La propria natura - Prima parte

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Maledetto Eita Kyuando! E maledetti anche Ayu, Futoshi e ! Li odiava! Li odiava tutti!

Non potevano tacere, no! Non potevano far finta di non conoscerla, non potevano tenere per loro quello che sapevano di Mieru. No, era più divertente andare in giro per tutta Hogwarts a dire che la loro amica Mieru era una mezza suonata che diceva di vedere il futuro in una sfera di cristallo. Che non era nemmeno una sfera, per giunta!

E lei che aveva fatto tanto, per mantenere il segreto. Non aveva più ripreso la sua bella mela in mano – anche perché, tutte le volte che lo faceva, trovava sempre il ragazzo che piangeva disperato sopra un petto che non si muoveva – e non aveva mai chiesto né cercato la famosa professoressa di Divinazione. Si era resa invisibile, o quanto meno aveva cercato; aveva chiacchierato del più e del meno con alcune ragazze della sua casa, tra cui la dolce Ruri, e in quelle chiacchiere la cosa più rivelante che aveva detto di sé era stato il suo debole per i ragazzi carini e i dolci alla cannella.

Stava andando tutto bene, davvero. Ma Eita doveva guastare tutto, e solo per farsi bello con i suoi amici. Non era nemmeno nella sua casa, il maledetto! Era un dannatissimo Serpeverde che, essendo figlio di un mago e una babbana, aveva preferito rendere ridicola lei piuttosto che subire lui delle eventuali prese in giro. Aveva sparso la voce su quanto fuori di testa fosse e purtroppo gli altri bambini che aveva conosciuto da piccola, ovvero la Grifondoro Ayu, il tassorosso e il Corvonero Tastuya, non ci avevano messo molto per confermare che sì, Mieru diceva di vedere il futuro e che no, non era affatto vero.

Lei non aveva fatto del male a nessuno. Non era nemmeno un crimine mentire su delle abilità che non si hanno – sebbene lei non mentisse affatto – e non si poteva certo dire che la piccola fosse andata in giro con la mela in mano, pronta ad estorcere dobloni dorati in cambio di una lettura degli eventi della prossima settimana! Però no, le cose non erano mai così semplici.

Ruri, all'inizio, era stata l'unica a concederle il beneficio del dubbio. Le aveva chiesto se fosse vero, le aveva chiesto perché non gliene avesse mai parlato. Ma poi era intervenuto quel suo amico scorbutico, lo sconosciuto di cui Mieru non aveva ancora imparato il nome e che non si era mai presentato, e quello aveva preso da parte la sua amica e le aveva raccontato di come fosse ormai risaputo da molti quanto fantasiosa la fantasia di Mieru fosse, e quanto menzognere le sue fantomatiche previsioni.

E poi era arrivata la domanda, la fatidica domanda. "Ma è vero?" aveva chiesto Ruri, e aveva avuto sul viso un'espressione dispiaciuta.

Dispiaciuta per averle dato fiducia, Mieru ci scommetteva

"Se è vero" aveva fatto il ragazzo antipatico, che non aveva nulla di meglio di fare se non metterla all'angolo "Perché non ci fai una previsione adesso?"

Mieru sapeva che il suo dono era poco accetto, e quindi era più che felice di non condividerlo con nessuno. Ma da qui a negarlo, a fingere che non esistesse, ne passava di acqua sotto i ponti, e in cuor suo la piccola non aveva ancora trovato la forza di negare sé stessa, nemmeno per compiacere il prossimo.

(e ci sarebbero voluti anni prima di capire che quella debolezza era, in realtà, la sua più grande forza)

"È tutto vero!" gridò dunque "E allora?"
"E allora vedi di piantarla!" disse Tatsuya, lì presente per raccontare a tutti quello che sapeva "È per colpa tua se Futoshi ha avuto gli incubi per tutta la quinta elementare! Sei andata a dirgli che sarebbe morto in modo doloroso!"

"Se lui non capisce le mie previsioni non è un mio problema!" gli rispose lei, ormai al colmo delle lacrime "E se proprio vi da fastidio che io sia una veggente, allora lasciatemi in pace"

"Senti, ragazzina" fece il Corvonero scorbutico, con la faccia che sembrava quella di un adulto pronto a urlarle addosso "Hai idea dei problemi che abbiamo quest'anno? Pensi sul serio di essere divertente nel fare questa recita da quattro soldi? Pensi sul serio che qualcuno potrà trovarti anche solo vagamente interessante se fingi di vedere il futuro in una dannata mela di cristallo?! Abbiamo da pensare a tutta una serie di disastri, e se continui a rompere le scatole..."

Ma Mieru non lo lasciò finire. Non voleva sentirlo, non voleva ascoltare la stessa storia che doveva ascoltare a casa, dalla bocca dei suoi genitori. Scappò via, lasciò il campo e, anche con la consapevolezza di aver ceduto, di aver praticamente ammesso di essere colpevole, di aver mentito, pure l'aria che ritrovò fuori dalla sua casa apparve subito più leggera.

La scuola di Hogwarts aveva molti corridoi e molte scale in disuso. Non ne capiva molto il senso, visto che la scuola brulicava di studenti, ma in quel momento Mieru voleva solo un posto dove stare sola; quindi, non discusse molto quando trovò un gradino ripido e sporco sul quale sedersi. Il vuoto attorno, la piccola fu finalmente libera di sciogliersi in lacrime, e nel silenziò poté maledire tutti i suoi aguzzini, a cominciare da quelli che avevano scatenato l'inferno.

Eita Kyuando era il figlio di un conoscente di famiglia. Non lo avrebbe mai chiamato amico, perché era oltremodo fastidioso con le sue manie di grandezza e la convinzione di sapere sempre tutto. Forse era quella sua tracotanza che non gli permetteva di accettare che qualcuno sapesse più di lui, anche se con l'aiuto della magia ma Mieru non poteva perdonargli di averla messa alla gogna, sia nel mondo reale, quando frequentavano la stessa scuola, sia ad Hogwarts, per darla in pasto a coloro che avrebbero potuto denigrarlo a causa delle sue origini babbane.

Poi c'erano i tre moschettieri, come li chiamava lei, sempre insieme, sempre amici, sempre alleati nel prendersela con Mieru. E tutto perché Mieru si era resa colpevole di aver fatto una previsione al più grasso dei tre.

Era il coniglio. Era sicurissima di aver detto la parola coniglio, quando quel giorno aveva fermato Futoshi nei giardinetti poco lontano dalla sua casa. A morire non sarebbe stato Futoshi, ma il coniglio di Futoshi, e non ricordava affatto di aver usato l'espressione "morte dolorosa" – anche perché Mieru, all'epoca, non la conosceva affatto. Aveva solo visto il maledetto coniglio steso stecchito in una scatola da scarpe, e aveva pensato che fosse cosa buona e giusta avvisare il suo padrone del suo infelice destino, almeno per permettergli di elaborare il dolore anzitempo – e magari per farsi un amico, finalmente. Peccato che il ciccione dovesse essere molto sensibile, o molto stupido, e avesse preso fischi per fiaschi. Gli altri due si erano convinti che lei lo avesse bullizzato, e quindi avevano deciso di mettere insieme le forze per bullizzare lei.

Perché era molto più facile credere che fosse lei la cattiva; lo era per i suoi genitori – una figlia cattiva che mentiva – e lo era per i suoi coetanei – una bambina cattiva che dice le bugie. Adesso lo era anche per i suoi compagni di scuola, e in cuor suo Mieru non capiva come avrebbe fatto a sopportare sette anni di quell'inferno. Forse avrebbe dovuto abbandonare Hogwarts...

"Va tutto bene?" sentì chiedere, all'improvviso.

Alzando lo sguardo, trovò il suo volto congestionato dal pianto riflesso in iridi magenta molto belli, che non aveva mai visto. Anzi, non aveva mai visto il ragazzo che le stava di fronte – ed era normale, visto che era un Serpeverde.

Diamine, si disse Mieru. 

Harry Potter Au Collection Arc V EditionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora