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(REVISIONATO)

Scesi dall'autobus con le cuffiette nelle orecchie e mi infilai nella mischia per varcare la soglia della scuola, piena di studenti eccitati.

Era solo la scuola, perché tutti non vedevano l'ora di entrare?

Non che andassi male o che mi facesse schifo, ma sicuramente c'erano molte più cose divertenti da fare invece che stare seduta per ore ad ascoltare professori parlare infinitamente sulle strane vicissitudini che avevano colpito il nostro universo dall'origine della Terra.

Raggiunsi il mio armadietto quasi con difficoltà e una volta presi i libri che avevo lasciato lì dal giorno precedente, mi incamminai lungo il corridoio per arrivare alla mia prima ora di lezione: storia dell'arte.

Vidi le gambe di Theo, il biondino dalla bocca grande, appoggiate sul banco a fianco al suo mentre giocherellava con un origami. Sorrisi e mi guardai intorno finché la sua voce non interruppe i miei piani.

«Ally, vieni qui. Ti ho tenuto il posto.» chinai la testa verso il pavimento, nascondendo un sorriso. «Che avevi intenzione di fare? Ignorarmi?» appoggiai lo zaino sotto le gambe della sedia dopo essermi seduta compostamente.

«Tu piuttosto, non sapevo che nel tempo libero ti dedicassi agli origami.»

Lui sorrise beffardo, prima di attorcigliarsi una mia ciocca di capelli attorno all'indice.

«Infatti non è mia. Un regalo da parte di un mio amico.» annuii. «Noah Mancini, lo conosci?» mi allontanai dalle sue dita, cercando di sistemarmi la ciocca di capelli leggermente arricciata, e poi mi voltai verso di lui. «Che domanda stupida, tutti lo conoscono qui.» feci una smorfia.

Come se fosse il dio dell'Olimpo. Eh no bello, quel posto era già occupato da qualcun altro.

«Già, le voci in questa scuola corrono molto in fretta.» il biondino mi guardò confuso, quasi pronto a farmi una domanda sulla mia strana risposta, ma fortunatamente per me la professoressa interruppe la nostra conversazione.

Era simpatico il più delle volte, ma spesso sembrava avere degli atteggiamenti che non rispecchiavano il suo solito modo di essere. Come se cercasse di imitare qualcuno o scoprire addirittura qualcosa sui nuovi scoop scolastici.

Al termine della lezione me ne andai, entrando nel primo bagno femminile disponibile lungo il corridoio ed è lì che incontrai Alayna: era appoggiata alla finestra mentre si portava una sigaretta alla bocca, aspirava il tabacco e poi lo rilasciava nel paesaggio che si mostrava davanti ai nostri occhi.

Sapevo che fumasse. Spesso gli anni precedenti l'avevo vista con qualche amico di suo cugino o a qualche festa intenta a rilasciare il fumo, facendogli prendere delle forme circolari, dalle sue labbra.

«Tutto bene?» chiesi, appoggiando lo zaino sul pavimento bianco. «Sembri giù di morale. Non è andato bene il colloquio l'altro giorno?» si girò verso di me quando portò per l'ennesima volta la sigaretta alla bocca piena. «Mi dispiace, è colpa mia. Lo sapevo che non dovevo dirgli che arrivi in ritardo solitamente.» scosse la testa e poi mi sorrise.

Non era un sorriso vero quello, era più un 'Sì beh, lo so. Ma grazie comunque per avermi aiutata, se solo ora mi lasciassi da sola forse starei meglio'. E mi faceva male, mi sembrava di avere la colpa, un nodo alla gola.

«Lo volevo davvero quel lavoro. Mi piacciono i bambini e giocare con loro, avrei potuto combinare qualcosa almeno per una volta in vita mia e non essere solo la sorella minore che non fa nulla dalla mattina alla sera.» deglutii. «Mio fratello è davvero fantastico, a volte anche troppo, e i miei genitori sperano solo che diventi come lui. Ma a me non piace studiare, io non andrò ad Harvard e non ho intenzione di diventare una professoressa di matematica avanzata o un ingegnere.»

Per Sempre TuaWhere stories live. Discover now