19. Sogno di una notte di Samhain pt.1

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Attenzione: nessuna rana sudamericana è stata maltrattata durante la stesura di questo capitolo.






Fu come ridestarsi da un sonno durato troppo a lungo.

Nel breve interludio che anticipava il risveglio, Alex riuscì a percepire per la prima volta il residuo della realtà dalla quale proveniva: un senso di lassezza che si ripercuoteva nel suo corpo e nella sua mente come un'eco. Tale realizzazione fu talmente inaspettata da coglierla alla sprovvista, lasciandola in balia di quelle sensazioni così estranee da confonderla. Almeno finché, così com'era comparso, il torpore che la ghermiva non iniziò a scivolarle lungo le membra intorpidite, disperdendosi nel vuoto. A poco a poco, l'oppressione che la soggiogava lasciò il posto a qualcosa di differente, più simile a una carezza di seta che a una catena. E, sebbene quel contatto fosse appena accennato, la sua pelle incominciò a formicolare in risposta dell'energia che la circondava. Le pizzicava, stuzzicandola, facendola sentire... viva.

Leggera.

Libera.

E poi... c'era il silenzio.

Un agognato e meraviglioso silenzio che sovrastava qualsiasi suono. Qualsiasi pensiero.

Un flebile respiro abbandonò le sue labbra. Alex aprì gli occhi e si affacciò finalmente sulla realtà che aveva dinnanzi con una sorta di curiosità che rasentava la bramosia.

Si guardò attorno per un breve istante, attonita. Sebbene il salotto risultasse immutato nella sostanza, lei lo percepiva in modo del tutto diverso: ogni cosa era ubicata come in precedenza, ma i dettagli le apparivano così nitidi da creare un tripudio di colori e trame a cui non avrebbe saputo dare un nome. Persino la luce sembrava possedere una sua fisicità, il cui riverbero plasmava onde che si riflettevano nell'ambiente, propagandosi in giochi luminosi lungo tutte le pareti. Grazie a ciò, l'atmosfera che regnava nella stanza era più splendente di quanto non fosse nel luogo dal quale proveniva.

Incapace di contenere la propria meraviglia per quella visione, Alex socchiuse le labbra e fece un passo incerto, allontanandosi dalla sedia sulla quale era ancora adagiata. Allungò una mano davanti a sé, tastando l'aria con ilare stupore mentre questa le scivolava giocosa tra le dita.

«Alex...»

Era così assorta nella sua contemplazione che quando udì quel richiamo sussultò. Si voltò di malavoglia, accorgendosi in quel momento dell'interferenza che incrinava l'armonia circostante. Lei era lì, ancora seduta al centro della sala, attorniata dai suoi compagni di disavventura che la osservavano inquieti. Eppure, il loro aspetto appariva alterato.

Spiccavano, estranei, come macchie oscure e scolorite nel contesto: assomigliavano a creature d'ombra dai contorni sbiaditi, non dissimili da come le erano parsi i bambini al loro primo incontro.

I lati della sua bocca si incurvarono verso il basso.

«Sono dentro» mormorò, scrutando il suo corpo muovere le labbra nel contempo in cui pronunciava quelle parole.

Keiran le strinse la mano, ma Alex avvertì a malapena quel contatto.

La voce dell'amico risuonò lontana. «O-ok. Questa non me l'aspettavo.» Lo stupore insito nel suo tono arrivò fino a lei, riuscendo persino a infastidirla. Prima di continuare, Keiran fece una pausa per ricercare le parole giuste. «Alex, fa attenzione. Anche se il tuo corpo non può subire danni fisici, la tua anima è vulnerabile, per cui cerca di tornare al più presto. Non so che cosa potrebbe accadere se rimarrai lontana dal tuo corpo troppo a lungo. Inoltre il mondo degli spiriti può essere subdolo al punto che...»

When the children playDove le storie prendono vita. Scoprilo ora