo Sconosciuto o che cosa avesse di diverso da me.
Era perfetto esattamente così. In realtà, forse, non avevo bisogno di niente di più.
Il treno si era fermato di fronte a noi.
Lo Sconosciuto mi lasciò salire per prima, poi mi seguì.
Percorremmo vari compartimenti cercando due posti liberi vicini.
Quando li trovammo, il treno era appena ripartito.
Mi sedetti accanto al finestrino e lui di fianco a me.
Ero emozionata, perché non ero mai andata da nessuna parte con nessuno al di fuori di Mitch e Cecile.
Saremmo arrivati a Jamestown dopo mezzanotte, e l'idea di viaggiare con il buio non mi dispiaceva. Mi sentivo tranquilla vicino a lui; sentivo, dentro di me, che qualunque cosa avessimo deciso di fare sarebbe andata bene.
Non c'era nulla di più bello del provare qualcosa di simile.
Guardai gli alberi che correvano veloci accanto a me, fuori dal finestrino.
Lo Sconosciuto mi si avvicinò e, senza dire nulla, posò un braccio intorno alle mie spalle.
Sentirlo così vicino a me, sul mio corpo, sulla mia pelle era qualcosa di difficile da descrivere.
<<Credi che il detective Dunn ci darà qualche informazione utile sulla morte di mia madre?>> gli domandai, continuando a guardare fuori dal finestrino, mentre il treno sembrava aver preso velocità.
<<Penso di sì, Rose. Qualcosa dovrà pur sapere. È stato lui a seguire il caso nel 1998.>>
Si interruppe, ed io mi voltai verso di lui.
<<Che cosa c'è?>> gli chiesi.
<<Niente. Solo che.. Sei sicura di ciò che vuoi fare? Voglio dire.. Pensi che scoprire davvero la verità sulla morte di tua madre ti farà stare meglio?>>
Esitai, volsi nuovamente lo sguardo altrove.
<<Non lo so. Ma è qualcosa che ho bisogno di conoscere. Perché lei era mia madre. E perché ho appena scoperto di essere cresciuta per diciotto anni in una menzogna.>>
<<Questo lo capisco, e mi dispiace, davvero. Ma non credi che scoprire dei dettagli su quell'omicidio rischierà di sconvolgerti? Dopotutto sono trascorsi così tanti anni.>>
<<A questo punto è un rischio che sono disposta a correre.>>
Lo guardai, poi pensai a tutto il vuoto che mi portavo dentro. A quella sensazione ignota che riguardava il mio passato, le mie radici. A tutte le domande che senza tregua so continuavano ad affacciare nella mia testa.
<<Se non volessi capire cosa è successo davvero, sono sicura che prima o poi il dubbio prenderà il sopravvento. So che dovrei cercare di essere forte, soprattutto adesso, ma questo è il mio modo di provare ad esserlo.>>
Lo Sconosciuto mi guardò e rimase in silenzio. Senza aggiungere nulla mi prese una mano nella sua e la strinse.
Riuscii a sentire il suo calore entrare in me, avvolgendomi, rendendomi improvvisamente più tranquilla.
Guardai ancora fuori dal finestrino, mentre il cielo, minuto dopo minuto, diventava sempre più scuro.
Appoggiai la testa alla spalla dello Sconosciuto e, istintivamente, chiusi gli occhi.
Potevo sentire il suo respiro, mischiato a quello del treno che sfrecciava veloce sui binari sotto di noi.
Ero tranquilla. Il resto non contava, in quel momento. Era un attimo che potevo vivere a fondo, con lui accanto e niente di più.
Sapere che accettava le mie scelte per quelle che erano, senza cercare di modificarle o di condizionarle in qualche modo, ma decidendo semplicemente di restare con me, era più di quanto avrei mai osato desiderare.
Era quello l'amore di cui tutti parlavano?
Non lo potevo sapere, ma qualunque cosa fosse, per me era sole. Era mare, era pioggia. Era la primavera che scivola su un giardino, riempiendolo di fiori e colori. Era la canzone che dopo un solo ascolto rimane per sempre in testa. Era mani che tremavano, respiro affannato, voglia di baciarlo, di essere baciata.
Era un momento che sarebbe fuggito via in fretta ma che, già lo sapevo, da dentro di me non sarebbe mai più scomparso.
Cinsi la sua vita con un braccio, senza riaprire gli occhi, e poi, d'un tratto, mi addormentai.
Il lago aveva qualcosa di insolito quella sera. Ovunque intorno a me c'era silenzio, nulla sembrava muoversi. Ma l'acqua non era come ero abituata a vederla.
Sembrava muoversi, anche se lentamente. Come se stesse ribollendo.
Facevo qualche passo in direzione della sponda più vicina, poi mi fermavo.
Mi guardavo intorno, e continuavo a non vedere nessuno.
Ero da sola.
Poi, un fischio forte invadeva la mia testa, stordendomi.
Ma continuavo ad essere vigile, potevo percepire i miei sensi all'erta.
D'improvviso, dal lago una luce violenta incominciava a sollevarsi, invadendo i miei occhi.
Sentivo la paura dentro di me crescere, viscerale, indescrivibile.
Ma non era legata a quel fascio di luce.
Era dovuta a ciò che, in quel fascio, dal lago sembrava salire in alto, in cielo.
Una figura umana.
Una figura che conoscevo.
Mi avvicinavo ancora, guardavo con tutta l'attenzione che ancora poteva vincere la paura che mi sconvolgeva, e alla fine riuscivo a vederlo.
Desmond.
Veniva sollevato da quella forza sotto di lui. Saliva, fino ad arrivare a un certo punto sopra la superficie del lago.
I suoi occhi, disperati, adesso guardavano me.
Mi fissavano.
Volevo aiutarlo ma non sapevo cosa fare. Non sapevo come muovermi, come avvicinarmi. Ero paralizzata.
Alla fine, Desmond stava per cadere. Sapevo che, in ogni caso, lo schianto lo avrebbe ucciso. Lo sapevo, ma era come se fossi rinchiusa in una gabbia.
La caduta stava incominciando. Il volo verso il basso era qualcosa che non potevo impedire.
Non volevo perdere anche Desmond, ma lui continuava a cadere, sempre più veloce.
Più veloce, più veloce.
Più veloce.
Il suono del cellulare mi colse impreparata.
Sudata, con gli occhi che riaprii all'improvviso ed erano pieni di lacrime.
Lo Sconosciuto, seduto accanto a me, mi stringeva.
<<Rose>> disse, cercando di tranquillizzarmi <<stavi sognando, Rose. Va tutto bene. Il tuo telefono...>>
Lo guardai, poi tirai fuori dalla borsetta il telefono, ancora tremante per quel sogno che mi era rimasto così impresso.
Come se fosse vero.
Guardai il display del cellulare che stava ancora continuando a suonare e, in un attimo, rabbrividii.
C'era scritto "Desmond".