24. Andiam, andiam, andiamo a farci ammazzar

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Stava diventando uno scherzo di cattivo gusto: un meme che si sarebbe aspettato di trovare sui social dopo buffi tiktok di gattini e non in prima persona in una situazione di vita e di morte. Ren non sapeva più come reagire, per cui fece l'unica cosa sensata che il suo cervello concepì sul momento: rimase paralizzato a fissare la porta di cui ormai conosceva ogni dettaglio a memoria, gli occhi sgranati e la bocca aperta da pesce lesso.

Se n'era andata. Di nuovo.

Da sola.

Non fece caso alle imprecazioni che gli uscirono delle labbra una volta che il torpore lo abbandonò. Afferrò John e Sarah per un braccio ciascuno, spintonandoli verso la soglia senza alcuna delicatezza. «Avanti, sbrighiamoci a raggiungerla» ringhiò, la mente colma di possibili scenari di morte: alcuni realistici, altri fantasiosi, ma quasi tutti per mano sua. Ignorò John che claudicava al suo fianco cercando di liberarsi dalla presa e al contempo ghermire un attizzatoio, mentre dall'altra parte Sarah iniziò a insultarlo in cinese.

Probabilmente gli stava maledicendo anche la mucca.

«Aspetta, Ren!» esclamò all'improvviso Emily alle sue spalle. «È pericoloso affrontare Alex da soli. Porta questo con te!»

Ren si voltò appena in tempo per scorgere la bionda spingere Keiran verso di lui. Colto alla sprovvista e con un'espressione di totale tradimento stampata in faccia, l'irlandese incespicò sui suoi passi, impreparato a quello che stava per accadere. Se lo sgorbio fosse stato presente, avrebbe sperperato tempo a sproloquiare sulle leggi della fisica e le condizioni di moto, dimostrando ancora una volta che gradiva arieggiare il cervello ma, dal suo umile punto di vista, Ren intuì lo stesso con orrore le dinamiche che stavano per attuarsi sulla sua persona.

La fisica era una grandissima bastarda che giocava sporco e picchiava duro. E questo sui libri non veniva mai specificato.

A causa della spinta improvvisa, Keiran rovinò in avanti con tutto il suo amor proprio, cozzandogli contro la schiena e facendogli così perdere il momentum con il quale stava trascinando gli altri due. Di conseguenza, Ren incespicò e venne sbalzato contro l'uscio ancora chiuso. Per fortuna, quello che rimaneva del suo martoriato istinto di sopravvivenza si attivò per tempo e mollò la presa per raccogliere le braccia davanti al viso in modo da attutire il colpo. Sfondare la porta, che si aprì sotto il loro peso combinato, non gli fece particolarmente male, ma l'impatto sul pavimento lercio accompagnato dagli arti spigolosi di Keiran contro la pelle sì. Eccome.

Boccheggiando, Ren fece perno sulle mani per alzarsi e al contempo cercare di scrollarsi di dosso il peso morto dell'irlandese. «Togliti. Ora!»

Udì a malapena la risposta gemente del ragazzo, perché mise a fuoco un paio di stivali comparsi all'improvviso nel suo campo visivo. Alzò il capo, scrutando con orrore l'espressione per nulla compiaciuta di Alexander, il sopracciglio inarcato come tocco di classe che lo pungolava peggio del gomito di Keiran tra le scapole.

Rimasero a studiarsi per qualche istante, abbastanza perché avvertisse le guance scaldarsi per l'imbarazzo. Dopodiché, Alex li scavalcò come se fossero degli stracci sporchi e si affacciò sul salotto. «Quanto tempo vi occorre per uscire da qui? Non abbiamo tutta la notte.»

«Ma... non eri scappata?» udì Emily balbettare.

Anche senza vederla, sapeva con esattezza come la muscolatura facciale dello sgorbio si sarebbe contratta a quella domanda. «E a che scopo? Non so dove sia il baule, ma stavate perdendo così tanto tempo che ho deciso di mettervi fretta.» Si girò per squadrarli. «A quanto pare ho fatto male i calcoli...»

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