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(REVISIONATO)

Mi sedetti al mio banco e tirai fuori dalle tasche dei jeans il telefono per controllare qualche social.

Erano passati alcuni giorni dalla festa in spiaggia e l'unica persona con cui parlavo a scuola era Alayna, senza contare Theo che seguiva alcuni miei corsi. Come ogni anno gli studenti non sembravano intenzionati a rivolgermi la parola, e la cosa – potevano stare tranquilli – era reciproca.

Alzai lo sguardo quando il banco vicino a me venne occupato, ma riabbassai subito il volto quando incrociai gli occhi marroni del mio compagno di classe. Già, letteratura inglese voleva dire essere anche la sua compagna di corso.

L'ultima volta che lo avevo intravisto era al falò, sopra a quella che presumevo essere la sua macchina, intento a lamentarsi del tempo perso dai suoi amici e soprattutto dalle luci della sua auto che doveva utilizzare per illuminare la baia.

Lanciò letteralmente lo zaino ai piedi della sedia e poi prese posto, avvicinandosi il banco al busto muscoloso coperto da una felpa grigia. Con una mano si sistemò i capelli e poi arraffò il quaderno che utilizzava per disegnare.

Sempre che fosse quello che faceva su quel quaderno.

«Buongiorno ragazzi.» portai la mia attenzione al professore che entrò in aula con una borsa marrone in mano, ma la mia mente era ancora concentrata sul ragazzo che occupava il posto al mio fianco.

Lo sentivo. I suoi occhi cupi che mi fissavano, che si guardavano intorno e a tratti si posizionavano sulle interminabili scritte del professore alla lavagna.

Appoggiai il viso sul palmo della mano, reclinata sul mio banco. Trattenni un sospiro quando vidi il volto di Noah voltarsi verso la mia direzione, deglutii e poi abbassai il capo per riscrivere alcuni concetti su un noto autore. Quando finalmente la campanella portò a termine quell'ora di lezione, raccolsi le mie cose e mi alzai dal mio posto. Sostenni lo zaino con il braccio destro quando sentii i pettorali del moro scontrarsi con la mia spalla gelida, mi girai verso di lui e sollevai lo sguardo.

Fissai per qualche secondo le sue labbra mentre lui rimase immobile sotto la mia visuale.

«Scusa.» provai ad allontanarmi, ma il suo corpo forte mi bloccò il passaggio. Continuammo a ostacolarci finché lui, con un ghigno in volto, non si spostò verso il suo banco per permettermi di passare.

«Salutami mia cugina se la vedi.» mi voltai verso di lui quando pronunciò quelle parole. Annuii velocemente e poi, senza guardarmi indietro, indietreggiai colpendo il banco davanti alla cattedra della prima fila. Il professore alzò lo sguardo verso di noi e ci sorrise compiaciuto, mentre io volevo solo sotterrarmi.

Corsi verso il bagno vicino al mio armadietto e controllai la situazione in cui mi ero cacciata: le guance rosate per l'imbarazzo, le labbra screpolate per tutte le volte che me le ero morse e i capelli biondi arruffati per l'agitazione durante la lezione nell'averlo vicino.

Non avevo mai avuto un contatto con quel ragazzo, nemmeno nei miei sogni. Era sempre rimasto un puntino quasi invisibile nella mia mente, come una piccolissima parte di quel casino e di quella folla di pensieri che avevo in testa. Eppure da quel giorno diventò una fetta importante, quasi essenziale nella mia esistenza.

Essenziale come lo era il miele per le api, o come l'acqua per gli elefanti.

Nel momento in cui ritornai ad un colorito quasi normale per la mia chiara pelle, spalancai la porta del bagno e mi ritrovai una chioma nera e bianca appoggiata contro il mio armadietto.

«Non ero io quella che, secondo te, avrebbe chiesto l'affitto per un armadietto non mio?» la raggiunsi, facendola spostare verso la sua anta. «Che hai?» immisi il codice e sbloccai il metallo arrugginito che avevo davanti agli occhi.

Per Sempre TuaWhere stories live. Discover now