Capitolo 39

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"Oggi, non dovrai parlare con nessuno. Spero questo ti calmi." mi disse Rowena, mentre stavamo uscendo dalla sala da pranzo.
Per tutto il pranzo, avevo guardato Rowena con uno sguardo infuocato e, con mio apprezzamento, lei se n'era accorta. Aveva controllato la stanza e aveva cercato di nascondere una piccola smorfia sul suo viso, ma io l'avevo vista. Una smorfia di rimprovero. Verso di me.
Fissai la schiena di Rowena.

"Rowena, sono dei bambini!" urlai.
Come poteva aver avuto un comportamento del genere con loro? Avevano solo conosciuto piú da vicino la loro principessa. Era ció che aveva permesso lei stessa, gettandomi in quella stanza, senza darmi istruzioni. Io l'avevo voluto, avevo voluto che quei bambini mi conoscessero meglio.
Rowena alzó una mano, per zittirmi, continuando a camminare. Questo gesto mi irritó ancora di piú.
Incrociai le braccia al petto e la seguii, malvolentieri.
Superammo velocemente il corridoio illuminato e salimmo la scala che portava al corridoio su cui affacciava la mia camera. Dove mi avrebbe portata? Mi avrebbe chiusa in camera?
James, al castello, l'aveva fatto. Mi aveva chiusa in camera un'intera giornata. Al ricordo di quei giorni, una fitta al petto mi prendeva il cuore.
Rowena non si fermó alla mia camera, dove, invece, si fermó Nick, mettendosi in posizione di guardia. Guardó il muro davanti a sè e stette fermo. Era di nuovo la guardia leale di Rowena.
Rowena continuó a camminare, fino a raggiungere la stanza degli allenamenti. Il Capitano non si fermó. Il Capitano continuó a camminare, andando e fermandosi solo alla fine del corridoio, dove svoltó ed entró nell'angolo in cui era entrato il giorno prima, quando l'avevo visto.
Aggrottai la fronte.
"Dove va?" chiesi a Rowena.
Rowena sorrise, subdola, ed aprí la porta.

"Tornerà presto. Il tuo fidanzatino non tarderà ad arrivare." mi derise.
Rowena entró nella sala degli allenamenti, investita dalla luce bianca, riflessa dalle pareti.
Strinsi la mascella.
Il tuo fidanzatino?!
Ero tentata di rimanere fuori da quella stanza. Rowena avrebbe voluto che io entrassi. Io non l'avrei fatto.
Ma il Capitano fu subito dietro di me e, in un batter d'occhio, mi ritrovai spinta a terra, all'interno della sala degli allenamenti. Il Capitano mi aveva dato una leggera spinta sulla schiena, ma era stata cosí inaspettata che avevo perso subito l'equilibrio e mi ero ritrovata sul pavimento.
Mi rialzai, irritata.
Mi diressi verso la porta, che si stava lentamente chiudendo dietro alle nostre spalle, determinata ad andarmene e porre fine a quella messinscena. Il Capitano, peró, mi bloccó, ponendo un braccio davanti a me e chiudendo la porta proprio davanti al mio viso, rischiando di farmi sbattere contro la superficie bianca e dura.
Lo guardai, stupita.

"Lasciami stare." ordinai.
Ma lui non si mosse.
"Lasciami stare." ripetei, scandendo lentamente le parole.
Lui non fece una piega e mi fulminó con lo sguardo.
Mi voltai verso Rowena, per costringerla ad ordinare al Capitano di lasciarmi andare, ma lei mi guardava, con un allegro e subdolo sorriso sul volto. I suoi occhi erano ridotti a fessure.
Senza aggiungere altro, mi porse un paletto. Anzi, me lo puntó contro. La punta era voltata nella mia direzione. Se l'avesse lanciato come aveva fatto il Capitano, qualche giorno prima, avrebbe potuto colpirmi e ferirmi, se non colpirmi al cuore ed uccidermi.
Sorpresa, spalancai gli occhi ed arretrai, schiacciandomi ancora di piú sulla porta. Il Capitano era ancora accanto a me.

"Lilith, puoi dirmi tutto quello che vuoi. Qui, non ci sentirà nessuno. Sono a tua disposizione. Ma potrai farlo e io esaudiró i tuoi desideri con quei bambini solo se tu mi batterai qui. Dovrai batterti contro di me." disse Rowena, sicura.
Aprí la mano e lasció cadere il paletto a terra, facendo un rumore secco di legno.
"Saremo entrambe senza armi. Io non useró velocità o forza e nemmeno paletti. Nemmeno il Capitano mi aiuterà. Servirà solo come arbitro. E io manterró la parola.".
Rowena superó il paletto a terra, allargando il sorriso.
"Lilith, se, peró, vinceró io, tu mi permetterai di uccidere James, di processarlo. Per quello che ha fatto a mia sorella. Per quello che ha fatto a te.".
Le sue parole erano subdole, nascondevano il veleno, che trapelava dal suo tono acido. La rabbia era un tutt'uno con lei.
Deglutii. Anche i suoi occhi sembravano non essere piú i suoi. Sembravano voler solo una cosa: uccidere, vendicarsi. Erano gli stessi occhi che avevo visto in Dimitri quando Rowena l'aveva colpito con il paletto davanti a me e lui aveva cercato di trattenersi dal mordermi.
Mi schiacciai ancora di piú sulla porta.
"Non avere paura. Il Capitano mi fermerà. Non permetterei mai di fare del male alla discendenza di mia sorella. Non ti faró male. Ti dimostreró solo chi è la vera regina qui. E quella sono io.".
Senza alcun preavviso, il Capitano fece scivolare il suo braccio dietro la mia schiena e mi spinse violentemente verso Rowena. Quasi, non le caddi addosso.
Lei, ora, era proprio davanti a me, ad un passo di distanza. Non avrei potuto scapparle.

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