48 MAT

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Ele è in ritardo. Aveva detto che sarebbe passata stamattina e invece non si è ancora fatta vedere. Ho provato a chiamarla ma non risponde. Le ho mandato alcuni sms, mi ha solo detto che è impegnata e che verrà il prima possibile. Chissà cosa deve fare.

Guardo mio padre, seduto sul letto, la schiena appoggiata al cuscino, intento a fissare il televisore acceso su un programma a caso.

«Vuoi che cerchiamo qualcosa di più interessante da guardare?», dico, prendendo il telecomando. Lui mi guarda e scuote la testa.

È ancora presto per capire tutti gli effetti del colpo subito e dell'operazione, ma mi sembra che ci sia un po' più di lucidità nei suoi occhi. Anche se non voglio illudermi.

«Com'è andata a finire con quella ragazza?», mi chiede all'improvviso. Sono stupito, è la prima domanda diretta che mi fa da un sacco di tempo.

«Bene, papà», gli dico, prendendogli la mano.

«Le hai detto che la ami?»

«No, non ancora, ma tu come fai a saperlo?»

«L'ho capito dal primo momento che l'ho vista. Se c'era qualcuno che poteva farti innamorare, era lei», cavolo, sto davvero avendo una conversazione reale con mio padre? Forse sto sognando. Forse l'ospedale mi ha talmente stressato, che sto dormendo e non mi rendo conto.

«Come stai?», chiedo.

«Strano a dirsi, ma bene. Sembra che la nebbia si stia diradando»

«In che senso?»

«Prima c'erano tante cose che non capivo. Tante cose che avrei voluto dire, ma non sapevo come fare. Ora mi sembra di essere rinato». Che l'operazione lo abbia salvato? Penso. Non ho mai provato un'emozione tanto forte.

«Senti, vado al bar all'entrata a prendermi un caffè», dico. Ho bisogno di stare da solo per mettere a posto i pensieri «Vuoi qualcosa?»

«Un bicchierino di rum, grazie», lo guardo esterrefatto e lui scoppia a ridere. Ride! Se questo è davvero un sogno, vi prego, non svegliatemi mai, voglio morire così!

Non appena si aprono le porte dell'ascensore ed esco in corridoio, vengo investito dal via vai delle persone intente a raggiungere i propri reparti.

«Mat!», urla una voce. È Ele. Mi guardo intorno cercandola, finalmente contento che sia qui con me. La vedo, ma non è sola.

Non è possibile! Non posso crederci! Ma come ha fatto?

Guardo la donna che è lì con lei, sorpresa e sbigottita quasi quanto me.

«Mamma!», la chiamo.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora