Atto II - Capitolo 27 - Passato, Presente, Futuro

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Ricordava tutto come se fosse avvenuto ieri. Anzi, per un momento, soltanto per un attimo, Alessandro credette che tutto quello fosse accaduto fino a qualche secondo fa.

Si guardava allo specchio, autocompiacendosi in quella vita così tranquilla e socialmente agevolata dal suo bell'aspetto, ancora ignara di tutto ciò che apparteneva all'oblio dello spazio, oltre coltri di nuvole, al di là dell'atmosfera terrestre.

Alessandro completò di abbottonarsi la camicia nera, si sistemò la cravatta color rosso scarlatto e si mise l'elegante giacca dello stesso color senape dei pantaloni. Si passò un'altra volta la mano sulla chioma biondo ramato tirata all'indietro.

Un gruppo di amici lo venne a prendere, raggiungendo così la destinazione di quella serata, il diciottesimo di un amico con il quale condividevano le ore pomeridiane in palestra.

Il luogo scelto per la festa era un agriturismo situato poco fuori dal paese, un enorme casale tenuto nel migliore dei modi, circondato da un esteso prato inglese sulla facciata e una distesa di ettari impiegati in vigne e locali funzionanti per l'attività dell'azienda. L'interno del posto era molto rustico ma ornato con ogni genere di arte che potesse rispettare i colori e il tema molto artigianale del posto, a partire da grandi arcate sia nel portico, a quelle interne che separavano le sale, oppure alla muratura in terracotta di gran parte dei muri.

L'aperitivo scorrette velocemente, passando da un goccio di prosecco all'assaggio di qualche stuzzichino, intervallati dal continuo scambio di parole fra i presenti. Poco più tardi, si sarebbe avviato il vero e proprio banchetto, servito direttamente dai camerieri.

Quando Alessandro prese posto lungo quella fastosa tavolata e accomodò la propria giacca sulla propria sedia, si accorse di essersi seduto accanto ad una ragazza dai capelli castani tenuti legati ad un lato e un elegante vestito rosso di pizzo.

Sorrise per un attimo, quanto bastava perché nessuno si accorgesse di quello che stesse provando, un misto fra adrenalina ed imbarazzo. Aveva immediatamente riconosciuto quella ragazza, in fondo, la conosceva di vista e le aveva già scambiato qualche parola in una delle tante mattine in cui andava a scuola in pullman.

Arrivato l'antipasto, Al si rese conto della freneticità del proprio animo. Una moltitudine di pensieri gli frigolavano in testa, alimentati un po' dal prosecco, un po' da qualcosa di più profondo, una sensazione.

Passò la prima portata a pensare la mossa che avrebbe dovuto compiere, a scegliere se resistere ad una tentazione oppure buttarsi da quel profondo precipizio. Nel mentre, però, gli occhi lo stavano tradendo, poiché stavano puntando sempre più instancabilmente verso la persona al suo fianco, allo stesso modo del comportamento dell'ago di una bussola nei confronti del polo nord magnetico del pianeta.

Infine, al dessert, una soave voce femminile lo richiamò all'attenzione.

«Alessandro, giusto? Puoi passarmi quella bottiglia d'acqua, per favore?»

Il ragazzo sussultò, rendendosi stupidamente conto, in confronto a quella tormenta di idee e piani che vorticava dentro di lui, che approcciarsi con la persona accanto non avrebbe potuto essere più semplice di così.

Arrossì nelle guance, per poi passare la bottiglia d'acqua a Ilaria, senza riuscirne ad incrociare lo sguardo.

Lei si versò l'acqua, sbuffando velatamente un sorriso.

«Beh, da quell'ultima volta sul pullman e da quanto so, credevo fossi una persona decisamente più loquace» continuò, quasi sospirando.

«Come?» rimase sorpreso lui, quasi come se fosse stato toccato dall'interno del suo corpo.

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