Capitolo 32

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Barcollai, stupita. Inorridita. Non credendo ai miei occhi.
Il pavimento era cosparso di corpi malati, feriti, alcuni, forse, già morti.
I brividi mi percorsero la pelle. Non sapevo cosa avrei dovuto fare. Nè perchè fossimo lí. Nè dove fossi.

"Rowena." mormorai, con un filo di voce, schiacciata da quella vista orribile.
Lei non si fermó, continuó a passare da un malato all'altro, non mi rivolse nemmeno uno sguardo.

"Prendi i cuscini che sono nell'armadio." mi ordinó.
Ma io non riuscivo a staccare gli occhi dai malati, stesi a terra.
Provai a richiamarla.

"Rowena." dissi, con la voce strozzata.
Non riuscivo a muovermi.
Rowena sospiró e si alzó, venne verso di me, poi mi superó ed aprí un armadio sulla parete. Estrasse dei cuscini e si riempí le braccia di quelli, per trasportarli vicini alle persone ferite.
Man mano che ne poggiava uno, le sue braccia si svuotavano, le teste dei malati erano poggiate sui cuscini macchiati. Sembró alleviare di un po' i loro dolori.

"Lilith, prendi le coperte." mi ordinó, poi.
Non sapevo cosa fare. Avrei dovuto ascoltare ed ubbidire a Rowena? Mi guardai attorno, stupita.
No, non poteva non accorgersi del mio sconcerto.

"Rowena." la chiamai, ancora, ma venni fermata da qualcosa che cadde, sopra ai miei piedi.
Era una ragazza, all'apparenza piú sana di tutti quelli che si trovavano in quella stanza. Era piegata verso di me, mi guardava, con occhi imploranti. Non parlava. Aveva le lacrime agli occhi, il viso scavato, ma piú colorato, rispetto agli altri, nella stanza. Ora che la guardavo meglio, doveva aver avuto un'età compresa tra i venti e i venticinque anni. Forse, peró, era anche piú giovane.
Improvvisamente, la ragazza uní le mani ed intrecció le dita davanti al suo viso, le sollevó, in segno di preghiera. Era una preghiera silenziosa, fatta di sguardi e pensieri. Le sue dita sottili, unite, erano grandi quanto un pugno.
"No, la principessa Lilith non puó portarti fuori di qui." disse alla ragazza la rossa, afferrandola per le braccia e sollevandola senza alcuna difficoltà.
La ragazza sembrava non pesare nulla, era come se la rossa stesse sollevando un altro dei cuscini che stava portando in giro, mettendoli sotto la testa dei malati.
La ragazza mi guardó, spaventata, spalancó gli occhi e cercó di riavvicinarsi a me, mentre Rowena la allontanava, liberandomi dal suo peso inesistente. Tuttavia, i miei piedi sentivano ancora la sua presenza.
Fu in quel momento che notai una piccola macchia nera comparire sulla mano di Rowena. Lei non sembró accorgersene.
Ma, quando Rowena posó la ragazza poco lontano da me, delicatamente, e levó le mani da lei, la macchia scomparve lentamente. Era come se un ematoma si stesse curando a grandissima velocità.
Rowena non aveva fatto niente. Perchè le era comparso quel segno?

"Rowena, la tua mano...." notai, mentre lei si stava già voltando verso un'altra persona, che chiedeva, gemendo, il suo aiuto.
Rowena non si fermó. Cominció ad aiutare un'anziana signora, con un braccio coperto di sangue e piegato sul petto.

"È passato. Non mi succederà niente: ho la cura." alzó il braccio con la sbarra di metallo e me lo mostró.
Questo brilló, alla luce fioca del corridoio.

"La cura per cosa?" chiesi.
Era evidente che, lí dentro, nessuno era sano. Erano tutti malati.
Rowena strappó un pezzo di stoffa bianca e lo legó attorno al braccio dell'anziana signora. Non mi guardó.

"Lilith, noi siamo piú umani di quanto pensi. Siamo immortali, sí, ma non intoccabili o non-feribili. Noi possiamo essere scalfitti. Sia dall'esterno. Sia dall'interno. Soprattutto dall'interno.
Il nostro nemico, all'esterno, è l'argento. Quello al nostro interno...siamo noi stessi." rispose lei, continuando nel suo intento.
Rimasi confusa, guardandola. Cosa intendeva dire?

"Cosa vuoi dire?" chiesi, mentre qualcun'altro gemeva, all'altro lato della stanza.
Rowena si alzó subito e portó un cuscino alla persona che si lamentava.

"Anche noi soffriamo di malattie, Lilith. Al contrario dei vampiri, noi possiamo ammalarci. Possiamo ammalarci per la fame, per il freddo, ma, soprattutto, per noi stessi, per l'essere sovrannaturale che é dentro di noi, che ci divora ogni giorno, dall'interno. Ci lacera.
Non tutti sono adatti alla vita da licantropi, non tutti riescono a resistere. E, questa poca resistenza, puó essere trasmessa, attraverso il solo contatto fisico. È come una malattia. È come se, nel nostro corpo, mancassero gli anticorpi per difenderci dal nostro lato selvaggio, è come se fossimo privi persino della capacità e della forza per trasformarci in lupi o per tornare in forma umana: a volte, la malattia, si presenta quando si è trasformati e, una volta che si è in quelle condizioni, è impossibile tornare alle condizioni normali.
L'unica cura per questa malattia è una lega metallica, paradossalmente il bronzo. Il nostro nemico è l'argento e la nostra cura è il bronzo.
Quando, peró, la malattia raggiunge il cuore, è impossibile riuscire a curarla. Si è costretti a sopportare la malattia, fino a quando non si viene uccisi con l'argento. Molti pregano di essere uccisi, piuttosto di sopportare altri anni in queste condizioni, ma non mi è concesso uccidere persone che potrebbero ancora essere salvate.".
Reinold.
Aveva ucciso un ragazzo. L'aveva fatto. Non le era concesso uccidere persone innocenti, ma l'aveva già fatto.

"E Reinold?" chiesi, sfidandola, allontanandomi da un altro corpo, che si stava avvicinando.
Rowena allontanó il corpo da me.

"Reinold era un ragazzo di questi. Eravamo riusciti a curarlo, ma, ogni giorno, si trasformava sempre piú frequentemente, non riusciva a controllarsi. Era diventato troppo pericoloso. E anche lui lo sapeva.
Un giorno, mi ha attaccata, mi ha quasi uccisa, mi ha affondato le unghie nel petto.
Se il Capitano non l'avesse fermato in tempo, Reinold mi avrebbe strappato il cuore dal petto.".
Rowena non mi guardó nemmeno una volta. Aiutava i malati come se l'avesse sempre fatto, come se non mi stesse raccontando qualcosa che le aveva fatto rischiare di perdere la vita.
"Come regina, ho il compito di aiutare il mio popolo, cosí, finchè non trovo una cura. E tu dovresti aiutarmi.".

Sangue regaleWhere stories live. Discover now