Capitolo 59

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Le mie orecchie percepivano urla, rumori confusi. Non riuscivo a dare un ordine agli avvenimenti che accadevano attorno a me. Erano solo...urla disperate. Qualcuno chiamava il mio nome. E la voce non apparteneva, stranamente, alla mia testa. Veniva da fuori: era reale.

"Lilith!" gridava.
Le mie palpebre erano pesanti, mi era quasi impossibile aprirle.
"Lilith! Lilith, svegliati! Lilith!".
Con uno sforzo immenso, riuscii ad aprire, per un secondo, un occhio, ma lo richiusi subito.
Sopra di me, c'era il viso di Rowena, attraversato da quella che si sarebbe potuta definire una scarica di paura. Ma non riuscivo ad esserne certa.
"Lilith, svegliati! Dobbiamo andarcene!" la voce di Rowena divenne piú distinta.
Mentre riaprivo gli occhi, le palpebre mi bruciavano, riuscivo a malapena a vedere ció che era davanti a me. Il soffitto era una macchia grigia, informe.
"Lilith! È viva! Capitano, aiutami!".
La figura confusa di quella che doveva essere Rowena si mosse e si alzó. Sembrava molto piú alta di prima.
In bocca, sentivo il sapore disgustoso e metallico del sangue. Dovevo aver battuto la testa davvero forte per sentire il gusto di sangue.
Ma perchè ero stesa sul pavimento?
Capivo dov'ero: ero nella sala del Consiglio. Stavo per uccidere Dimitri....
Le immagini mi corsero davanti agli occhi come un vortice: il sorriso di Dimitri, il suo sguardo consapevole, la vittoria nel suo atteggiamento. Ero stata sbalzata all'indietro da un'esplosione, che era avvenuta proprio davanti a me, al muro su cui era stato legato Dimitri.
A quanto pareva, ero sopravvissuta. Ma Dimitri...?
Muovere anche solo il braccio o le labbra era un'atroce sofferenza: tutti i muscoli del corpo tiravano, temevo di aver persino perso alcune parti.
Qualcosa si infiló tra la mia schiena ed il pavimento, provocandomi una dolorosa fitta in tutto il corpo. Quasi, mi sembrava di sentire la pelle lacerarsi.
Qualcuno urló.
"Capitano, fermo!" ordinó Rowena.
E capii che ad urlare ero stata io.
Le mani del Capitano si sfilarono dalla mia schiena, provocandomi altro dolore, a cui diedi sfogo con un altro urlo agonizzante.
Sentivo la pelle inerme, ma, allo stesso tempo, andare a fuoco. Non riuscivo nemmeno a massaggiarmi le parti doloranti, allungare un braccio.

"Rowena, deve essere curata." la voce del Capitano era chiara e forte.
Piú passava il tempo, piú i miei occhi si abituavano a quel luogo, il Capitano era al mio fianco, i vestiti leggermente strappati su un fianco, ma nulla di grave. I capelli di Rowena erano scompigliati, sciolti, alcuni ciuffi sul viso.

"Non permetteró che le venga fatto altro male. Ma non posso nemmeno permettere che soffra a causa mia. O tua." obiettó Rowena.
Avevo sete. Avevo la gola secca.
Provai a parlare, ma mi sembrava di essere stata per giorni nel deserto.
"No, Lilith, andrà tutto bene." mi accarezzó la guancia, delicatamente, Rowena.
In quel momento, notai il sangue sulla sua mano. Terrorizzata da quella vista improvvisa, cercai di scostarmi, ma il dolore me lo impedí.
"Vai a cercare Sylver." ordinó Rowena, guardando il Capitano.

"Ma rimarrai indifesa." obiettó lui.

"Vai!" ripetè lei, perentoria.
Seppur con titubanza, lui obbedí a Rowena. Si allontanó da me velocemente. Ma non vidi dove stava andando.
La testa mi pulsava, avrei voluto far tacere il fischio continuo nelle mie orecchie.
Rowena seguí con lo sguardo il Capitano, ma tornó subito su di me.
Avvicinó di nuovo la mano al mio viso e io le guardai la mano, terrorizzata. Riuscivo solo a muovere gli occhi, ma era abbastanza per farle capire che mi disgustava il sangue che aveva sulla pelle.
Lei aggrottó la fronte confusa. Mi guardó, non capendo.
"Lilith, sono io-".
Si fermó e si guardó la mano. Mi scrutó di nuovo.
"Scusa, avrei dovuto pulirmi. Stai perdendo molto sangue, Lilith, ma presto Sylver ti curerà: non ti abbandonerà adesso. Vedrai, arriverà presto.".
Ogni parola di Rowena era accompagnata dall'eco. Avrei voluto scuotere la testa per schiarirmi i pensieri.
Quindi, stavo sanguinando. Avrei voluto che Rowena mi raccontasse dell'altro, ma non lo fece.
Spostó velocemente l'attenzione su qualcosa che si stava avvicinando. Il suo sguardo era sollevato: il Capitano doveva essere tornato.
Una ragazza urlava. Entró nel mio campo visivo in pochi secondi: aveva una treccia scompigliata biondo ossigenata, che le cadeva su una spalla. La sua testa era tenuta dal Capitano, che le tirava i capelli, provocandole dolore e urla.
Sylver!
Avrei voluto urlarle di scappare, ma non riuscivo nemmeno a pensare ragionevolmente.

"Sylver, curala!" ordinó Rowena a Sylver.
Questa tentó di divincolarsi, ma inutilmente.
Rowena si alzó di scatto in piedi e prese un oggetto da terra, affianco a me: era lungo e scuro, appuntito, un paletto.
Rowena le puntó un paletto al cuore, il viso deformato da una smorfia furiosa.
"Curala!" gridó, sopra al frastuono.
Il Capitano le tiró di piú i capelli e Sylver urló di nuovo. Stringendo gli occhi e serrando la mascella, annuí con la testa.
Il Capitano la sbilanció verso di me, con violenza. Sylver cadde su di me, facendo rivivere tutte le mie ferite.
Un altro urlo stridulo mi scappó dalla gola.
Non avrei piú potuto sopportarlo.
Strinsi gli occhi, desiderando che tutto quello finisse. E fu in quel momento che provai un briciolo di sollievo: sulla spalla sinistra. La pelle sembró ricucirsi al passaggio di qualcosa di umido: la lingua di Sylver.
Mentre il dolore si alleviava, ricordai ció che i vampiri mi avevano detto: la saliva dei vampiri curava.
Mi scappó un gemito di sollievo, ma non potei fare a meno di lasciarlo uscire. Era una sensazione cosí piacevole!
Pian piano, anche il braccio non provó piú dolore, nè le gambe, nè la testa. Rimanevano ancora alcune parti del corpo doloranti, ma il dolore si poteva sopportare.
Quando la lingua di Sylver si staccó da me, riaprii gli occhi lentamente. Cercai la mia migliore amica, affianco a me. Avrei voluto rivolgerle uno sguardo di ringraziamento, di gratitudine, ma lei aveva lo sguardo puntato altrove.
Sollevai leggermente il collo, per vedere cosa guardasse. Accanto a lei, Rowena aveva gli occhi spalancati e furiosi, in preda alla disperazione. E stava guardando nella stessa direzione in cui guardava Sylver.
Davanti a me, tra le macerie di un muro distrutto, illuminati dalla luce del cielo, su cui si stagliavano le figure, una schiera di guardie era in fila, a coprire le spalle di un uomo, in piedi. L'uomo stava parlando. Si intravedevano i canini.
Davanti a lui, un altro uomo era inginocchiato, il capo chino.
L'uomo in piedi sollevó un oggetto dal grembo e lo portó davanti a sè. Aveva una forma circolare ed era scintillante. Sembrava, quasi, una corona.
Posó l'oggetto sul capo dell'uomo inginocchiato e si piegó in un profondo inchino, mentre l'uomo inginocchiato si alzava.
Mentre si alzava, l'uomo che prima era inginocchiato sembró crescere di centimetro in centimetro la sua grandiosità. Si riusciva ad intravedere il suo sguardo fiero. Alle sue spalle, aveva un mantello di velluto rosso sangue.
La sua testa scattó nella nostra direzione. E lo riconobbi: l'uomo che si era appena alzato era Dimitri. Ed era appena stato incoronato re, davanti ai miei occhi.

Sangue regaleWhere stories live. Discover now