10 ELE

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Natale sarà fra due giorni. E io la Vigilia la passerò qua, a lavorare al bar.

Guardo il locale deserto. Oggi fa veramente freddo. Solo pochi coraggiosi sono venuti per il solito giro serale.

«Ciao», dice Mat entrando dalla porta. Il mio cuore ha un tuffo.

«Ciao», sorrido. Cavolo quanto è bello! Non ci vediamo da una settimana e nonostante il freddo, sento un'improvvisa ondata di caldo.

«Mi dai una birra?», chiede. Gliela preparo subito. Lui la prende e si va a sedere al solito posto. Io cerco di passare il tempo tenendomi occupata, ma sono più agitata del solito. Continuo a guardarlo, non posso farci niente. Ha tagliato i capelli, sono molto più corti adesso. Il maglione nero aderisce perfettamente al suo corpo e una catenina gli pende dal collo. Tiene lo sguardo fisso fuori dalla finestra, estraneo a tutto.

Decido di prendere coraggio.

«Fa freddo, stasera, vero?», chiedo, sedendomi nella sedia di fronte a lui. Lui mi guarda con un'espressione sorpresa e impiega qualche secondo a rispondere. Oddio, i suoi occhi! Cioè, quasi mi manca il fiato.

«Abbastanza», minimizza.

«Abbastanza da non far venire nessuno. Siamo in tre gatti stasera», sorrido di nuovo. Voglio assolutamente portare avanti una conversazione. Non mi scappi!

«Da dove vengo io, c'è anche più freddo. E piove per la maggior parte dell'anno. Il clima italiano non mi dispiace», spiega.

«E da dove vieni?», chiedo.

«Dai pressi di Londra». Per un momento mi viene in mente la conversazione con Robbi e mi sento precipitare, però mi riprendo subito.

«Dev'essere un posto bellissimo»

«Credo che ogni posto che possiamo chiamare "casa" sia bellissimo»

«E qui, sei a casa?». Lui fa un sospiro.

«All'inizio pensavo di no. Ho pensato tante volte di tornare indietro. Ma ora mi ci sto abituando»

«Da quanto tempo sei qui?»

«Avevo diciassette anni»

«E che ci sei venuto a fare?»

«Qui c'è mio padre»

«Quindi i tuoi non stanno insieme?». Per me non c'è nulla di strano ma vedo il suo sguardo incupirsi. Forse ho toccato un nervo scoperto.

«No», taglia corto il discorso e torna a guardare fuori.

«Neanche i miei stanno più insieme», continuo io cercando di fargli capire che ognuno ha la sua condizione.

«Mi dispiace»

«A me no. Insomma uno ci si abitua no?», annuisce. «Cosa farai per Natale?», chiedo. Voglio entrare un po' nella sua vita.

«Starò con mio padre. A lui fa piacere», dice, «E tu?»

«Mega riunione di famiglia a casa», sorrido, «Ci saranno mia madre con Erre, il suo fidanzato, come primo Natale a casa nostra. E poi mio padre coi gemelli. E ovviamente mia sorella con il suo ragazzo»

«Si chiama davvero Erre il fidanzato di tua mamma?», strano cosa rimanga impresso alla gente di una conversazione.

«Beh, no. In realtà si chiama Rudi», dico, «Ma a me e a Nicole è un nome che non piace, così lo chiamiamo Erre. Lui lo sa, e non gli da fastidio», annuisce di nuovo.

«E tuo padre ha dei figli?»

«Sì, due gemelli: Tamara e Stefan. Quando mamma lo ha lasciato aveva un'altra donna, Alina. E adesso sono sposati e tutto il resto»

«E a te sta bene?»

«Sì, perché no?», alza le spalle. «A me non hanno mai fatto mancare niente. Ognuno si è rifatto una vita. È diritto di tutti avere una seconda occasione». Mi guarda fisso. Ormai non faccio più caso a quanto veloce batta il mio cuore. Ho le mani addormentate dalla tensione.

«Meglio che torni al lavoro» dico poi. Non voglio esagerare. Non so neanche se sto facendo la cosa giusta.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora