Atto I - Capitolo 6 - Quiete Prima della Tempesta

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Jaroslavl', 272 km da Mosca, Russia, Terra.

La vita non si era mai rivelata benevola da consentire ad ogni essere umano un futuro luminoso. A volte, quel futuro lo si doveva creare, o quanto meno se ne aveva il diritto e il dovere di provarci. Spesso poi, chi osava insistere, otteneva ciò che voleva.

Tuttavia, tra il dire e il fare vi era un abisso. In mezzo a quella teoria e alla realtà, ad esempio, vi era chi continuava a scalare verso l'alto, verso la sopravvivenza, arrangiandosi e approvvigionandosi con i mezzi a propria disposizione per potersi sustentare e andare avanti, ma era la volontà il fattore che determinava e metteva in moto il tutto. La forza di volontà era quella in cui si doveva credere ciecamente, nonostante tutto.

Quella era la frase che Dimitri Tolarov si ripeteva sempre, ritrovando in essa e nelle proprie soddisfazioni la grinta di andare avanti.

La vita di Dimitri, un ragazzo russo di trent'anni, alto, dalla corporatura massiccia, capelli neri e lunghi, occhi verdi e volto segnato da una barba folta ma curata, nato e cresciuto a Jaroslavl', una città situata a quasi trecento kilometri dalla capitale, figlio di una ragazza madre e di un padre mai conosciuto, era stata sempre costellata da una miriade di ostacoli. A dodici anni subì il trauma più grande della sua vita fino a quel momento: tornando da scuola, trovò sua madre distesa sul divano, con la bava alla bocca, sangue che colava dal naso e pupille girate. Provò a chiamare i soccorsi, ma il cuore smise di battere nel trasporto in ospedale. Sua madre era morta di overdose.

Ormai solo al mondo, dovette arrangiarsi, abbandonando la scuola e lavorando come aiutante con un calzolaio di periferia, ricevendo vitto e alloggio dallo stesso datore di lavoro e una misera mancia settimanale che Dimitri conservava con cura, facendo attenzione a non sperperarla.

Sei anni più tardi, raggiunta la maggiore età, quel gruzzolo, divenuto modesto, era la chiave per poter spiccare il volo da quel nido di fortuna che lo aveva accudito per così tanto e che voleva abbandonare per non esserne più un peso.

Il ragazzo affittò una stanza e iniziò a lavorare per una panetteria, anch'essa nei quartieri bassi della città, caricando e scaricando la merce e, qualora ve ne fosse stato il bisogno, avrebbe dato una mano anche al forno, durante la notte.

La gavetta non durò a molto e, dimostrate le proprie capacità, il ragazzo vide le proprie rendite crescere, ma non abbastanza da consentirgli di mantenere una casa e accumulare risparmi.

Così giunse alla conclusione che avrebbe dovuto necessariamente arrotondare a qualsiasi costo. Consumò parte del gruzzolo in corsi di autodifesa, tesserandosi poi come buttafuori. Iniziò a lavorare per bar scadenti e osterie da quattro soldi, accrescendo conoscenze e la propria immagine, divenuta popolare in periferia per essere il buttafuori capace di risolvere ogni tipo di diverbio, per quanto acceso che fosse o per quanto fossero matti i litiganti, ponendo fine a quelle discussioni per mezzo del dialogo o, come accadeva il più delle volte, picchiando brutalmente i trasgressori.

L'evento che lo consacrò con il nome de "Il Bastardo", fu quando, alla prima notte di lavoro nell'ultimo night in cui era stato ingaggiato, si ritrovò a dover porre fine ad un litigio fra due gang rivali che stava mettendo in subbuglio la pista.

I buttafuori placarono gli individui in stato alterato e li condussero fuori dallo stabile. Tuttavia, quando uno di essi, un uomo dalle apparenze trasandate sulla cinquantina, gli sputò in faccia, chiamandolo "il bastardo figlio di quella tossica puttana", Dimitri provò ad aggredirlo, venendo però bloccato dai suoi colleghi. Tuttavia, quando un altro membro della gang chiamò il suo compare "Tolarov", tutti, non solo Dimitri, compresero chi fosse quell'uomo che aveva insultato il buttafuori.

Sorcerers Against - EndlessWhere stories live. Discover now