18.

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(REVISIONATO)

Non mi capacitavo ancora come mia madre e mia nonna mi avessero permesso di passare il Ringraziamento con i miei "amici" invece che con loro quando farlo era una tradizione della famiglia Wilson.

Infilai il vestito che Alay mi aveva fatto ricevere una mattina nell'armadietto della scuola e sistemai i capelli perfettamente lisci lungo la schiena scoperta. 

L'abito era di un nero molto lucido, ricadeva stretto lungo il mio corpo esile e mi fasciava in modo quasi perfetto le poche curve che possedevo. Il tessuto era leggero e la schiena era attraversata da una fila di lacci, l'abbronzatura - ancora impressa sulla mia pelle di consueto chiara - evidenziava il vestito che terminava quasi subito sul finire del mio fondoschiena.

Mi sedetti sull'estremità del letto per allacciare i tacchi vertiginosamente alti e poi, una volta sistemata, afferrai il giacchetto color cammello che ricadeva sulle mie gambe e la borsa dello stesso colore del vestito.

Mi guardai allo specchio, cercando di eliminare con l'indice una sbavatura di mascara, e poi uscii dalla mia camera raggiungendo il salotto dove mia nonna e quello che credevo essere il suo compagno stavano ridendo divertiti da qualcosa passata alla televisione.

Mia madre uscii dalla cucina con un grembiule legato alla vita e i capelli raccolti in una crocchia disordinata, mentre cercava impaziente un vassoio dal mobiletto del salotto. Quando alzò lo sguardo, si accorse della mia figura slanciata e si fermò ad osservarmi.

«Oh...» finii di scendere le scale e mi guardai, cercando di capire se avessi qualcosa fuori posto quando anche i due anziani si girarono verso di me e spalancarono la bocca. «Tesoro quel vestito è fantastico.» lo spinsi velocemente più in basso, sentendo le guance colorarsi di un leggero rossore che magari avrebbe potuto essere stato coperto dal fondotinta che avevo messo.

«Sei favolosa.» continuò il fruttivendolo, avvicinandosi per regalarmi un bacio sulla guancia in modo di auguri.

«Grazie mille a tutti e buon Ringraziamento anche a voi.» mia nonna si avvicinò a me, circondandomi i fianchi in un abbraccio e avvicinando la sua bocca il più vicino possibile al mio orecchio. Eppure la differenza di altezza era molta siccome indossavo un tacco pericolosamente alto con il quale probabilmente sarei caduta faccia all'avanti.

«Rimorchiali tutti quei ragazzoni di scuola.» scossi la testa, trattenendo una risata.

«Sono amici nonna, nulla di più e nulla di meno.» sì, a parte Noah che non ritenevo proprio un amico. Mi lasciò una pacca sul fondoschiena, facendomi allontanare di colpo, sorpresa da quella sua mossa, poi salutai tutti e uscii definitivamente da casa.

Il rombo di un motore calò nella silenziosa mattinata di novembre e una macchina nera accostò sul marciapiede di casa mia. Il motore si spense, i finestrini oscurati mi impedirono di vedere chi fosse venuto a prendermi finché lui non scese dalla macchina. Si sistemò il colletto della camicia, appoggiandosi allo sportello ormai richiuso della sua macchina e poi alzò gli occhi su di me dopo molto tempo da quando l'aveva fatto l'ultima volta.

La camicia azzurrina fasciava perfettamente i muscoli sodi - allenati dal coach Carter a scuola - mentre aveva abbinato sotto un pantalone grigio che non gli rimaneva molto attillato. I calzetti nemmeno si intravedevano dalle scarpe per cui aveva optato, completando l'outfit in modo esageratamente elegante.

I nostri sguardi si incrociarono quando smisi di guardarlo, le nostre labbra si schiusero in sincrono quando ci osservammo da capo a piedi e ci eravamo resi conto della classe di entrambi. Sorrisi imbarazzata, abbassando il volto verso il prato di erba appena tagliato.

Per Sempre TuaWhere stories live. Discover now