10. Mr. Gilman

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Non doveva andare così...

Il silenzio era ritornato a Pennington Mansion. Niente più urla, niente più lamenti; solo una fragile quiete aleggiava negli ambienti desolati, annullandoli col suo tetro manto. Tale equilibrio non era niente più che una mera apparenza. Lo sapeva. Aveva percepito i singulti di Emily farsi sempre più flebili mentre Keiran la riaccompagnava al sicuro nel salotto insieme a Sarah, cercando di rincuorare le due ragazze come meglio poteva. Aveva assistito al momento in cui Mark era comparso nella sala, osservando con occhi sbarrati il corpo della sorella. E, infine, aveva provato le ripercussioni della rabbia del giovane. Incontenibile, distruttiva, era divampata come un incendio, prendendo il controllo della sua mente e accecandogli la ragione. John aveva dovuto trattenere l'amico con la forza mentre inveiva e malediceva Ren, provando a liberarsi dalla presa che lo bloccava dall'ottenere vendetta. Il suo volto si era deturpato dalla cieca ira che bruciava in lui. E quando l'aveva finalmente scorta...

Alex non aveva avuto il benché minimo cedimento. Era abituata a suscitare nelle persone le più disperate reazioni; lei stessa le studiava, cercando di comprenderle. Ed era per questo che non aveva reagito, limitandosi a rimanere in silenzio mentre Mark la incolpava della morte della sorella. Lei e Ren erano degli assassini. Sarebbero dovuti morire loro al suo posto. Come ribattere di fronte a quella patetica manifestazione di dolore? Alla fine era solo un ragazzo che non voleva accettare la perdita di un famigliare.

C'era voluto molto tempo prima che Mark ritornasse in sé. Più di quanto avesse sperato a dire il vero. Senza forze, si era accasciato a terra accanto al corpo della sorella. Le aveva chiuso gli occhi e, incurante delle grottesche ferite, l'aveva stretta a sé, accarezzandole i capelli e mormorando parole insensate. John lo aveva lasciato piangere in silenzio per qualche momento, poi gli aveva posato una mano sulla spalla, richiamando la sua attenzione. Dopo un paio di tentativi, era riuscito a convincerlo a spostare il corpo di Dakota in un posto più indicato. Ren si era prodigato ad aiutarli e Mark non aveva emesso una parola di protesta quando si era avvicinato alla sorella perduta. Eppure, nei suoi occhi vi era ancora quella scintilla; una scintilla di puro odio, destinata a perdurare a dispetto di ogni buon'azione.

Alex li aveva osservati allontanarsi come un triste corteo funebre finché la sua attenzione non era stata calamitata altrove. Non seppe esattamente che cosa l'aveva distratta, ma quando si era voltata verso lo scalone, lei era lì. La bambina aveva ricambiato il suo sguardo, sostenendolo imperturbabile per un lungo istante. E poi, così come era apparsa, se ne era andata, salendo i gradini con una calma quasi rivelenziale. Solo il tocco di Gregory l'aveva rinsavita. Si erano guardati l'un l'altro per un breve istante, per poi dirigersi verso i gradini.

E ora, seduta sulla scalinata, Alex non poteva fare a meno di chiedersi il motivo di quella cerimonia. Si passò le mani tra i capelli scompigliati, gettandoseli dietro le spalle con una mossa infastidita. Quando le sue dita estrassero l'ennesimo pezzo di muratura che le era rimasto incastrato nella chioma, si limitò a gettarlo oltre il corrimano con uno sbuffo. Al suo fianco, Gregory osservava un punto indefinito davanti a sé, perso nei suoi pensieri. Inclinato in avanti con le mani congiunte sulle ginocchia, era di un pallore spettrale che forse avrebbe dovuto preoccuparla. Non avevano parlato molto di quello che era accaduto. Anzi, non avevano parlato affatto. Entrambi avvertivano semplicemente il bisogno di schiarirsi le idee per conto loro, ma la reciproca compagnia non recava loro alcun disturbo. O, forse, il ragazzo era rimasto con l'unico scopo di controllarla e prevenire un'altra fuga. Anche se era più probabile che desiderasse riprendere il controllo di sé senza far notare a Emily la sua temporanea debolezza.

Alex inclinò il capo, appoggiando una guancia contro la balaustra. Da quella posizione riusciva a scorgere il punto in cui Dakota aveva terminato di esistere. Chiuse gli occhi per un istante, rivedendo mentalmente la scena, più e più volte, analizzandola in ogni dettaglio alla ricerca di qualcosa. Non era certo il primo cadavere che vedeva in vita sua, ma non era questo a turbarla. No, aveva ben altre motivazioni.

When the children playDove le storie prendono vita. Scoprilo ora