Atto III - Capitolo 40 - Lande Distorte

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Atto III – Il Destino dell'Universo

Capitolo 40 – Lande Distorte

La domenica mattina era uno di quei pochi piaceri rilassanti che attenuavano la stressante vita di Dimitri Tolarov. Ogni settimana, dopo un lungo sabato notte dominato da gente tossica e ubriaca da tenere a bada all'interno di quello squallido night per cui lavorava, non attendeva altro che il giorno seguente, quel sospiro di pace che veniva dopo il turno di lavoro più estenuante, l'aria libera di una mattina già avanzata, una colazione arrangiata e una sigaretta goduta mentre osservava il panorama di Jaroslavl da casa sua. Aveva avuto un pessimo incubo, un'altrettanto orrenda nottataccia e non vedeva l'ora di svegliarsi per godere di quel desiderio.

Credette di sorridere, pregustando quelle sensazioni così appaganti. Sentiva un calore fluire lungo il suo corpo, come se lo stesse proteggendo da qualsiasi intemperia.

Poi aprì gli occhi e si ritrovò sdraiato a pancia in giù, con la faccia spalmata su un terreno duro, coperto da un soffice strato di cristalli gelati, riconducibili a della comunissima neve.

In un lampo, come se fosse stato brutalmente tamponato da un'altra automobile, tutti i ricordi degli ultimi giorni balzarono nella mente del russo, a partire dal blitz armato al night, la fuga per non venire ucciso, il risveglio in un posto sconosciuto...

...Le urla...

...Le luci che sfarfallavano...

...Una voce sconosciuta che rimbombava in testa. E quell'uomo che, come se fosse stato posseduto, aveva provato ad ucciderlo attraverso delle mosse impossibili da credere.

E Dimitri aveva fatto altrettanto, seguendo quella voce, stroncando quella possessione e ponendo fine alle sofferenze di quell'uomo.

«Ivan... Amorev» sussurrò Dimitri, ricordandosene il nome.

Infine, venne attratto da quella luce. Poi, il nulla.

L'uomo guardò per un attimo il terreno, notando che diversi fiocchi di neve si stavano alzando da terra, volando in cielo, come se si fosse invertito il loro moto dovuto alla forza di gravità.

Si alzò lentamente in piedi, scostandosi i lunghi capelli neri all'indietro, pulendosi la folta barba e osservando per un attimo di troppo le proprie braccia, costellate da un mare di simboli a L color azzurro acceso.

«Nessun incubo, allora» mormorò.

Magari lo fosse, sussurrò quella voce, l'entità di Cyaner.

L'uomo si guardò intorno, trovandosi così circondato da uno scenario alquanto esotico e, allo stesso tempo, stupefacente. Era in fondo ad una vallata dominata da un'imponente catena montuosa, anch'essa totalmente coperta di neve. Il cielo era completamente buio, caratterizzato dalla scia luminosa della Via Lattea e dalla miriade di stelle che la circondavano, dunque un panorama completamente privo di alcun inquinamento, che fosse atmosferico o luminoso.

«Sicuramente non di questo mondo, per l'inquinamento che abbiamo» ghignò il russo. «Tu sai forse dove siamo andati a finire?»

Ne so meno di te, figurati, sussurrò l'entità.

«Credevo foste più acculturati voi alieni» sospirò Dimitri, mentre procedeva a passo lento in avanti, dando le spalle a quella catena montuosa.

Beh, in realtà lo siamo. Ma non saprei dirti con certezza di cosa possa trattarsi tutto questo che ci circonda, ma potrebbe venirmi qualche idea, borbottò allora l'alieno, con una punta d'egocentrismo.

«Che venga in fretta allora, perché solamente vedere questa neve che cade verso l'alto mi preoccupa» sbuffò il Bastardo di Jaroslavl.

Proseguì per una decina di metri, fino a trovarsi un'ammasso di roccia congelato. La neve e il muschio sopra di esso si stavano disgregando, ascendendo lentamente verso il cielo, come se la gravità fosse debole ed invertita. Dimitri si fermò, un po' per osservare quello spettacolo, un po' per curiosità, un po' perché non sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare.

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