18. Dite "amici" ed entrate

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Seguendo il suo istinto, Mark fece scorrere la mano sul fucile che teneva a tracolla su una spalla; tuttavia, prima che gli altri potessero scattare in allerta, si rilassò, assumendo una posa incurante. Invece di attaccarla verbalmente come aveva fatto durante le ultime volte che erano stati nello stesso spazio, il giovane si limitò a squadrarla con attenzione. Forse fin troppa.

«Ancora non capisco che cosa ci trovi in lei» sentenziò scettico rivolto verso di Ren. Non attese una sua reazione. Si passò una mano tra gli arruffati capelli bicolore e andò a sistemarsi su una sedia vuota, incurante di aver monopolizzato la scena.

Fu solo per un istante, ma Alex rimpianse di non indossare più la sua mantella. Chiuse le mani a pugno per non lasciar intravvedere il suo disagio, percependo ancora lo sguardo di Mark su di sé. E ciò non le piacque per niente. Era troppo calmo, freddo. Falso.

«Bene, ora che ci siamo tutti posso finalmente continuare» sentenziò poi, facendo del suo meglio per ignorare i due ragazzi. «Come stavo cercando di dire prima che Ren mi interrompesse, un altro nostro problema è che non sappiamo nell'effettivo che cosa stia accadendo. Stiamo continuando a girare a vuoto. Ecco perché la mossa più intelligente sarebbe quella di trovare le informazioni che ci servono. E chi meglio delle vittime che hanno vissuto in questa casa potrebbe aiutarci? Non solo sanno come muoversi, ma sono i testimoni chiave di ciò che è successo, nonché gli unici a conoscere la verità.»

«Ma c'è un intoppo: hai detto che non sei riuscita a comunicare con loro» intervenne Gregory, concentrato sulla conversazione.

«Esattamente» annuì Alex. «È come se non fossimo sulla stessa frequenza, il che è plausibile dato che siamo su due "piani" diversi. Eppure, se riuscissi a entrare nell'Altro Mondo, nel Sottosopra¹, nel Regno degli Spiriti o come volete chiamarlo, sono sicura che questo non accadrebbe. Potrei raccogliere le informazioni che ci aiuterebbero ad annullare la barriera e a uscire da qui.»

«Tutto questo è così stupido...» bofonchiò Mark.

«Ok, ammettiamo per un momento che tu riesca a raggiungere i bambini. Dimentichi che in giro c'è lo spirito di Gallivan. Saresti un bersaglio fin troppo facile e nessuno di noi potrebbe aiutarti» sentenziò Keiran, incrociando le braccia al petto.

«Ha ragione, Alex. Inoltre chissà in che cosa potresti imbatterti.» Emily la guardò implorante.

«Oh, non è un problema. Abbiamo già appurato che qui nessuno vuole ucciderla» li canzonò Ren. Alex chiuse gli occhi e cercò di non perdere la calma, mentre l'intervento del giovane stava già sortendo i danni sperati.

«Che cosa intende dire? Alex?»

Ignorò sia la domanda dell'amica, sia lo sguardo di Ren contro la sua schiena. «Non importa. E comunque per ogni evenienza ci sarà Keiran a guidarmi. Mi aiuterà a entrare e a uscire; quindi se le cose si mettessero male, dovrebbe essere in grado di richiamarmi qui.»

«Insomma, se ti accadesse qualcosa sarò io il prossimo a morire» sospirò Keiran, per nulla entusiasta di quella situazione. Si stropicciò il setto nasale cercando di riordinare le idee. Sbottò insofferente. «E poi come fai a essere così sicura che quei bambini ci aiuteranno a uscire da qui? Insomma, non abbiamo alcuna certezza che siano dalla nostra parte.»

«È un rischio che dobbiamo correre. Stiamo brancolando nel buio, Keiran. E poi che cosa potrebbe andare storto?» gli domandò, cercando di apparire ottimista.

Lui la ricambiò con un'occhiataccia. «Fammi pensare... Ah, già. Tu che ti perdi in questo fantomatico mondo degli spiriti; la tua anima che viene catturata, torturata, fatta a pezzi e... lasciamo perdere. Tanto hai già deciso.»

When the children playTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang