30. Quel capitolo... sì, quello che terrorizza l'autrice

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Non era altro che dolore.

Un dolore pungente e continuo. Le corrodeva le ossa, le annacquava il sangue, le intorpidiva i sensi. Non riusciva a pensare e non aveva alcun controllo: era succube di una realtà di cui non si era mai sentita parte e tutto ciò che le rimaneva era il puro istinto primordiale.

Muoversi, respirare, sopravvivere.

Distruggere.

Emily...

Alex inciampò mettendo un piede in fallo, ma riuscì ad aggrapparsi alla balaustra che le cozzò contro il petto. Emise un respiro doloroso, i polmoni in fiamme e la vista annebbiata. Il battito accelerato del suo cuore le palpitava contro i timpani, smorzando i rumori circostanti. Eppure riusciva a percepirli, luminosi come stelle: la paura di Emily, il dolore di Gregory, la confusione di John, la rabbia di Ren, la preoccupazione di Kieran, il disgusto di Mark e la fame... una fame così viscerale e profonda che le storse le viscere. Ebbe un conato e fu sul punto di crollare, scivolando fino a sbattere le ginocchia per terra. Stava scomparendo. Non riusciva più a sentirsi. L'ultimo brandello di lucidità le stava scivolando via. Il terrore che le ghiacciava il sangue era il proprio? Non lo sapeva.

Doveva... distruggerlo.

L'eco di una voce lontana continuava a chiamarla. Conosceva quella voce, ma non riusciva a ricordarsi quel nome. Le pizzicava la lingua come bollicine frizzanti.

Un nuovo grido la riscosse. Ansimando, fece perno sulle mani tremanti e si costrinse ad alzarsi, osservando ciò che accadeva al livello sottostante. Distinse con difficoltà le sagome di Gregory ed Emily intrappolate sotto lo scalone, le spalle al muro e nessuna via d'uscita. Il ragazzo era a terra, rannicchiato in posizione fatale: si teneva il fianco, le dita sporche di sangue. Alex aveva percepito sulla propria pelle quando era stato sbalzato all'indietro nel tentativo di fare da scudo a Emily, l'impatto sordo e il dolore rovente della ferita riaperta, la consapevolezza di non avere alcuna possibilità di salvare entrambi. Nonostante il panico, la ragazza si era posizionata davanti a lui, le braccia che a fatica sopportavano il peso dell'attizzatoio che brandiva invano per fronteggiare il demone. Lo stesso attizzatoio che voleva consegnare ai suoi amici, nel timore che potesse accadergli qualcosa di brutto. John, seminascosto nel corridoio accanto, si guardavano intorno freneticamente in cerca di una soluzione.

Alex chiuse gli occhi. Un'altra ondata oscura la colpì, trascinandola sempre più alla deriva.

Il vuoto dentro di lei si espanse.

Aveva percepito la sua presenza. L'aveva vista. Poteva avvertirla leccarsi le labbra, il senso di vittoria eruttare dal suo nucleo marcio. Non aveva più motivo di tergiversare.

Non pensò, agì. Alex lasciò che il suo corpo si muovesse in autonomia, scavalcando il parapetto e dandosi lo slancio per atterrare di fronte a Emily. Ebbe appena il tempo di alzare le braccia davanti al viso per bloccare il primo attacco.

Le sue difese si infransero come carta.

Il secondo la colpì direttamente.

Il terzo rischiò di farla svenire.

Il rombo dell'urlo di Emily le riverberò nelle orecchie, echeggiando il dolore bruciante che la invase. Non demorse, né indietreggiò. Continuò a rimanere salda nel punto in cui si trovava, le sferzate oscure che le percuotevano il corpo senza alcuna pietà. Non poteva muoversi.

«Che cosa state aspettando? Scappate!» tuonò una voce alle loro spalle. Riuscì a percepire lo sbigottimento di Emily, le esclamazioni in gaelico di Kieran e dei passi provenienti da ogni direzione, prima di essere afferrata e ritrovarsi senza peso.

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