Ci misi un po' a riprendermi da quel pianto.
Ci misi un po' a ritrovare le forze necessarie per riordinare i pensieri.
Ma quando lo feci, esplosi.
Come se tutto ciò che era capitato a Saint Claire, tutta la tensione che avevo accumulato e tutta la rabbia che d'improvviso era cresciuta in me in seguito a quella nuova scoperta si fossero liberate insieme in quel momento.
Davanti a mio padre.
Contro mio padre.
O meglio, contro il mio padre adottivo.
<<Non doveva andare così>> gridai, non appena riuscii a mettere insieme delle parole.
Mitch si avvicinò a me, guardandomi negli occhi.
Non poteva essere certo di sapere di che cosa stessi parlando, eppure io ero sicura che avesse già capito.
<<Rose..>>
Lo guardai dritto negli occhi. Avrei voluto scagliarmi contro di lui. Implodere, poi esplodere. Perché mi sentivo ferita, tradita.
Tutte le certezze della mia vita, le uniche che avessi mai avuto, erano legate a lui e a Cecile.
Adesso non mi restava più nulla. Se tutto ciò che avevo vissuto fino a quel giorno era stato una menzogna, allora chi ero io realmente?
<<Perché non me l'avete mai detto? Perché, in tutti questi anni?>>
Lui esitò, poi fece un passo verso di me.
<<Siediti, Rose. Ti spiegherò tutto.>>
Respirai profondamente, mi guardai intorno, poi guardai ancora lui.
Mi sedetti, e Mitch fece lo stesso.
<<Voglio sapere tutto, papà. Dal principio.>>
Lui esitò ancora qualche istante, non rispose. Socchiuse le labbra, come se fosse sul punto di dire qualcosa.
Il suo sguardo adesso sembrava lontano, distante.
<<Era il 1998. Luglio. Diciotto anni fa. Un'estate calda, caldissima.
Io e tua madre Cecile eravamo sposati da due anni, ed io avevo incominciato a lavorare come avvocato a Charleston qualche anno prima.
Stavamo bene, eravamo innamorati, nel modo in cui tutte le coppie possono esserlo durante i primi tempi.
Il lavoro andava bene, tutto era perfetto. Ma non potevamo avere figli. Ci avevamo provato, prima di scoprire che avremmo dovuto accettare quella verità. A dire il vero, dopo un po' di tempo, avevamo imparato a convivere con quell'idea.
Poi, durante quell'estate, accadde qualcosa di inaspettato.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Ero seduto nel mio studio, stavo consultando dei fascicoli, quando sentii bussare alla porta.
Pochi istanti dopo, davanti a me, c'era un ragazzo che non avevo mai visto prima.
Pensai che fosse un cliente in cerca d'aiuto, e in un certo senso era davvero così. >>
Lo guardai mentre parlava. I suoi occhi erano ancora lontani, come se fossero tornati davvero nel 1998.
Non lo interruppi e lui continuò a raccontare.
<<Quel ragazzo non fece giri di parole, ed andò dritto al punto. Mi aveva fatto capire che sapeva molto di me e di Cecile, come se ci conoscesse da sempre. Eppure non l'avevo mai visto prima.
Senza girarci attorno, mi chiese di adottare sua figlia.
Io gli risposi che era pazzo, e poi gli indicai la porta.
Ma lui non si mosse.
Mi guardò negli occhi come nessuno mai aveva fatto prima di quel momento.
Uno sguardo limpido, pulito. Rassicurante. E forte.
Intenso.
Tirò fuori dalla giacca la copia del Post che immagino tu abbia trovato nella mia scrivania e me la fece scivolare sotto gli occhi.
La pagina che aveva aperto era quella che parlava dell'omicidio di Melissa Clarkson, la tua madre biologica.
Era stata uccisa il giorno prima e avevo sentito la notizia per radio.
Così incominciai a leggere l'articolo, anche se non avrei voluto. Era qualcosa che non mi riguardava, e quell'estraneo mi aveva appena chiesto di adottare sua figlia.
Mi sembrava una situazione assurda.
Ma poi, dopo che ebbi terminato la lettura, mi raccontò della bambina che era stato costretto a lasciare in quella stanza di albergo.
Ed io, all'improvviso, considerai seriamente le sue parole.>>
Guardai Mitch, socchiusi le labbra. Sentii un'onda improvvisa di freddo invadere il mio corpo.
Lui aveva conosciuto mio padre.
Il mio vero padre.
<<Che cosa ti disse poi? Perché mi aveva lasciata in quella camera d'albergo?>>
<<Per proteggerti, Rose.>>
Provai una fitta alla stomaco.
Una sensazione che veniva da dentro, e che non ero in grado di gestire.
<<Proteggermi da cosa?>>
Mitch scosse la testa, si guardò le mani, poi guardò nei miei occhi.
<<Non lo so. Non me lo disse. Glielo chiesi, e lo feci più di una volta. Ma disse che non era necessario che io lo sapessi. Disse che non mi sarebbe servito.>>
Si fermò per qualche istante, e potevo sentire il suo respiro.
Aveva assunto un'espressione così seria, così intensa. C'era una luce che nei suoi occhi non avevo ancora mai visto prima di quel momento.
<<Stava scappando da qualcuno, Rose. Probabilmente dalla stessa persona che aveva ucciso tua madre. O dalle stesse persone.
Ti aveva portata nella stanza di quell'albergo, poi aveva chiamato la Polizia ed era rimasto nei paraggi fino a che non fosse stato certo che gli agenti ti avessero trovata. Ma non avrebbe potuto fermarsi o tenerti con sé.
Mi disse che sarebbe stato troppo rischioso per te. Ma credimi, tesoro: non vidi mai più nessuno con la stessa disperazione negli occhi che aveva lui quando mi chiese ciò che mi chiese. Mai più.>>
Guardai Mitch, mentre i pensieri si accavallavano nella mia testa. Erano inarrestabili, ingestibili.
<<Perché venne proprio da te?>> gli chiesi, cercando ti tenere a freno la rabbia che sentivo crescere sempre più forte dentro di me.
<<Glielo domandai anche io, Rose. Mi disse che venne da me perché sapeva che tipo di persona io fossi. Mi parlò come se mi conoscesse da sempre, anche se io non l'avevo mai visto prima di quel giorno.>>
<<E poi? Che cosa fece?>>
Mitch scosse la testa, accennò un sorriso.
<<Mi guardò a lungo negli occhi, e poi mi disse che era certo che avrei preso la decisione giusta.>>
<<E tu?>>
<<Non risposi nulla. Ero ancora troppo scosso da quanto stava succedendo.>>
<<Ti disse qualcosa sull'omicidio della mia madre biologica?>>
Mio padre scosse la testa. La sua espressione era seria. E malinconica, in qualche modo.
<<No, non mi disse nulla. Mi spiegò che non sarebbe potuto rimanere a Mainwood o a Charleston, e mi fece capire che sarebbe partito immediatamente. Era come se stesse scappando da qualcosa di terrible. E io ho sempre pensato che ciò da cui fuggiva avesse a che fare con la morte di tua madre. Ma non sono mai riuscito a scoprire nulla al riguardo, purtroppo.>>
Annuii, guardai Mitch.
Non sapevo come avrei fatto a metabolizzare tutte quelle scoperte. In realtà, non sapevo se vi sarei mai riuscita.
<<L'hai più rivisto, in seguito?>>
<<Sì, una sola volta. Qualche anno dopo. Tre, forse quattro. E solo per poco tempo. Ero in casa con tua madre, tu stavi dormendo. Lui era fuori. Mi chiamò al telefono ed io uscii. Anche in quell'occasione non sembrava tranquillo, continuava a guardarsi le spalle. Ma voleva sapere come stavi, Rose. Voleva vederti. Così lo feci entrare in casa. Salutò Cecile, poi lo accompagnai in camera tua. Rimase qualche istante immobile davanti al tuo letto, poi ti accarezzò una guancia e ti diede un bacio sulla fronte. E subito dopo se ne andò.
Prima di farlo, sulla porta di casa, mi guardò dritto negli occhi, ed io ricambiai quello sguardo.
Lui era in debito con me, ma anch'io ero in debito con lui. Perché dandomi la possibilità di stare con te, mi aveva fatto il regalo più bello che potessi mai sperare di ricevere.
Ci stringemmo la mano, poi se ne andò.
Si chiamava Nate, e questo è tutto ciò che so di lui.>>
<<E quella fu l'ultima volta che lo vedesti?>> gli chiesi, mentre sentivo che di nuovo in gola si era stretto un nodo.
<<Sì, quella fu l'ultima volta. Poi non lo rividi più.>>
Guardai mio padre negli occhi, e vidi che erano diventati lucidi.
Avrei voluto scappare da lì e abbracciarlo al tempo stesso.
Avrei voluto chiedergli perché non me ne avesse parlato prima, ma non vi riuscii.
C'erano troppe emozioni, troppe sensazioni contrapposte dentro di me in quel momento.
Avrei voluto parlare con qualcuno di esterno alla mia famiglia, qualcuno con cui potermi sfogare davvero senza dover pensare a parole dolorose o sensi di colpa.
Per qualche ragione, avrei davvero voluto che lo Sconosciuto fosse lì con me.
Mi strofinai gli occhi, guardai a lungo Mitch, pensai a qualcosa da dire.
Poi, all'improvviso, il campanello di casa suonò.