Capitolo 63

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La schiena del Capitano era coperta di segni neri, indelebili, tatuaggi. Gli coprivano la pelle, si diramavano su tutta la sua superficie, intricati in un complesso disegno decorativo, che terminava solo in prossimità del collo. Al centro, spiccava una corona decorata, rifinita fin nei minimi dettagli, con tanto di gemme intarsiate e punte acuminate. Da lí, si diramavano, in mille intrecci, fili e fili, ma non semplici fili: erano piú grossi, piú spessi, come se, al loro interno, colorato in nero, avesse dovuto scorrere un liquido, qualcosa, che attraversava tutto il corpo del Capitano, che collegava le gambe, le braccia, la testa. E mi resi conto, allora, che quei fili non erano stati disegnati a caso: seguivano uno schema ben preciso. Un filo partiva dalla corona e si diramava, poi, in due, uno per ciascun lato del collo. Gli altri fili seguivano strade diverse, ma partivano tutti dalla stessa corona.
La corona non era posta esattamente al centro della schiena: era leggermente spostata verso sinistra.
La schiena del Capitano si alzava ed abbassava lentamente, in preda al dolore ed al poco fiato che il Capitano aveva in corpo. I fili si tiravano, man mano che le vene, le arterie ed i muscoli si alzavano od abbassavano, con il suo corpo.
E capii: quello era un complicatissimo, ma significativo disegno, era il significato del Capitano e del suo stesso nome. La corona...era Rowena. Ed i fili...le sue vene ed arterie.
La corona, Rowena, era esattamente dove si trovava il cuore.
Il cuore permette a qualcuno di vivere, da lí si diramano vene ed arterie, che collegano tutto il corpo. Cosí, Rowena, la corona, si collegava a tutte le vene, era dentro di lui, nel senso che lo controllava.
Quel disegno era un chiaro promemoria di quali fossero i compiti del Capitano.
Immaginai che anche il resto delle guardie dovesse avere quel disegno tatuato sulla schiena. Tutte le guardie dovevano assolvere al proprio compito di proteggere Rowena, di proteggere il loro cuore. Perchè, se il cuore smette di battere, anche il resto del corpo muore. E, se Rowena fosse morta, anche il resto del regno di Rowena sarebbe morto con lei.
Rowena tremava, mentre sfiorava la pelle lacerata del Capitano. Il coltello era ancora conficcato nel petto della guardia.
Cosa aspettate a tirarlo fuori?, fu il mio primo pensiero, alla vista del Capitano in quelle condizioni estreme.
Nonostante non avessi un rapporto pacifico con il Capitano, mi faceva effetto vederlo cosí vulnerabile.
Per salvarlo, Rowena avrebbe dovuto estrarre l'arma. Ma non lo faceva.
Fece girare il Capitano sulla schiena, in modo che il suo petto fosse rivolto al soffitto.
Il viso del Capitano era una smorfia di dolore. Dalla sua bocca, uscivano rantoli sommessi, urla soffocate, qualche sprizzo di sangue.
Le mani del Capitano strinsero il vestito di Rowena, stropicciandolo, mentre lei afferrava il manico del coltello.

"No, andrà tutto bene." mormorava lei, titubante.
Cercava di rassicurare il Capitano, accarezzandogli la fronte, imperlata di sudore per la sofferenza.

"Non toglierlo!" sbottó lui, la voce strozzata e rauca, nel dolore.

"Capitano, è necessario. Non posso curarti, se non mi permetti di aiutarti." la voce di Rowena era un sibilo dolce, disperato.
Il Capitano scosse la testa con violenza. Rowena tentava di calmarlo.

"Shila!" sbottó, poi, lui.
Rowena aggrottó la fronte e mi parve di vederle di nuovo gli occhi lucidi.

"No, Capitano, sono io, Rowena." mormoró lei.

"No! Shila! Chiama Shila!" supplicó il Capitano.
Si afferró il coltello, coprendo la mano di Rowena con la sua. Le sue nocche erano bianche dallo sforzo.
Rowena scosse la testa.

"No, Capitano, non posso-".

"Chiama Shila!" urló lui, di nuovo, disperato.
Rowena rimase allibita dall'insistenza del Capitano. Aveva la bocca semiaperta. Il suo respiro era agitato. Non sapeva cosa fare.
Manteneva la mano sul manico del coltello, titubante. Il suo labbro tremó.
Poi, delicatamente, molló la presa. La sua mano tremava.
La mano del Capitano, invece, rimase sul manico. Forse, non si accorse nemmeno del fatto che Rowena aveva spostato la sua mano sulla sua guancia, accarezzandolo, come se avesse avuto paura che il Capitano avesse potuto rompersi da un momento all'altro se avesse messo un po' di pressione nel suo tocco leggero. E sarebbe potuto succedere.
Rowena osservó attentamente il sangue, che zampillava attorno al coltello nel petto del Capitano, decidendo cosa fare.
Il Capitano aveva detto di chiamare Shila. Shila era sua figlia. Perchè avrebbe dovuto essere lí, ad osservare suo padre morire?

"Capitano, non posso mandare Lilith a chiamare Shila, o la uccideranno. Sylver potrebbe tradirci. Entrambe potrebbero tradirci. E io non posso abbandonarvi, indifesi." continuó Rowena.

"E allora chiamala! Rowena, chiamala!" urló lui, riprendendo a contorcersi dal dolore.

"Ma ci scopriranno-".

"Chiamala!".
L'urlo del Capitano era disperato, quasi straziante. Era un misto di emozioni, la disperazione di un uomo rimasto senza armi, costretto a combattere contro la morte, per rimanere in vita.
A Rowena tremó ancora il labbro. Osservó il viso sofferente del Capitano un'ultima volta.
Poi, abbassó la testa. Chiuse gli occhi. Prese un respiro profondo.
E, quando rialzó la testa, piegandola all'indietro, aprí la bocca.
Dalla sua gola, uscí un verso strozzato, simile ad un guaito. E, nella stanza, nacque un vortice impetuoso.
Mi sentii congelare. L'aria gelida mi schiaffeggiava il viso, mi toglieva il respiro.
I capelli di Rowena si alzarono, sollevati dal vento, mentre Rowena gemeva ancora.
Il Capitano non fece una piega, anzi, continuó a tenere il manico del coltello tra le sue dita, sofferente.
Mi coprii il viso, per proteggermi dalle raffiche impetuose.
Nella stanza, sembrava davvero essere entrata una tempesta, come se qualcuno avesse improvvisamente aperto una finestra, nel bel mezzo di un uragano.
Quando Rowena smise di gemere, anche la tempesta si calmó. La testa di Rowena tornó nella posizione naturale, non piú piegata all'indietro, a guardare il soffitto.
Rowena aveva ancora gli occhi chiusi. Sembrava non aver fatto nulla. Anzi, il suo viso era piú sereno.
Ma, quando aprí gli occhi, vidi le lacrime affacciarsi, pronte a scendere.
Strinse la mascella.

"Sta arrivando." assicuró Rowena, con un filo di voce, accarezzando di nuovo la guancia del Capitano, che sussultó, al suo tocco.
Nonostante fosse appena entrata una tempesta, nella stanza, tutto era in ordine. Anche i vestiti del Capitano erano rimasti dove Rowena li aveva lasciati.
La porta si spalancó e si richiuse in un secondo.
Shila entró come un vortice. Cadde subito al fianco di suo padre.

"Papà!" urló.
La paura era un tutt'uno con il suo viso.

Sangue regaleWhere stories live. Discover now