Capitolo 44

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James tentó di divincolarsi dalla presa ferrea delle guardie, che lo guardavano con sguardo famelico e soddisfatto: la vittoria della loro regina era, in parte, anche una loro vittoria. Erano stati loro a catturarlo. Avevano permesso loro ció.
Lasciatelo!
Corsi immediatamente nella sala, abbandonando il palchetto di Rowena. Non riuscii piú a controllarmi. Tutti avrebbero visto. Ma non mi sarebbe importato.
Corsi verso James, che mi vide e mi guardó, supplichevole.
Aspettami!
Quasi, lo raggiunsi, quando qualcosa mi bloccó, afferrandomi per le braccia. Erano braccia forti e coperte solo da un sottile strato di tessuto nero. Mi allontanavano da James, mi tiravano nella direzione opposta, premendo contro la mia vita, da cui cominció a diffondersi un lieve calore.
No! James!
Non mi fu possibile avanzare di un altro passo verso di lui: le guardie lo portarono fuori dalla stanza, strattonandolo e facendolo incespicare un paio di volte.
James si giró un paio di volte verso di me, gli occhi spaventati e preoccupati, supplicavano il mio aiuto. Ma io non avrei potuto darglielo.
Tentai di divincolarmi dalle braccia, ma mi fu impossibile. Anzi, la loro forza riuscí a riportarmi alle scale del palchetto.
No!
Non sarei tornata da Rowena, non dopo che mi aveva privata anche dell'ultimo saluto. Questa parte del patto non era stata esplicitata. Avrei dovuto scegliere io le condizioni di James.

"Principessa, è un suo nemico quell'uomo. Si ricordi a chi è promessa sposa." sibiló, contro il mio orecchio, il Capitano.
Mi accorsi che le braccia che mi stringevano la vita erano quelle del Capitano.
Sicuramente, James non è un mio nemico!
E io non avevo voluto essere promessa in sposa a nessuno! Avevano deciso tutto da soli. Io avrei potuto decidere di rifiutare. D'altronde, il Capitano aveva una relazione con Rowena. Il nostro matrimonio sarebbe andato contro il volere della regina stessa.
D'un tratto, mi ricordai gli accordi del patto: James sarebbe stato esiliato, in cambio dell'assenza di gesti d'affetto tra me ed il Capitano. Ma Rowena non aveva specificato che non mi sarebbe stato concesso un ultimo saluto. E io non avevo specificato quando avrei rispettato la parte dell'accordo, se in pubblico, davanti ai sudditi di Rowena, o in privato. E sarebbe stato meglio, per il suo regno, se avessi rispettato l'accordo in pubblico.
Mi finsi improvvisamente e straordinariamente addolorata.
Mi voltai verso il Capitano e posai la testa sul suo petto. Mi sforzai di far uscire alcune lacrime, ma far finta di piangere era molto piú difficile di quanto pensassi.
Sebbene avessi il pianto facile, le lacrime non volevano uscire dagli occhi e cadere sul viso, schiacciato contro il petto del Capitano.
Strinsi piú fortemente il viso su di lui, per dare al mio viso un'aria afflitta ed addolorata.
Il Capitano provó immediatamente ad allontanarmi, premendo delicatamente sulle mie spalle, ma invano. Non capiva nemmeno lui cosa volessi fare.
Trattenni un sorriso.

"Capitano, la prego, mi porti via di qui." lo pregai, guardandolo in volto.
I suoi occhi color ebano mi guardavano, confusi, ma sospettosi. Probabilmente, aveva capito il mio intento. Il Capitano non era stupido.
"La prego, Capitano." riprovai.
Per evitare che facessi una scenata, il Capitano acconsentí.
Non aspettó di avere il consenso di Rowena. Non la guardó nemmeno.
Stizzito, mi prese per un braccio e mi condusse fuori da quell'enorme sala, davanti agli occhi di tutti.
Tutti ci guardarono, confusi ed ancora scossi dalla decisione dell'esilio di James. Tutti, compresa Sylver.
Sylver mi osservava, incapace di provare solo rabbia o solo tristezza o solo delusione: sembrava non sapesse cosa provare. Aveva la bocca leggermente aperta e gli occhi spalancati.
La pregai di perdonarmi con lo sguardo. Avrebbe capito. Le avrei rivelato il mio, il nostro, piano di salvataggio il prima possibile, ma non in quel momento. Prima, avrei dovuto fare in modo che Rowena capisse che si era inimicata una persona importante, una persona che avrebbe potuto rovesciare il suo regno.
Non appena fummo fuori, le porte si richiusero dietro di noi, lasciando il Capitano e me da soli.
Non appena fummo lontani da sguardi indiscreti, il Capitano mi molló e mi fulminó con lo sguardo.
Provai uno strano senso di soddisfazione, di fronte a quella reazione, una reazione che mi sarei aspettata da Rowena. Ma che non era ancora arrivata da lei.

"Che cosa vuoi?" gridó, nel corridoio vuoto.
La sua voce, furiosa e sospettosa, rimbombó. Ma non mi fece paura.
Al contrario, sorrisi. Mi sorpresi io stessa del mio coraggio.
Non ebbi il tempo, peró, di rispondere, avvertii un movimento, affianco a noi, che veniva dal corridoio in cui eravamo.
Il Capitano voltó la testa di scatto, verso il fruscio, allarmato.
Quando voltai la testa anch'io, peró, non vidi un licantropo o qualche guardia o James o Dimitri o qualsiasi altro nemico del Capitano, che avrebbe voluto interrompere la nostra conversazione. Al contrario, notai una giovane ragazza, con la pelle abbronzata e gli occhi sottili, scuri come i suoi capelli, mentre le labbra erano scure e carnose. Aveva un neo sullo zigomo sinistro.
Non appena la ragazza vide il Capitano, sembró sollevata ed ogni traccia di preoccupazione, che si era letta, sul suo volto, fino a quel momento, sparí.

"Capitano." lo chiamó, con una voce profonda e contenuta.
Tentava di nascondere il sollievo.
Il Capitano non aspettó altro e seguí la ragazza.

Sangue regaleWhere stories live. Discover now