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(REVISIONATO)

La foto che circolava sui social mi faceva accapponare la pelle: tutto avrei voluto tranne che la mia passione più grande potesse essere sotto lo sguardo di tutti.

Camminavo, ansiosa di trovare un posto dove nessuno mi puntasse uno sguardo supplichevole in volto, sperando di potermi convincere in qualche strano modo. Ma io non avevo intenzione di accettare nessuna offerta. Nemmeno se mi avessero offerto su un piatto d'argento il mio attore preferito, ma forse su quello qualche ripensamento lo avrei apportato.

Eppure nessuno sembrava avere tra le mani ciò che cercavo, per cui la mia risposta a tutti quegli sguardi era un banalissimo e sensato dito medio.

Chiusa dentro la sala relax mentre tutti gli studenti erano in mensa per la pausa pranzo, ripassavo tranquilla la materia che avrei dovuto avere l'ora successiva. Ma poi venni interrotta quando mi alzai per prendermi un pacchetto di patatine alla macchinetta.

La porta si chiuse, provocando un rumore troppo forte da farmi voltare all'istante.

Noah Mancini era appoggiato alla porta con le mani incrociate al petto e mi guardava quasi infastidito dalla mia presenza. Ma ehi... era lui che era entrato lì, non io. «Noi due dobbiamo parlare.» infilai le varie monetine prima di abbassarmi per afferrare il pacchetto di Cipster dal bussolotto. «E lo faremo ora, che a te piaccia o meno.»

Già, il giorno prima lo avevo lasciato come uno stoccafisso davanti al bagno e me l'ero data a gambe prima che avesse modo di raggiungermi. E poi ero stata furba: nascondermi dentro lo stanzino del bidello era servito ad eliminare le mie tracce.

Ma lui sembrava ostinato a volermi parlare e io, a mia discolpa, potevo dire di non averne voglia.

«Non c'è nulla di cui io debba parlarti Noah. Puoi uscire, ma grazie mille per l'interessamento.» tornai seduta sul comodo divano rosso mentre lui continuava a seguirmi con quello sguardo che non accettava risposte negative.

Beh, si sbagliava!

«Il libro di letteratura te l'ho riportato a casa.» tentai, cercando di distoglierlo dalla sua missione. «Se non ti è arrivato di certo non è un problema mio.» iniziò a girovagare per la stanza con le chiavi di qualche serratura nelle mani.

«Di questo parleremo più avanti, abbiamo tanto tempo a nostra disposizione. La porta non si aprirà finché non parleremo e tu sai bene di cosa.» sbarrai gli occhi stralunata e mi alzai in piedi, indicandolo con uno sguardo arrabbiato.

Come si permetteva di chiudermi lì dentro insieme a lui? Io di certo non andavo in giro a chiudermi dentro le aule con i ragazzi, nemmeno se fossero stati carini. Insomma, avevo un certo codice morale da rispettare. E poi francamente se fossi rimasta chiusa in qualche stanza con qualsiasi ragazzo della Greendale ne sarei uscita come un'assassina.

Ma tralasciamo questo discorso.

«È sequestro di persona, potrei denunciarti Mancini.» ringhiai, avanzando verso la sua figura imponente che si avvicinò alle macchinette. «Dammi quelle chiavi e io non urlerò.» sghignazzò rumorosamente, battendo sul vetro della macchinetta per indicare qualcosa.

«Non credo che lo faresti, ma se vuoi fai pure. Sono tutti in mensa, nessuno verrà qui.» alzai gli occhi al cielo e fremetti dalla rabbia, avrei voluto gettargli addosso il pacchetto di patatine aperto ma il cibo era troppo importante per me. «Sono buone? Avevo intenzione di prenderle.»

La mia pazienza vacillò e alzai la mano pronta a ricoprirlo di patatine, ma mi trattenni afferrando il telefono.

«Chiamerò tua cugina, non ho intenzione di rimanere qui dentro chiusa con te per troppo tempo.»

Per Sempre TuaWhere stories live. Discover now