11. Re diesis e sol bemolle

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Non stava correndo. Nossignore. La sua andatura era una semplice via di mezzo tra "Sto camminando come se nulla fosse" e "Faccio jogging inseguita da un muta di belve idrofobe. Tutto regolare". In effetti, non era la prima volta che incappava in una simile situazione, sebbene il triste incidente avvenuto al parco fosse riconducibile all'invitante hot dog che aveva tenuto impunemente in mano. Il tutto era terminato con un bel po' di leccate in piena faccia da parte dei suoi aguzzini e due dollari sprecati, ma in quel frangente non era il rischio di un'ingente quantità di saliva puzzolente contro la sua epidermide a preoccuparla. Tutt'altro. Con i sensi in allerta e il cuore che le pulsava forte nel petto, Alex dovette usare ogni singolo grammo del suo autocontrollo per trattenere l'impulso di voltarsi. Non avvertiva alcuna presenza alle sue spalle, eppure l'inquietudine non l'abbandonava, rendendole gli arti rigidi come pezzi di legno. Non era certo una ragazzina impressionabile, ma gli ultimi avvenimenti si erano rivelati un po'... inaspettati.

Mentre camminava a passo svelto, macinando metri su metri a tempo record, la sua mente era impegnata a elaborare ciò che aveva appreso. E a fare i conti con i fantasmi del suo passato. Doveva aver compiuto chissà quali atti indicibili in una sua vita passata per meritarsi una serata del genere, ma considerando come stava trascorrendo quella attuale, non riuscì a esserne sorpresa. E dire che si sforzava di apparire normale!

Ormai in prossimità della sua meta, rallentò in un'andatura più quieta finché non si fermò del tutto. La sua mano corse verso la borsa nascosta sotto la mantella, saggiandone la superficie consunta dal troppo utilizzo con la punta delle dita, colte da un lieve tremore. Conteneva tutto quello che le serviva, che la tentava... che odiava.

Rendendosi conto della sua titubanza, Alex scosse il capo con decisione, i capelli le frustarono il viso a ogni movimento. Si diede della stupida. Non era il momento adatto per perdersi nei sentimentalismi. Aveva una missione da compiere e, dato che il dormitorio e l'ufficio di Mrs. Pennington erano temporaneamente off-limits, la sua sola possibilità di capirci qualcosa era quella di affidarsi all'uomo che aveva provato a ristrutturare quella dimora, con l'unico risultato di riesumare più scheletri dall'armadio di quelli sotterrati in un cimitero. Anche se i pronostici non erano dalla sua parte, sperò con tutto il cuore che quella deviazione l'avrebbe portata sulla pista giusta, scongiurando così il pericolo di tornare al punto di partenza. O quasi.

Arrivata davanti alla sala di musica, Alex si bloccò. Tese le orecchie, cercando di percepire la minima variazione nell'ambiente attorno a lei, ma le rispose solo il silenzio. Ormai certa di avere via libera, prese un profondo respiro e si costrinse ad abbassare la maniglia. La porta oppose una lieve resistenza, emettendo un cigolo sommesso, segno che nessuno entrava in quella stanza da molti anni. Come immaginato, lo spettacolo che l'accolse si rivelò ordinario, per non dire deprimente come il resto della villa: aria avvizzita, pochi mobili e un manto di polvere così denso da potersi sdraiare per terra e fare un angelo di... polvere. Si spostò lungo il muro, cercando con il tatto l'interruttore della luce. Dopo qualche istante di silente preghiera, il lampadario disposto sul soffitto singhiozzò, rallegrando i dintorni con un bagliore così soffuso da provocarle un'emicrania.

Chiuse la porta alle sue spalle con un tonfo, tagliando fuori il resto del mondo e gli eventuali scocciatori. La sua attenzione si focalizzò sullo strumento che spiccava al centro della sala, celato da un lenzuolo impolverato. Prima di concedersi il lusso di cambiare idea, Alex ghermì il tessuto consunto tra le dita e lo gettò senza troppi complimenti in un angolo della stanza.

Pessima mossa.

Il pulviscolo che si era depositato nel corso dei decenni l'aggredì sotto forma di nube tossica, causandole un violento accesso di tosse. Non bastavano i fantasmi, no... Persino i mobili dovevano rendere tutto più difficile! Frastornata, Alex smise d'imprecare non appena il suo sguardo scorse il malandato pianoforte. Si stropicciò gli occhi, inebetita dalla sorpresa. Quello non era un normale piano; si trattava di un Bösendorfer e probabilmente valeva più della casa stessa. Il modello era uno dei primi Imperial, il corpo costituito da abete rosso. Delle decorazioni oro che ornavano la cassa era rimasto ben poco, ma la bellezza di quello strumento risultava senza tempo.

When the children playDove le storie prendono vita. Scoprilo ora