La Sfida di Natale

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Era dalle morbide ali del suo ippogrifo che Yuya osservava, allibito, l’enorme campo da Quiddich nel quale avrebbe ben presto compiuto la mirabolante impresa da Cacciatore dei mondiali; Fierobecco calzava l’aere al suono delle sue stridule grida, scalciava nel frenetico moto dei venti e ne accelerava le raffiche, mentre le piumate ali sfioravano le candide nuvole ridisegnandone i profili. Era uno di quei paesaggi onirici che regalava al suo sonno la carezza di un sorriso, piega morbida eppure invisibile per via del gran numero di coltri ad avvolgere la sua minuta figura come l’abbraccio dell’inverno, di quelle emozioni che si possono covare solo nel piacevole tepore generato da morbida lana e soffici coperte. Era quello, nei minuti antecedenti l’alba, il suo regno e il luogo nel quale aveva deciso di pernottare, e non era certamente consapevole dello sguardo intenerito che altri due uomini, affacciati alla porta della sua stanza, riversavano su di lui e sulla dolcezza che quasi vinceva i vincoli posti alle loro persone - che, in situazioni più felici, li avrebbe portati lì, al suo fianco, le mani a smuovere la zazzera smeraldina sparsa sul cuscino e le labbra a toccare la fronte accaldata del proprio giaciglio. Tuttavia, di sereno, Yusho Sakaki e Sirius Black non possedevano nulla; il loro poteva definirsi l’azzardo più avventato del nuovo secolo, ad una mente preparata alla situazione claudicante nel quale poggiavano le loro libertà, eppure nemmeno la mente acuta di Silente aveva posto un monito sufficiente alla loro decisione. Bastava una Passaporta ben piazzata, il silenzio della notte e la prospettiva di render felice un frugoletto assonnato con i regali scelti appositamente per lui, e tutto ciò che era razionale finiva per divenir quella neve ora acciambellata ai confini della casa Sakaki – sciolta nel giro di una giornata soleggiata
Yoko, che materialmente non aveva vantato lo stringere a se di alcun pacchetto, considerava la sola presenza dei due uomini la maggior resa che il destino potesse concederle, una sorta di miracolo che ella avrebbe attribuito al vecchio Nicholas barbuto, se l’infanzia avesse reso le sue idee più semplici. Avrebbe dovuto essere lei la prima a porsi di mezzo ad una simile decisione, a spalleggiare uno Silente stranamente cocciuto per i riguardi alla loro sicurezza, e certamente smontare con tenacia la loro testarda quanto coraggiosa decisione... ma aveva preferito dar ascolto ai battiti gioiosi del suo cuore, e seguire la danza che la conduceva dritta tra le braccia dei due uomini, tesi verso di lei e colmi di quell’affetto che – in quel momento le parve evidente – avevano dissolto scie di amarezza che la quotidianità aveva reso invisibili.
“Certo che però siete due testoni” commentava ella, lo sguardo puntato sulle loro schiene “Almeno, prima di piombare qui, potevate inventarvi una scusa quanto meno decente. Come faccio a spiegare a Yuya di quei regali?”
La candida mano era tesa all’enorme abete che le porte spalancate lasciavano evidente, l’indice a palesare l’esistenza di due involucri – le dimensioni diverse che facevano supporre la diversità del sentimento e della natura del regalo – posti lì apparentemente per puro caso. Lo sguardo azzurrino della donna avrebbe voluto assumere consistenze di severo rimprovero, ma quando il fratello e il marito gli restituirono quella luce divertita – di un vero malandrino, avrebbe detto lei – condita da una risata imbarazzata, anche quella lieve resistenza ebbe la peggio sull’amore.
“Questa è una questione da veri uomini, Yoko; rimandarla, o peggio ancora sospenderla, non era ammissibile!” affermò sicuro Sirius, il braccio mollemente appoggiato allo stipite della porta.
Gli occhi di Yoko vi ricercarono il dubbio in questa affermazione.
“Aspetta, non ti seguo... quale questione da veri uomini?”
“Io e Sirius vogliamo vedere chi renderà più felice Yuya in questo natale” rispose il marito, che nel rubare la parola al mago non vi vide nulla più che un tentativo di stabilire un suo ruolo all’interno del discorso “Chi perde dovrà lavare tutta Grimmauld Place fino a farla tornare uno specchio”
“Che sciocchezza!” postasi la mano sul viso stanco – un sonno del quale si era piacevolmente privata per condurre ogni istante di quelli concessi con i due uomini – tentò di rendere la sua espressione la bandiera del suo dissenso “State rischiando tutto questo solo per una ridicola sfida?”
“Ma cosa dici, Yoko? È in gioco il mio ruolo di zio, qui!” e la voce di Black assunse sfumature di pura indignazione, quasi il non vedersi compreso dall’amata sorella gli riuscisse inconcepibile, oltre che irritante.
“E quello mio di padre, ovviamente”
“Tanto sarò io a vincere!” affermò sicuro l’altro, riprendendosi il ruolo di oratore con una baldanza che rievocava, nella mente malinconica della maga, nostalgici ricordi di un passato più felice “Ogni ragazzino che conosca la magia desidera la mitica Firebolt, è il sogno del cassetto di chiunque non abbia un fondo abbastanza ragguardevole per comprarsela. Ah, il mio caro nipotino è così fortunato ad avermi come suo zio...”
“Sempre il solito, Black” Yusho, che della magia aveva avuto solo la prestidigitazione, prima di conoscere Yoko, aveva però condiviso un numero di spazi talmente ampi, con quel fratello dalla natura tanto vivace quanto sempre prossima al borbottio scontento, che ormai ne vantava la conoscenza di un vecchio amico “E comunque la sfida è apertissima, la vittoria verrà decretata solo quando mio figlio sarà sveglio”
“Tanto per curiosità, cosa gli hai regalato?” chiese Yoko.
“Tsk, un ciondolo. Nemmeno magico, per giunta!” rispose per lui il fratello, l’arroganza a cadenzare l’arcuarsi delle sue parole “Come fa a vincere sulla mia Firebolt?”
“Non sei tipo da ciondoli” notò invece la donna “Come mai questo regalo?”
“Perché infatti non è un ciondolo. È una collana, e l’ho scelta con molta cura, nonostante il compare qui presente non sia d’accordo. Lo chiamano il Pendolo dell’Anima”
“Mai sentito” chiosò Sirius, tornandosene ad osservare il ragazzo ancora aggrappato a Morfeo.
“Vi è una ragione, dietro questa scelta” continuò Sakaki, ignorando la freddezza agonistica del suo amico “Quando era piccolo, Yuya era un bambino molto solare, ma anche prossimo ad un rapido scoramento. Piangeva spesso, tanto da essere preso in giro dagli altri bambini proprio per questo, e finiva per versare ancora più lacrime. Quando questo accadeva, lui veniva da me disperato, e mi chiedeva conforto. Era allora che gli raccontavo la leggenda del Pendolo dell’Anima. Gli dicevo che il mondo non poteva essere sempre lieto e sereno, che la sventura era un male necessario, insito nella vita di tutti  noi. La sua imponenza veniva decisa non dalla sua persona, ma dalla capacità degli uomini di saperla affrontare; allora gli raccontavo che la nostra vita è al pari di un pendolo, che oscilla sia tra la serenità che tra i dispiaceri, e gli raccontavo di quanto fosse bello attendere che quel piccolo cristallo andasse a riposizionarsi a nostro favore, attendendolo con ansia e accettandone, nel frattempo, tutte le indolenze della giustizia. Gli raccontavo che, in fondo, la nostra vita era l’attesa di un lieto evento, era l’accogliere il meglio di essa anche quando le acque della sorte avversa apparivano agitate e limacciose, ed era la possibilità di far volgere verso di se quell’oscillazione grazie al benvolere degli altri, della famiglia come degli amici. È forse l’unico insegnamento che sono riuscito davvero a trasmettergli, e... volevo dargli un presente che glielo ricordasse”

“Quale dei due regali preferisco? Perché mi fai questa domanda, mamma?”
Yuya Sakaki, il labbro sporco delle briciole di una colazione consumata in gran fretta, e il pigiama ancora stropicciato della notte appena conclusa, distolse con difficoltà lo sguardo dalla gaiezza dei doni che lo circondavano, e li puntò verso quella madre adesso tanto strana nel parlare quanto strano era quel tono di voce imbarazzato, la mano a grattare la nuca proprio come il figlio era solito fare quando la situazione non era delle più favorevoli.
“Sì... insomma, hai ricevuto tanti doni, anche dai tuoi amici e... volevo sapere quello che ti piace di più. La Firebolt... forse?” e lo sguardo azzurrino andò a ricercare la porta socchiusa dello stanzino, lì dove un occhio altrettanto zaffirino faceva capolino nell’indecifrabilità del legno.
“In effetti, chiunque sia stato, mi ha fatto un dono fantastico! Non vedo l’ora di mostrarla a Shingo, Yuto, Serena...”
“E del ciondolo? Che mi dici?” lo interruppe la madre, ora a carpire uno sguardo tinto delle sfumature di quel legno in procinto di rivelare i due felloni in impaziente attesa del verdetto.
“Non so chi, ma deve aver saputo della storia che papà mi raccontava sempre da piccolo... non è tuo, mamma?”
“No, te l’ho detto! Erano senza biglietto!” e dovette sforzarsi molto, Yoko, nel mascherare l’impeto con cui aveva dato la risposta.
“Ad ogni modo, mamma... non so decidermi sul regalo migliore. Mi piacciono entrambi, sono troppo belli per decretare chi sia il più bello. Devo per forza dirti chi è il primo?”
“No, certo che no” L’ilarità della donna sembrava il sollievo di una madre lieta della gioia del figlio, ma nessuno, nemmeno il ragazzo in questione, seppe mai che quella era la risata liberatoria di chi immagina lo sguardo allibito di due gran maschioni stipati malamente in un cubicolo di due metri quadri, con la faccia di sbieco e la consapevolezza che la parità non era stata nemmeno un risultato opinabile.

Di solito io non sono una tipa da “Capitoli speciali”, ma quando mi si sono presentati i conti favorevoli per far quadrare il natale originale con quello della mia storia, ammetto di non aver saputo resistere. Così come non ho saputo resistere ad un’idea tanto strampalata quanto divertente e che vede al centro il mio adorato Sirius.
Certo è anche vero che questo capitolo è uscito in modo diverso, da come me lo aspettavo... diciamo che doveva essere più divertimento e meno teologia; sì, le cose mi sono sfuggite di mano. Talmente di mano che sono arrivata a spiegare qui il significato del titolo dell’altra mia storia XD questo succede quando si è troppo lenti nell’aggiornare...
Orbene, dopo punti di sospensione imbarazzati e spiegazioni ancor più imbarazzanti, permettetemi di farvi i miei più felici auguri di buone feste, sia a coloro che mi seguono, sia a coloro che hanno letto per caso questo capitolo e sia a coloro che continuano a sostenermi senza sosta.
A tutti voi
I miei più sinceri Auguri.

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