Il viaggio del Morituro

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L'essere umano non può abiurare la morte. Essa ti troverà sempre, non importa quale mezzo si inventi per scongiurare l'abbattersi della scure su tutto ciò che ti lega al mondo.
Ma anche morire non è semplice. A terrorizzarci non è lo spegnersi di ogni nostra funzione vitale, non è il congelarsi di ogni pensiero, di ogni volontà, l'abbandono spassionato all'oblio eterno di cui si indaga con teoretiche volontà sulla natura e sulla luce; quando ci si avvicina alla morte con la propria coscienza a rendere fattibile l'orrore trasparente nella realtà sempre più lontana, il dolore ad accompagnarsi al lento degenerare di un corpo cigolante, smussato di ogni ferrea volontà e accompagnato dal terrore che in esso vi sia nascosto l'ultimo passo, l'ultimo movimento, l'ultimo respiro ormai compiuto, il proprio animo diviene il devastato campo di battaglia di due desideri ugualmente crudeli ed egoistici, che agognano la vita dopo il dolore e la morte a quietare ogni ansito che ne affligge la mente prossima alla totale perdizione nei meandri della follia.
Piangere era inutile per Yuzu Hiraghi, ma allo stesso tempo era l'unica cosa che le era concesso di compiere da colui il quale, con l'abilità di un marionettista consumato dalla bravura e dalla maestria, aveva ormai preso il totale controllo di un corpo ormai insensibile ad altro se non alla spossatezza sempre più vigente in quegli occhi prossimi a chiudersi.
Avanzava, ella nemmeno sapeva per dove, le labbra a muoversi in sibili angoscianti, il cuore prossimo a fermarsi nel gran trambusto che lo devastava con i battiti scoordinati, le gambe a tremare nella coercizione che l'obbligava a imporsi un percorso di cui ella ignorava la destinazione, ma non l'esito di un simile viaggio, il nucleo centrale che racchiudeva ogni sua ragione nel spingerla là dove gli abissi infernali sembravano aver ricevuto cagione di pensiero da parte degli sciocchi umani che mai concepiranno veramente cosa si cela nell'aldilà. Il tristo mietitore apparve assiso sulla terrificante statua lorda di licheni maleodoranti, ghignante di fronte alle fauci perfettamente riprodotte di quel serpente a cui doveva lo specchiarsi tra arte e realtà, l'orgoglio inasprito di violenza nel concedere al Basilisco qualcosa che terrorizzasse anche solo nelle ombre riproducibili.
Morire. Un pensiero di così cupa consistenza non aveva mai davvero sfiorato una mente il cui cruccio maggiore era rappresentato da una media dei voti sempre troppo avida nel concederle soddisfazioni, dai compagni e dalle loro idee che si frapponevano alle sue, e a quei sentimenti che aveva iniziato a covare per colui che la sua mente già bollava come innominabile nel dominio del suo cuore. Non lo aveva realizzato nemmeno quando essa aveva cominciato ad agire, per opera di quell'orrido quaderno nero apparso nella sua vita carico di promesse sibilline e dolci parole cariche di flautate leziosità. Sciocca lei, nel non aprire per tempo gli occhi di fronte ad un grazioso miracolo carico di ogni funesta minaccia, gli occhi ciechi di fronte all'origine di tanta meraviglia l'avevano portata a tacere simili diavolerie a quanti avrebbero certamente dubitato della sua sanità mentale.
Era stato graduale, il suo commutarsi al nuovo ordine imposto dall'Oscuro Signore, un piegarla alla sua volontà con il sorriso ad accompagnare la sua ingenua convinzione di agire per il meglio e in totale autonomia. Le risposte vaghe, incerte, concesse in un primo tempo per i giusti dubbi alberganti sull'apparizione improvvisa di quelle pagine ingiallite tra i suoi libri di testo, fogli apparentemente innocui nel loro biancore desideroso solo di essere inquinato dall'inchiostro, avevano fin troppo presto lasciato il campo a quelle più incisive, più private, più sue e della sua anima.
Il legame fu presto stabilito, il ponte di cui l'essere mefitico necessitava per assorbire a se quanto concedeva alla sua anima di identificarsi come Yuzu Hiraghi. La sua volontà appassiva con la cieca convinzione che tutte quelle orribili allucinazioni accompagnate da momentanee apnee di coscienza fossero nient'altro che sordide convinzioni lasciate da una paranoia troppo fiera di sbandierare in un clima pregno del miasma del sospetto vigente in un castello mai stato tanto privo di opportune difese. All'inizio erano solo vaghe supposizioni, l'innocuo domandarsi dell'origine di quelle piume così moleste nel loro comparire laddove non avrebbero dovuto esserci, piume colorate apparse proprio nel momento in cui Hagrid gridava a gran voce la terribile tragedia che aveva sconvolto tutto il suo pollame, ormai privo di vita.
Ma più i giorni passavano, più quegli incerti interrogativi si ammantavano di un'importanza sospetta, il cruccio di chi sa che vi è qualcosa di non detto, qualcosa di cui si necessita sapere ma di cui si ignora l'origine. Orribili sospetti che si erano tramutati in certezza il giorno in cui vi era stata quell'esercitazione sui duelli, la sua mano a stringere una bacchetta calda della magia appena usata, ben nascosta nel mantello tremante di un aere agitato e convulso, il dubbio amletico di una memoria troppo scarna di informazioni per ricordarle quale incantesimo aveva pronunciato in un simile frangente tanto significativo per i suoi compagni spaventati. La figura del serpente aveva baluginato nei suoi occhi di zaffiro solo per lo spazio di un istante, il tempo sufficiente per concederle una generica idea sull'effettivo muoversi di quel pezzo di legno ora tanto sospetto nel suo agire in un'iniziativa non mossa da lei.
La pazzia non era ancora nel novero delle scelte da lei considerabili, le ore di sonno sottratte allo studio erano sembrate la corretta interpretazione da dare ad una mente sempre troppo stanca per metabolizzare correttamente una realtà ora troppo in divenire per poter essere compresa di primo acchito con una rapida interpretazione. Aveva giustificato il tutto con un suo momentaneo desiderio di irrisione, il giusto momento dove concedersi allo spazio del divertimento e in un suo eventuale fallimento di fronte ad una circostanza che avrebbe potuto avere conclusioni più gravi. Una sciocca scusante che non aveva convinto neppure lei.
E poi le stranezze avevano iniziato ad accumularsi fino a terrorizzare la momentanea cecità provocata dal dischiudersi delle palpebre, la paura che quel movimento avrebbe segnato l'arresto parziale della sua coscienza e il suo probabile ingresso nel mondo dei folli e di coloro che non sono degni di vivere in luoghi dove la propria esistenza non è che fonte di pericolo per quanti stanno lì attorno; ogni pietrificazione era accompagnata dal suo continuo domandarsi di luoghi e azioni compiute in quel blackout oscuro e incapace di venire ricostruito, l'indebolirsi lento ma pedissequo che il suo corpo subiva non si trovava ad accordarsi a stili di vita divenuti sempre più indolenti e poveri di contatti che ne denunciassero l'impigrirsi a nuove scelte di dubbia efficacia.
Ma l'errore più grande era stato non comprendere l'origine del suo male. Continuare in quelle confidenze proprio con colui che se ne alimentava per condurla alla follia, proprio con colui che ne traeva beneficio e vigore. Porgeva la mano senza considerare quanto rischioso fosse affidarsi a qualcuno che non si poteva conoscere, l'idea di avere un amico che ne comprendesse così a fondo i sentimenti aveva offuscato ogni ragionevole buon senso in merito ad oggetti magici e affini da cui il padre l'aveva sempre e continuamente messa in guardia.
E oramai era troppo tardi per ricevere qualunque tipo di ammonimento. Pentimento, rammarico, biasimo... parole che non significavano più nulla, perché anche lei ormai stava appartenendo al mondo del nulla. Ombra del dimentico, oscurità dell'oblio, un cadavere abbandonato nel rancido e nel putridume, la luce un lontano ricordo che avrebbe illuminato le lacrime di quanti l'avrebbero compianta e rimproverata per quella sua sciocca superbia che non le aveva concesso scampo ad una morte orribile.
E in tale devastante consapevolezza, ciò che le rimaneva erano le lacrime lasciate sul suo cammino, unico segno del suo passaggio nel regno dell'oltretomba, l'unica traccia che sarebbe rimasta di lei per coloro che avrebbero desiderato ripercorrere i suoi ultimi istanti, frammenti di se che sicuramente si sarebbero consunti in manciate di minuti troppo brevi e troppo intensi per decretare in modo decisivo la sua salvezza.
"Vi supplico... so quanto adesso possa essere inutile, so quanto male ho fatto ai miei amici, so quanto sono stata sciocca... ma vi scongiuro, se potete almeno ascoltare questa mia ultima preghiera... vi supplico, perdonatemi. Perdonatemi per quello che vi ho fatto!"


Di sicuro è imperdonabile il mio ritardo, anche se giustificato, e dirvi "ma almeno vi ho rivelato chi è il famoso erede di serpeverde" di sicuro non farà appassire le mie colpe. L'unica cosa che posso fare è chiedervi scusa, e sperare che il mio umile lavoro possa piacervi, sebbene non vi abbia messo la solita cura, e in cuor mio so già che, appena il tempo mi darà clemenza, dovrò andare a correggerlo per rimediare ad eventuali errori - errori che vi invito a segnalarmi, nel caso li vedeste -.
Mi piacerebbe potervi dire che questo non accadrà più, che cercherò di essere più puntuale con i miei lavori futuri, ma purtroppo non posso, perchè questo è un periodo abbastanza delicato, e temo di non poter lavorare più sulle mie storie come facevo un tempo.
Se la cosa vi può consolare (dalla regia: ci stavamo già consolando all'idea che non avresti più aggiornato) non ho certamente smesso di scrivere, quindi vi sono ancora molte bozze che aspettano solo il momento giusto per poter entrare in scena su questa storia.
Vi ringrazio con tutto il cuore, sia chi commenta sia chi legge, anche se silenzioso, perchè è grazie a tutti voi se ho scoperto questa mia grande passione: la scrittura, una delle poche cose che sento di amare veramente.

Harry Potter Au Collection Arc V EditionWhere stories live. Discover now