16 MAT

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Guardo la palla di neve che ho in mano e la scuoto. L'orsetto viene investito da coriandoli bianchi. Sorrido. Non so perché l'ho portata. Semplicemente non mi andava di lasciarla a casa. La volevo con me.

Sono sul divano del salotto, gli altri dormono ancora tutti. Non ci trovo niente di esaltante in questa vacanza. Siamo qua da due giorni e l'unica cosa che abbiamo fatto è stato bere come dei disperati. C'è gente che non fa in tempo nemmeno a tornare sobria prima che si dia inizio a un'altra festa. Le ragazze sono peggio di tutti. Non ho mai visto una ragazza bere quanto Alice. Se fosse la mia la metterei a posto subito. Dai, fa schifo! È volgare.

Si apre la porta e vedo Jessica entrare nella stanza. Subito i miei sensi captano il pericolo e mi metto in allerta. Questa ragazza ha la straordinaria capacità di farmi sentire a disagio.

«Buongiorno», dice, sedendosi ai piedi del divano. Indossa solo una felpa che le copre a mala pena il culo e ha i capelli sciolti buttati su una spalla, di lato.

«Ciao», dico, cercando di rimanere atono.

«Che fai già alzato a quest'ora?»

«Non sono abituato a dormire fino a tardi». Lei mi mette una mano sul polpaccio e lo sento quasi bruciare sotto il suo tocco. Mi irrigidisco e la fisso.

«Cos'è quella?» indica la palla di neve.

«Un regalo»

«Posso vederlo?»

«No», non ci penso neanche a darti la palla di neve di Ele, è mia!

«È della tua ragazza?». Sembra quasi che lo dica per prendermi in giro.

«Non ce l'ho la ragazza», non posso inventarmi il contrario solo per tenerla a bada. «Non sono il tipo»

«Sarebbe molto stupida, se l'avessi»

«Perché?»

«Beh, se io fossi la tua ragazza, non ti lascerei mai venire da solo in montagna con un gruppo come il nostro». Per un istante penso: quindi saresti la classica rompicoglioni? Molto bene, dieci punti in meno per te. Ma non faccio in tempo a soffermarmici che lei fa scivolare la sua mano dal suo polpaccio alla mia coscia.

Credo che se fossi nel bosco e quella mano fosse una vipera pronta all'attacco, avrei la stessa identica paura. Quando è quasi arrivata al tesoro, scatto seduto e poi mi alzo in piedi.

«Senti, io non so che idea ti sei fatta di me», dico le prime parole che mi vengono in mente, «Però, credimi, se hai bisogno di divertirti ci sono Thomas e Charlie che sarebbero ben contenti di esaudire ogni tuo desiderio», Lei si alza e mi viene vicino. Io provo a indietreggiare.

«Ma io non voglio Thomas o Charlie», mi sussurra all'orecchio. «Io voglio te» da un leggero morso al mio lobo, una cosa proprio delicata e impercettibile. Trattengo il fiato. «E io ottengo sempre quello che voglio», detto questo si allontana. «Vado a preparare la colazione» dice sorridendo, con un'espressione normalissima, quasi non fosse neanche lei. Io mi limito ad annuire, ma non sono per niente a mio agio.

IL CONFINE DI UN ATTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora