Atto I - Capitolo 5 - Mia Tanling

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Atto I – Il Grande Schema

Capitolo 5 – Mia Tanling

Tokyo, Giappone, Terra.

Se c'era una cosa che si rifletteva in quella camera dalle pareti viola, contorniate da una miriade di punti rappresentanti le stelle, era l'ordine e la pulizia con cui veniva tenuta.

La luce del mattino entrava prorompente dalla finestra, oltrepassando una tenda fine di cotone e andando ad illuminare la zona della stanza in cui vi era una scrivania con accanto un grosso comodino. Quest'ultimo era adornato con un centrino pregiato di seta, su cui poggiavano due piccole statue di vetro, una rappresentante un cigno, una invece era un pianoforte.

Accanto a quelle decorazioni, vi erano numerose fotografie rappresentanti due adulti e due bambini, un maschio e una femmina, tutti con i capelli neri e gli occhi a mandorla.

Quella bambina era la stessa ragazza che, in quel momento, stava rovistando compulsivamente la sua scrivania. Il suo nome era Mia Tanling.

Figlia di Nori Tanling, un poliziotto di origini statunitensi e di un'infermiera, Hiroko Tanaka, a Mia non era mai mancato nulla nella vita, i genitori le avevano sempre dato tutto ma senza viziarla. Ogni passo che compieva o premio che riceveva era qualcosa di meritato, di guadagnato.

Mia era una ragazza mentalmente quadrata, riusciva sempre ad organizzare efficacemente la propria giornata e, nel complesso, l'intera settimana. Ogni mattina, ad eccezione della domenica, frequentava l'istituto superiore metropolitano Asuka, mentre il pomeriggio, a seconda del giorno, frequentava la palestra del quartiere in cui abitava, oppure sosteneva lezioni di pianoforte, di cui era appassionata sin da tenera età.

L'unica cosa che la destabilizzava era l'imprevisto: quando qualcosa non andava nel verso giusto o un tassello finiva fuori posto e non vi era un rimedio efficace ed immediato, la ragazza andava nel panico più totale, sfogando quell'isteria che non aveva soppresso in palestra sollevando pesi o eseguendo qualche altro tipo d'esercizio, la stessa agitazione che stava colpendo quella ragazza dai capelli a caschetto in quegli istanti, mettendo la camera completamente a soqquadro.

Poi, qualcuno bussò alla porta scorrevole con un paio di rintocchi e Mia si bloccò, girandosi verso di essa.

«Sì?» fece, con un tono di voce delicato.

Dalla soglia fece capolino il volto di una donna sulla quarantina, la stessa rappresentata in una di quelle fotografie sul comò. Portava dei lunghi capelli corvini annodati in una cipolla, con dei ciuffi che si ribellavano e andavano a poggiarsi sulla fronte e dietro le orecchie.

«Sei pronta? Guarda che è ora-» replicò la madre della ragazza, bloccandosi alla vista di quel disordine «Ma che diavolo è passato qui, un tifone? Mia! Non è da te!»

La ragazza si mosse e si rifiondò alla ricerca di quell'oggetto tanto desiderato, rispondendo distrattamente alla donna «Lo so, lo so. Ma devo trovare quella dannata pennetta USB, avevo salvato lì la mia ricerca.»

«E non ne hai una copia nel portatile? Porta quello a scuola, no?» chiese allora la madre, offrendo una soluzione.

«Magari, ma l'ho fatta di corsa ieri pomeriggio con il pc della biblioteca, pensando che di sera non avrei fatto in tempo, dannazione» imprecò Mia, tirandosi i capelli e sospirando disperata.

Arresasi al fatto che non l'avrebbe mai trovata, si sedette sul futon ancora disfatto, grattandosi le tempie.

Sua madre fece scorrere la porta ed entrò nella camera, scuotendo la testa.

«A sedici anni devo trovarti ancora io la roba, eh, Mia?» sfiatò infine, ma senza rimprovero. La donna passò davanti la figlia e diede un'occhiata veloce alla scrivania.

Sorcerers Against - EndlessWhere stories live. Discover now