8.

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(REVISIONATO)

Mi sedetti al mio banco e guardai il mio telefono controvoglia.

Era passato un solo mese di scuola e io già non sopportavo dover uscire dalle comode coperte che ricoprivano il mio letto. Era una missione troppo ardua!

Alzai lo sguardo sulla grande lavagna nera quando il professore entrò sorridente all'interno della sua classe, sbuffai e poi mi stiracchiai su quel minuscolo banco che avevo intagliato con la lama delle forbici.

La porta si aprì qualche minuto dopo, ma nessuno entrò. Corrugai la fronte e poi cercai di sbriciare dalle vetrate che davano sui corridoi: una ragazza riccia si guardava i piedi mentre si mangiucchiava le pellicine delle unghie. Indossava un jeans skinny nero, una maglietta grigia chiara e il giacchetto dei Lakers sulle spalle. I capelli le ricadevano morbidi sul petto, incorniciando un volto abbronzato dai lineamenti delicati.

Fece un passo avanti e varcò la soglia della classe, sorridendo timida verso di noi. Mi sistemai meglio sulla sedia e poi la squadrai in quell'outfit che le calzava a pennello, lei invece cercò di nascondersi grazie a quelle spalle esili.

«Ah, nuova ragazza.» il professore di scienze umanistiche la guardò confuso. «Sei rimasta in un lungo sonno per un mese oppure un semplice cambio di scuola?» lei sorrise gentilmente, stringendo la spallina del suo zaino. «Eva Thompson, da...?»

«Los Angeles.»

Chissà perché cambiare scuola all'improvviso? Ad un mese dall'inizio della scuola sinceramente a me non sarebbe mai venuto in mente, eppure odiavo così tanto la Greendale che spesso mi era passata come idea nella mia mente confusa.

«Bene, si sieda.» cercai di non guardarla fisso negli occhi per non sembrare una psicopatica alla prima impressione, ma non ci riuscii: forse poteva essere una ragazza simpatica, quasi di buona compagnia. Insomma, non ce n'erano molte alla Greendale e se ne trovavi una dovevi davvero ringraziare il Signore per questo. «Avrà tempo per fare amicizia.»

Lei prese posto davanti a me e poi si girò quando parlai, cercando di sussurrare - invano.

«Come se fossero simpatiche le persone qui.»

Mi guardò confusa, poi aspettò il suono della campanella per voltarsi una seconda volta verso di me. Si schiarì la voce e mentre sistemava le poche cose che aveva all'interno della borsa gialla che le ricadeva lungo un fianco, sorrise. Ed era davvero bello il suo sorriso, quasi rassicurante.

Ma che avessi una fissa con i sorrisi era una cosa ormai scontata.

«Sono Eva, piacere.» alzai lo sguardo su di lei e fu impossibile non guardare quella cesta di capelli ricci che le circondava il delicato volto. «Ti ho sentita prima.» annuii, già affaticata da quella lunga giornata che mi aspettava.

«Non sono un'amante di questa scuola, se non si fosse capito.» afferrai le mie cose e uscii dall'aula, ma mi ritrovai qualche metro dopo la ragazza alle calcagna. «Sono Allyson comunque, se ti può interessare.» lei mi sorrise nuovamente e io ricambiai leggermente il gesto prima di fermarmi al mio armadietto.

Alay era appoggiata al suo mentre chiudeva velocemente un libro e parlottava a bassa voce da sola, probabilmente stava ripassando per qualche test.

«Vaffanculo, non ho più voglia.» sorrisi, aprendo l'anta. «Oh, e tu chi saresti?» Eva non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che la mia amica la riempì di domande. «E perché fai il cagnolino di Ally?» la guardai male. «Non ne vedevo uno da... beh, da quando prima ho incrociato mio cugino e quella stronza.» alzai gli occhi al cielo.

«Alayna, lei è Alayna.» Eva le porse la mano gentilmente ma la mora non la strinse, invece guardò l'orologio del telefono e poi si issò lo zaino su una spalla.

Per Sempre TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora