12 MAT

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Finiamo di mangiare e papà comincia a sparecchiare.

Lo guardo dal mio posto. I suoi movimenti sono fluidi e sincronizzati, come se tenesse mentalmente il tempo delle sue azioni. Mi alzo per aiutarlo e lui si blocca, fissandomi. Mi risiedo, lui aspetta qualche secondo, poi ricomincia.

«Ho conosciuto una ragazza», dico così, perché ho bisogno di renderlo partecipe. Lui continua come se niente fosse. «È bella. Si chiama Eleonora. Ha degli occhi nocciola grandissimi che le danno un'aria buffa e i capelli ramati, quasi arancioni. Non ho mai conosciuto una ragazza con i capelli di quel colore. Studia all'università. È una brava ragazza», sorrido, ma sento un velo di malinconia scendere su di me. Papà sbatte la tovaglia per terra, la piega accuratamente e la ripone nel cassetto. Poi esce dalla stanza per ritornare, subito dopo, con in mano la scopa. In pochi istanti è di nuovo tutto in ordine.

«Non mi sono mai sentito così verso una ragazza», continuo io, «mi fa sentire uno stupido. Non so mai cosa dirle, non so mai come comportarmi. Continuo a pensare a lei». Papà versa un bicchiere d'acqua nel vasetto del basilico, sopra il microonde. «È fidanzata», dico infine, «E non voglio fare lo stupido. Non se lo merita». Mi guarda per un secondo. I suoi occhi incrociano i miei e per un istante sembra in procinto di dire qualcosa. Sento il mio corpo tendersi nell'attesa. Forse questa volta ci siamo. Poi, così com'è cominciato, tutto finisce e lui torna a curare la pianta.

Per un istante sento gli occhi pizzicare. Mi bruciano nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che sento prepararsi. No, Mat, fai l'uomo!

Mi alzo in piedi e gli vado vicino.

«Io esco un attimo. Devo fare una cosa. Prometto di tornare prima di mezzanotte, ok?». Lui impercettibilmente annuisce.

Entro nel bar e lei è dietro al bancone con un buffo cappello da babbo Natale in testa.

«Oh Oh Oh, merry Christmas!», esclama vedendomi.

«È la tua nuova divisa da lavoro?», chiedo ridendo.

«Libero arbitrio», risponde lei. «È la vigilia di Natale per cui ci sta un po' di allegria», esce dal bancone e mi viene di fronte. Indossa un semplice maglione blu elettrico sopra un paio di jeans attillati. Il grembiule è rosso come il cappello.

«Guarda, fa anche le magie» dice, e schiaccia un pulsantino su un lato della testa. Improvvisamente il cappello si riempie di lucine e una stonata canzone natalizia invade l'aria. Ele scoppia a ridere e io mi sento morire. Dio, quanto sei bella!

«Hai già cenato?», mi chiede, tornando al suo posto.

«Sì, ma devo tornare a casa per mezzanotte»

«Come Cenerentola?»

«Una cosa simile», sto al gioco. «Io e mio padre aspettiamo sempre la mezzanotte per farci gli auguri»

«Noi aspettiamo la mezzanotte per scambiarci i regali», dice lei. «Quando ero piccola e ci ritrovavamo con tutti gli zii e i parenti, noi bambini venivamo mandati a dormire dopo cena e poi svegliati prima di mezzanotte per aspettare Babbo Natale. Facevamo a gara per riconoscere chi era il travestito dell'anno, ma era comunque bellissima quell'attesa. E poi, uno per uno, venivano consegnati i regali sotto l'albero». Le brillano gli occhi mentre me lo racconta.

«Quando ero piccolo io, invece, si faceva tutto la mattina di Natale», è così facile parlare con lei. «Io e mio fratello ci svegliavamo prestissimo e correvamo in salotto per vedere se Santa Claus era già passato»

«E lasciavi i biscotti per le renne e il caffè per lui?»

«Noi lasciavamo pan di zenzero e una tazza di tè»

«Molto British» ride e io con lei.

Rimaniamo per un secondo infinito in silenzio a fissarci. Vorrei che il tempo si fermasse. E vorrei anche superare il bancone e baciarla.

«Io avrei una cosa per te», dice lei, interrompendo l'imbarazzo. «Spero non ti dispiaccia». Rimango basito mente estrae da una borsa un piccolo pacchettino e lo poggia sul bancone, davanti a me. Sembra molto in imbarazzo.

«L'ho visto un pomeriggio tornando dall'università. Era simpatico e mi ha fatto venire in mente te. Non è niente di impegnativo. Puoi buttarlo in un cassetto se non ti piace» Non so cosa dire. Il pensiero che lei mi abbia fatto un regalo la vigilia di Natale mi stordisce.

Mi tremano le mani mentre scarto il pacchetto e ne estraggo una palla di neve. All'interno c'è la torre di Londra e un orsetto con la sciarpa dei colori della bandiera inglese in procinto di cantare. All'esterno c'è la scritta Happy Christmas.

«C'è un pulsante sotto», dice lei. Capovolgo la pallina e premo il bottoncino. Tutto si illumina e partono le note di Jingle Bells.

«È più bella se la scuoti», dice Ele prendendomi la palla dalle mani e scuotendola per far muovere la neve. È stupendo.

«Non so cosa dire», dico.

«Ti piace?»

«Sì», dico semplicemente. E la guardo. Per un istante mi sembra di essere tornato bambino. Mi sento leggero, quasi commosso. D'istinto le prendo una mano e sento una scarica attraversarmi il corpo. Sento che si irrigidisce, ma i suoi occhi sono ancora incollati ai miei. Mi passano per la mente un sacco di cose, ma nessuna mi sembra quella giusta.

«Beh», balbetto, «Allora, buon Natale».

«Anche a te», risponde lei, con un filo di voce.

Senza rendermene conto la tiro verso di me e le passo una mano nei capelli. Il mio cuore batte furiosamente, ho quasi la vista annebbiata. Sento un chiaro segno di vita indipendente nelle mutande e mi tengo alla giusta distanza perché non se ne accorga anche lei. Cazzo baciala Mat! Continuo a ripetermi. Non ci vuole niente, no? Sono solo pochi centimetri e lei non farebbe resistenza, lo vedo dai suoi occhi. Sarebbe perfetto. Sarebbe tutto ciò che voglio in questo momento. Stringo la presa su di lei.

E all'improvviso il suo cellulare suona ed entrambi ci risvegliamo dalla trance del momento. Lei scappa a rispondere e io cerco di ricordarmi come si fa a respirare normalmente.

«Robbi!» la sento dire. Subito torno padrone di me.

Io prendo il mio regalo ed esco dal locale senza una parola.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora