Atto I - Capitolo 14 - Viaggi Verso le Risposte

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Gli otto neo Saggi si divisero le aree da esplorare, inoltrandosi fra quelle carcasse fumanti che, in un tempo non troppo remoto, erano parte di quel complesso argonidiano, la base che fungeva da collegamento fra le due galassie. Kstumtraw rimase immobile, in piedi, con lo sguardo perso in quel mare di distruzione, rivivendo con angoscia un incubo lontano anni luce, una sorta di deja vu che gli congelò la mente dal concentrarsi per formulare dei pensieri limpidi e razionali. In quel momento, gli sembrava di rivivere la disastrosa ricognizione su quella luna phanialana: Birim-Ri.

Chiuse gli occhi per un attimo ed inviò un altro impulso elettromagnetico, allertando i ragazzi di prestare attenzione e la massima cautela, perché, data la situazione, il pericolo avrebbe potuto benissimo essere dietro l'angolo e Kit non avrebbe voluto assolutamente che accadesse nuovamente una tragedia simile. Probabilmente, il suo animo non l'avrebbe retto.

Passarono dieci nuhidal di estenuanti ricerche, esplorando fra decine di cadaveri consumati dal gelo del satellite gioviano e mucchi di rottami, da resti di pareti agli strumenti da laboratorio, ma nessuno sembrò trovare nulla di concreto, nemmeno attraverso quell'interfaccia tecnologicamente avanzata di cui l'Ordine disponeva.

Poi, uno degli Otto richiamò gli altri.

«Ragazzi, forse ho trovato qualcosa» disse Alfa, l'argonidiana dai capelli rossi ed occhi verdi, comunicando con il sistema radio incorporato all'interno di quelle tute grigie.

Gli altri compagni, seguiti dal loro sovrano, raggiunsero immediatamente la ragazza, trovando uno stanzone completamente sottosopra, distrutto alle pareti e sudicio di quello che sembrava essere sangue argonidiano. Un'opera macabra e riluttante.

A terra vi erano i resti di un soldato dal corpo dilaniato, dal volto completamente tumefatto e privato di un braccio, mentre con l'altro nascondeva qualcosa, proteggendolo con il resto del corpo.

Kstumtraw si fece spazio e passò davanti ai ragazzi, inchinandosi a quell'ennesima scena del crimine. Spostò lentamente il cadavere con la sola forza della propria energia intrinseca e, lentamente, raccolse quell'oggetto scuro e metallico che stava nascondendo, se non difendendo, dalla vista di qualcuno.

«Il backup» sibilò lentamente il sovrano.

I nove tornarono al proprio jet e, mentre Kit e Gamma tentavano di collegare l'oggetto rinvenuto al monitor del mezzo, gli altri si accasciarono sulle proprie postazioni, sospirando e allentando la tensione, levandosi i caschi e mostrando i loro volti sudati.

«Signore, cosa pensa che sia successo laggiù?» interpellò Zeta, curioso, intonando le parole con quel timbro di chi aveva appena lasciato l'adolescenza.

«Sicuramente non un incidente. Qualcuno ha assalito la base, dobbiamo soltanto... vedere chi» replicò seccamente il monarca che, insiema a Gamma, collegarono finalmente quel mattone di dati al monitor.

Trascorsero un paio di duhidal, poi una decina, infine qualche nuhidal, ma non accadde nulla, innervosendo il gruppo di argonidiani.

«Apriamo la scatola» sbottò infine il sovrano, volendo così constatare con i propri occhi quale fosse il problema di quella memoria d'emergenza.

Intervenne allora Theta, che estrasse un piccolo strumento a forma di cilindro metallico color nero scuro e lo innescò con un pulsante a prima vista invisibile, collocato sulla faccia rotonda dell'oggetto, attivando una finissima fiamma ossidrica ad altissima temperatura.

«Avrei giurato che fosse il tuo rossetto» commentò Beta, con fare inopportuno, ricevendo una breve occhiata dagli altri.

Infine, la custodia esterna di quella memoria venne divisa in due parti ed aperta, mostrando uno scenario sconcertante.

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