La mappa del Malandrino

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Rin cominciò a chiedersi cosa vi fosse che non andava, in quella situazione. Indagò mentalmente l’indice di affidabilità della sua guida e sommò il tutto al grado di illegalità dell’evento, moltiplicando il risultato con la probabilità di un eventuale colpo di sfortuna che ponesse in evidenza quanto in atto. In breve, trasse la conclusione che, in qualunque modo avesse avuto da concludersi quella maledetta avventura – così l’aveva chiamata il fedifrago che l’aveva coinvolta – non avrebbe mai più tentato un simile azzardo da mancamento, non solo perché il pericolo si intensificava nel semplice trascorrere dei secondi, ma soprattutto perché ogni vantaggio e ogni scampolo di felicità, che veniva strappato impunemente ad un luogo a loro precluso, si annullava in un timore che il cuore rammendava nel battito tachicardico in cui precipitava tutte le sante volte che uno sguardo si andava a soffermare su di lei più del dovuto. Il risultato che ne ebbe, infine, fu quella di una strozzatura esemplare che avrebbe fatto definitivamente passare la voglia, a quel matto di Yugo, di porre tutta la loro vita nelle mani di una logora carta pergamena la cui origine già lasciava presagire quanto ella fosse... malandrina.
La mappa del malandrino sembrava tremare, al muoversi continuo dei passi che venivano segnati su di essa. Sebbene fosse il centro di tutte le sue maledizioni, e anche la diretta responsabile di quel gran disastro, almeno nell’avvisarli quanto fosse grave la situazione era un merito che ella non sentiva di dover negare.
Si doveva risalire al loro primo anno ad Hogwarts, e alla seconda punizione che mastro Gazza aveva avuto il piacere di infliggere ad uno Yugo colto in flagranza di reato mentre chiedeva elemosina in cucine dove la sua presenza non era autorizzata. Grattare pentoloni sporchi di porridge e salsine, quel giorno, ebbe il pregio di condurlo nuovamente dal guardiano Magonò, la causa da ricercare nella sua inadempienza al mestiere di sguattero, e dunque la facoltà di fargli porre l’attenzione su un cassetto lasciato inavvertitamente alla libera opportunità del suo avido sguardo. Quella pergamena spiegazzata, quel giorno, era apparsa solo come l’utile mezzo di scrittura nel quale riportare le lezioni della McGranitt senza temere l’esaurirsi compianto della carta in procinto di concludersi – e Rin fu davvero crudele, quella volta, a negargli l’ausilio richiesto per il semplice desiderio di insegnarli quanto fosse da imbranati non aver cura delle sue cose – ma quando la sua penna d’oca non ebbe modo di scalfire la superficie apparentemente lisa del lavorato di cellulosa, la conclusione che in esso si nascondeva una qualche fattura divenne evidente e, dunque, emozionante.
Una notte fu suo dovere carpire il livello magico ivi insito; alle successive l’obbligo di decifrarne lo smacco da dare all’astruso codice necessario per accedervi; da qui il cercare indizi e spaziare per le eventuali ipotesi da trarre sull’origine dei Malandrini.
Il peregrinare ai fini di una semplice formula – quel ‘Giuro solennemente di non avere buone intenzioni’ – fu seguito da Rin all’inizio con eguale entusiasmo, poi con mesta rassegnazione, infine con lo scoramento a bloccare ogni discorso inerente all’arcaico antefatto che Yugo aveva preso vizio di portarsi seco, per il terrore che un ladro più geniale e più subdolo di lui riuscisse in ciò che aveva fallito. Non segnò crepe o litigi, quel loro diverso modo di vedere le cose, ma nel confrontarsi costante delle loro idee si cercava sempre di rinnegare quella macchia nera nata in un rapporto comunque troppo solido per potersi adeguatamente adattare ad un’idea di rottura permanente.
Come avesse davvero fatto, a giungere ad una simile vittoria, la giovane non lo seppe mai; nel suo intestardirsi in quelle ragioni – per lui – non adeguatamente riconosciute, venne vista come giusta punizione il silenzio alla grande luce della rivelazione, e ogni insistenza – ricollegata sovente alla loro amicizia e ai numerosissimi favori che egli le doveva – cadeva nel muro di gongolante ottusità per la quale alla fine Rin dovette abbassare le armi, specie quando nessuna delle sue idee riuscì a scalfire la determinazione di Yugo all’abbandonare il sicuro e vigilato castello per ottenere ciò a cui non era dato loro vedere. Vittime di quel destino di orfani che li legava dalla loro infanzia, non c’era stato, nei fatti, alcun tutore in grado di responsabilizzarsi per la loro libera ora d’uscita; Marta, colei che gestiva l’intera struttura al meglio delle sue capacità, era stata categorica nel fermare anche un treno in corsa - quale era Yugo nel mentre di un’accurata arringa in merito alle ragioni insite sulla bellezza di Hogsmeade - e se da un lato comprendeva quanto per i giovani fosse una sorta di delitto immorale tarpargli le ali con sordida violenza, dall’altro il timore di un Sirius Black in libertà era sufficiente per mettere a tacere tutti i suoi rimorsi.
Ecco perché avevano usato il passaggio segreto rivelatogli dalla mappa, ecco perché avevano sfruttato il momento di una partenza collettiva per darne il via ad una tutta loro, ecco perché avevano spostato la statua della strega gobba ed ecco perché il loro guaio si valorizzava di una cifra incalcolabile.
Severus Piton non avrebbe avuto ragioni per collocarsi su un’area del castello solitamente sprovvista dei giusti mezzi d’attrattiva, ma quel giorno vi doveva essere, intorno alla statua, un accentuato particolare in grado di calamitare i suoi passi come la danza di un lume dinanzi ad una falena. Sperare, unico loro mezzo di combattimento, aveva portato solo a inutili maledizioni lanciate contro un naso aquilino decisamente incapace di frenare il proprio sguardo oltre la soglia delle personali storie di vita, e alla speranza era sopraggiunta la richiesta immediata di un miracolo, perché nel brusco frenarsi della statua ogni qualvolta vi era la giusta distanza di metri dalla loro uscita poteva solo spiegarsi con un insegnante scorbutico che ancora si andava chiedendo cosa si poteva mai aspettare per mettere in punizione permanente due fastidiosi Tassorosso.

“Professor Piton, sono finalmente riuscito a trovarla!”
Stipato pur malamente nel vano, col corpo di Rin a premere sul suo – e si ignoravano dunque le scosse gentili che scivolavano lievi nel calore del loro contatto – Yugo doveva perdere completamente il lume della ragione, o almeno subire un trauma cranico di elevata intensità, per non intravedere nella voce sibillina, zuccherosa nel suo essere falsa e scivolosa come l’insidia che celava...
“Signor Yuri. Ma che bella sorpresa.”
Era noto fin’oltre mare l’inspiegabile simpatia che l’uomo privo di emozioni riservava proprio a chi meno era degno di interessi umani – o che, per lo meno, ne sembrava grandemente disinteressato. L’incessante scalpiccio delle sue suole – ormai consumatesi, nel passare in rassegna i vari angoli del corridoio – si arrestò e con esso anche il vagare circospetto degli occhi dei Tassorosso, adesso puntato sul nuovo nome comparso sulla mappa.
“Vorrei che fosse così, ma sono qui per ordine della professoressa McGranitt. Mi è stato riferito di dirle che è urgente la sua presenza in Sala Grande”
“E perché, di grazia?”
Vi sarebbe sorto il sospetto, nella voce di Severus, se un qualunque altro soggetto avesse davvero tentato di indurlo in un luogo che non fosse quello da lui desiderato. Era, per il suo modo di ragionare, la chiave vincente al fine di dimostrare la sua insuperabile verità a fronte delle menzogne messegli sul piatto, un volgare tentativo di depistaggio che, nel suo obiettivo di indurlo in trappola, fungeva solo come mezzo per incastrare le altrui ingenuità. Yugo, al suo posto, avrebbe seriamente rischiato un Pietrificus Totalus solo per tale audacia, o alla meglio ci sarebbe andato giù pesante col veritaserum... ma, con Yuri, tutto ciò che il professore più odiato di Hogwarts ebbe da dare fu un tono di sconcerto misto a incredulità.
“McField” fu la secca risposta del ragazzo “Sembra che un certo Corvonero gli abbia detto la cosa sbagliata al momento sbagliato, e...”
“Spero vivamente che almeno sia intonsa, la Sala Grande”  e Yugo non dubitò, sogghignando, che il tono funereo con il quale pronunciò questa domanda era accompagnata dalla scocciatura interiore nata dal penalizzare la sua stessa casa.
“Fin quando stavo io, era così. Mi creda, ho anche provato a fermarlo, ma... cielo, sembrava impazzito. Non era una cosa molto da Serpeverde, in verità. Provo imbarazzo per lui”
“E fai bene. Grazie per avermi avvertito. Resta tu di guardia, mentre vado a tirare le orecchie a quello scavezzacollo”

“Venite fuori. Ormai non si vede più”
Nonostante le vive proteste di Rin, che comunque suggeriva accortezza, l’istinto di Yugo suggerì un ringraziamento che non accettava manifestazioni minori di un abbraccio. Quello in cui avvolse Yuri, in particolare, poco  mancò di soffocarlo nella maglia del suo mantello.
“Ci hai salvato la vita!” continuava a dire, quasi il doverlo tramutare in un mantra dipendeva da un qualche deficit nella mente del ragazzo dai colori dell’ametista, che invece lottava invano per scacciare da se un contatto non richiesto e tantomeno desiderato.
“Davvero, Yuri” si inserì Rin “Ti dobbiamo molto. Non so come avremmo fatto, senza di te. Ma dimmi, come facevi a sapere dove eravamo?”
L’altro, sfruttando le scarse capacità atletiche intessute nel sinuoso corpo per sfuggir via al contatto del suo aggressore, riprese la sua impasse sistemandosi meglio il cravattino, mentre lasciava alla soddisfazione il compito di impregnare maggiormente una risposta molto piena di ego.
“Elementare, mia cara Rin. Si dia il caso che questo passaggio lo conosca anche io, e che inoltre sia consapevole di quanto stupido sia Yugo. Mi è bastato andarlo a cercare nel suo dormitorio e chiedere di lui, per intuire le vostre intenzioni. Consapevole che non c’era altro modo per sfuggire ai Dissennatori... se tanto mi da tanto, non potevate che essere qui. Dove Piton vi braccava”
“Ti siamo comunque debitori” chiosò Yugo con enfasi, agitando i pugni quasi fosse nello stadio del Quiddich, a tifare per le splendide acrobazie di Crow Hogan, suo grande idolo e rivale “Senza di te saremmo perduti”
“Saprò a chi chiedere,allora, se mai mi occorresse qualcosa”
Rin, che nell’apprendere dal vero assoggettava i dati in modo tanto aggraziato quanto differente dalle maniere brusche e rozze dell’amico d’infanzia, non mancò di notare, nella serie di eventi accadute dinanzi agli occhi, un degno particolare che registrò con somma soddisfazione. Avrebbe cercato meglio nei libri della biblioteca, e meglio ancora in quelli che trattavano di argomenti babbani, perché aveva tutte le ragioni di scoprire quanto bene avesse interpretato il sorriso di sincera gratitudine che, per un attimo, aveva smosso le labbra solitamente ironiche di quel freddo Serpeverde quale era Yuri.

Allora... dovevo aggiornare questa raccolta, e quale miglior giorno se non oggi? Questa shot stava nel mio computer da un bel po' a soggiornare malamente in attesa di mie attenzioni, ma il fatto che non riuscisse a convincermi - e continua tutt'ora a farlo - mi avevano sempre spinta a rimandare. Ora, non sapendo quale altra miglioria creare, credo sia lecito arrendermi e dare almeno al lettore la libertà di giudizio.
Spero che questo mio umile lavoro possa piacervi
Alla prossima!

Harry Potter Au Collection Arc V EditionWhere stories live. Discover now