8 MAT

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Quando sabato sera sono passato al bar, lei non c'era.

Al suo posto c'era una donnona sui sessant'anni che mi ha spiegato, come se fossi scemo a non saperlo per conto mio, che Ele il sabato e la domenica lavora da un'altra parte. Mi sono fatto spiegare dove sia questo posto e ho passato il week-end così, appostato nel parcheggio della pizzeria, fumando sigarette e guardando dai finestroni illuminati il bancone del locale, dove ogni tanto lei compariva.

Elias sostiene che sto perdendo la testa. Non posso dargli completamente torto perché è ovvio che qualcosa in me non funziona bene. Sono sempre più convinto che quella ragazza sia la Strega cattiva di Narnia e che mi abbia fatto un incantesimo. E anche bello potente, per ridurmi così. Ma ci sarà l'antidoto da qualche parte.

Bevo la mia birra, direttamente dal collo della bottiglia, lentamente. Il locale è pieno zeppo di gente. Per di più uomini che preferiscono imbottirsi di fumo e alcolici piuttosto che passare la serata a casa con le loro mogli. Poi si lamentano quando loro si fanno l'amante. Da qualcuno dovranno pur ricevere attenzioni, no? Per un secondo mi viene in mente una mia vecchia avventura da diciottenne. Frequentavo la palestra allora, dopo il lavoro. Ci tenevo, ero proprio fissato. E ho conosciuto lei, una carica erotica pazzesca a ogni movimento. Quando incrociavo il suo sguardo il cervello precipitava da solo all'altezza delle mutande e io non decidevo più niente. Aveva dieci anni più di me, un tradimento alle spalle dal convivente, era rimasta sola da poco, insomma qualcuno doveva pur consolarla.

«Allora, Mat, che ne dici?», mi chiede Elias fissandomi. Sono bruscamente riportato alla realtà e lo guardo fisso, completamente estraneo alla conversazione.

«Ti va bene un appartamento? Recuperiamo qualcosa sulle spese dell'albergo che possiamo spendere per gli alcolici. Certo, ci sarà da rimettere tutto a posto prima di andare via, ma probabilmente saremo già ubriachi il primo giorno», spiega Luis con Alice, la sua ragazza, arrampicata sulle sue gambe.

«Ok», mi limito a dire.

«Allora domani telefono per la conferma», continua Luis. «Siamo stati fortunati, manca pochissimo tempo e il prezzo è ottimo»

Passeremo un'intera settimana in montagna, per l'ultimo dell'anno. È da un po' che circolava quest'idea e alla fine siamo riusciti a mettere tutti d'accordo. Guardo Luis che passa la lingua in bocca ad Alice, Thomas e Charlie che continuano la loro partita a biliardo ed Elias che mi fissa.

«Problemi?», chiedo.

«Tu? Molti a quanto capisco», risponde lui col suo solito tono tranquillo. Ci siamo conosciuti per caso, quando sono venuto in Italia, ma abbiamo legato subito. Elias rientra nella categoria di Amici con la A maiuscola. È una persona tranquilla, che non ti sta addosso, ma che c'è sempre quando hai bisogno, anche se passano mesi tra una telefonata e un'altra. Tra tutta la gente qui dentro, credo che mi importi davvero solo di lui.

«Quanti siamo, alla fine?», chiede Thomas.

«Beh, noi sei sicuramente», risponde Luis abbracciandoci con lo sguardo. «Poi verranno anche Marco e Claudia e un'amica di Claudia. Non so niente di lei, però». Thomas e Charlie si danno il cinque e fanno dei versi simili a ululati.

«Dici che piacciono le cose a tre a quest'amica?», chiede Charlie ridendo come un coglione.

Mando giù l'ultimo sorso, mi alzo e tiro fuori le chiavi della macchina.

«Vi saluto, io vado», comunico. Elias si alza dopo di me.

«Ti accompagno fuori, ci fumiamo una sigaretta», dice.

L'aria è fredda e pungente. Sono giorni che gira voce di una nevicata, ma ancora non si è visto niente.

«Qualche volta vengo con te in quel bar, sono curioso», dice Elias.

«Curioso di cosa?»

«Di vederla». Sorrido, inspirando a pieni polmoni un po' di fumo.

«Questa settimana non è possibile. Non c'è», spiego. «Una settimana si e una no». Ripenso alla donnona che avevo ritrovato il lunedì e che mi aveva fatto precipitare i testicoli nelle scarpe. Non passa più questa settimana.

«Non è che ti sei preso una bella cotta?», mi chiede poi.

«Non sono tipo da perdere tempo in queste cose», rispondo minimizzando, ma sento qualcosa pungermi dentro.

«E, secondo te, lei potrebbe prendersi una cotta?»

«Lei non sa neanche che esisto», di questo ne sono sicuro. Perché dovrebbe? Ha la sua vita normale, con persone normali, un fidanzato, beh non proprio normale forse, ma come cucito a laser al suo culo. Perché dovrebbe pensare a me?

«Dai tempo al tempo», dice lui buttando in strada il mozzicone. Ci stringiamo la mano, poi me ne vado.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora