Capitolo 50

779 54 0
                                    

Ci volle l'aiuto di Nick per farmi uscire dalla mia camera. Ero determinata a non dare a Rowena la soddisfazione di aver vinto. Ma era cosí che era andata. E io avrei dovuto sottostare ai voleri di quella subdola regina.
Dopo vari richiami dal corridoio, Nick era entrato direttamente in camera mia ed aveva aperto l'armadio. Aveva preso dalle grucce un abito leggero, bianco panna, con le maniche lunghe ed il collo squadrato, e me lo aveva lanciato, dicendomi di cambiarmi e di raggiungere velocemente Rowena nella sala da pranzo. Ció che mi aveva sorpreso era stata la sua espressione severa, che non avrebbe ammesso repliche, un'espressione che io avrei dovuto usare con lui.
Ma ero troppo sconvolta per poter recitare il ruolo della principessa autoritaria, troppi segreti venivano svelati, senza che io potessi assimilarne almeno una parte.
Tuttavia, feci ció che mi aveva consigliato di fare Nick e, cosí, mi ritrovai ben presto sulle scale che davano su uno dei pochi corridoi illuminati di quel posto.
Il corridoio era vuoto; a quanto pareva, tutti erano già andati a cena, forse avevano già anche finito di cenare.
Meglio cosí.
Avrei ottenuto almeno mezza vittoria.
Facendo un passo alla volta, con tutta la calma possibile, mi diressi alla sala da pranzo, già affollata e piena di piatti vuoti.
Appena mi vide, Rowena mi fulminó con lo sguardo. Guardó la porta dietro di me, ancora aperta, in cerca di qualcosa o qualcuno, ma dietro di me non c'era niente.
Sul palchetto era seduta una guardia che non conoscevo. Accanto a Rowena, c'erano due sedie vuote.
Aggrottai la fronte per un attimo, ma la rilassai subito: sapevo a cos'era dovuta quell'assenza. Il Capitano non era accanto a Rowena, nè era con me, perchè, probabilmente, era ancora con i suoi figli. Ora lo sapevo.
Mi avvicinai, decisa, al palchetto e salii le scale con nonchalance. Mi accomodai al mio posto e lasciai che un servitore mi portasse un piatto di cibo, che io non avrei nemmeno toccato.
Nonostante mangiassi poco, non sentivo il bisogno di nutrienti.

"Dov'è il Capitano?" mi domandó Rowena, con voce affilata e tagliente.
Ci aveva visti uscire dalla stanza del Consiglio. Mi aveva vista gettarmi tra le braccia del Capitano.
Nascosi un sorriso, prendendo il tovagliolo accanto al piatto pieno e facendo finta di asciugarmi la bocca da una goccia invisibile.

"Non ne ho idea. Non dovresti essere tu a saperlo, dato che è la tua guardia piú fidata?" la canzonai.
La mia provocazione attecchí, con mio piacere.
Rowena strinse la forchetta che stava impugnando, per mangiare una fetta di sottilissima carne. Socchiuse gli occhi e mi guardó, fermandosi dal fare a pezzi la carne.

"È il tuo promesso sposo. Dovresti sapere, o, perlomeno, pretendere di sapere, dove sia quando è lontano da te." stette al gioco lei.

"Oppure, forse, non te lo voglio dire." borbottai, nel mentre che lei ribatteva.
L'angolo della bocca di Rowena si piegó verso l'alto.
Io mi fermai. Ero quasi tentata di abbassare lo sguardo sul cibo o sulla folla, per evitare il suo sguardo indagatore.
Mi aveva sentita.
Avrei voluto rimangiarmi quelle parole. La verità era che non sapevo dove fosse il Capitano, in quel momento, presupponevo solo dove potesse essere.

"Lilith, hai i capelli abbastanza spettinati." notó Rowena.
Io mi portai subito una mano sulla testa: era vero, ero piena di nodi. Colpa dell'allenamento del Capitano, che mi aveva obbligata a lasciar perdere la compostezza e a fuggire da lui.
Io mi morsi il labbro, incapace di rispondere. Non le avrebbe fatto piacere sapere che il Capitano aveva passato del tempo con me in un luogo come la sala degli allenamenti, in cui, una volta, ci aveva persino vietato di toccarci.
Osservai la folla.
"Lilith, sei arrabbiata con me per qualcosa?" domandó, la voce dolce e gentile.
Gettai di nuovo lo sguardo su di lei, spietata.

"Perchè dovrei avercela con te? Per il fatto che mi hai vietato di vedere il padre di mio figlio? Per aver ucciso una persona che amavo? Per avermi reso la promessa sposa del Capitano? Per aver esiliato James? O, forse, ancora per il fatto di avermi portata qui ed aver fatto cominciare tutto il circolo vizioso?" sbottai.
Rowena era rimasta senza parole, lo vedevo dai suoi occhi vaghi, in cerca di qualcosa da replicare.

"Hai proposto tu l'accordo dell'esilio." mormoró.
Ero riuscita a tenere la voce abbastanza bassa da farmi sentire solo da lei, fino a quel momento, ma, adesso, non sapevo quanto ancora avrei saputo tenerla sotto controllo.
Serrai la mascella.

"Non avevamo detto nulla sull'ultimo addio. Non ho nemmeno avuto la possibilità di salutarlo un'ultima volta!".

"Lilith, James ti ha violentata!" osservó, come se fosse la cosa piú ovvia del mondo.
Si voltó verso di me, abbandonando la forchetta sul piatto.

"Non mi ha violentata. Ero consenziente." sibilai.
Mi alzai. E, senza aggiungere nulla, abbandonai il tavolo. Scesi velocemente le scale e mi diressi alla porta.
Non mi importava ció che pensava Rowena. Lei non aveva visto la scena.
Ma, quando fui fuori da quella stanza, mi resi conto del significato delle mie parole: non mi ha violentata. Ero consenziente.
Ero consenziente.
Ero stata consenziente. O il mio corpo era stato consenziente, desideroso solo di diventare un vampiro come James? O era stata Reina a farmi volere tutto questo?
E se Rowena avesse avuto ragione?
Scossi la testa. Ormai, quello che era stato fatto era stato fatto. Niente e nessuno avrebbe potuto cambiare le mie azioni.
Avrei solo dovuto essere pronta. Quello che aveva ragione, qui, era Dimitri.

Sangue regaleWhere stories live. Discover now