11 MAT

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La guardo allontanarsi trattenendo il fiato. Credo di essere stato in apnea per tutto il tempo. Quando si è seduta davanti a me stavo per perdere il controllo. Ho dovuto fare uno sforzo per guardarla negli occhi. Quasi non riesco a sostenere il suo sguardo. Mi piace un sacco come gesticola quando parla. E come il suo viso si addolcisca quando sorride. E le espressioni buffe che assume, senza accorgersene.

Sto praticamente stritolando la bottiglia di birra. Mi è passata la voglia, non riesco più a mandare giù niente.

E così anche i suoi sono divorziati, abbiamo qualcosa in comune. E suo padre ha altri figli. Penso a mio padre. A come ha trascorso tutti questi anni da solo. A com'è stato difficile per lui. Poi penso a noi due. Io ed Ele. Come siamo diversi. Lei sembra aver accettato la situazione. È sempre sorridente. Sembra sempre ottimista. Io ho sempre fatto il coglione. Mia madre non vedeva l'ora di sbarazzarsi di me. E poi c'è stato l'incidente.

Cancello dalla mia mente quell'episodio. Non voglio pensarci. È il passato. Basta.

Mi alzo e mi avvicino al bancone.

«Beh, allora ti faccio gli auguri in anticipo», dico impacciato come un bambino. Mi sento un cretino. Lei continua ad asciugare un bicchiere e mi guarda.

«Io lavorerò queste feste. A parte Natale che siamo chiusi. Domani mi trovi qui, se ti va di passare». Che cos'è? Una specie di appuntamento? Un invito?

«Ok, magari passo, vedremo», dico. Rimango ancora qualche secondo lì impalato, poi esco. L'aria gelida mi fa bene al cervello.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora