La via che li condusse al sole (CounterpartShipping)

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C'era solo il silenzio, attorno a Yuya Sakaki, ma nel suo io profondo vi era l'eco indistinto delle urla che le sue labbra si ostinavano a non pronunciare. Spento, avrebbero detto del suo sguardo, gli occhi di un vinto dinanzi all'immane, immediata e inevitabile sconfitta.

Era lo sguardo che Yuto gli detestava di più.

"Finalmente ti ho trovato"

Non aggiunse altre parole, ma c'era in lui il venefico dubbio di non essere stato ascoltato. Non che il lieve sospirare del Lago Nero occultasse davvero la sua voce; il Corvonero lo aveva osservato, in quei giorni, e in quell'asserragliarsi dietro un muro di ritrosia vi aveva visto una forma di odio rivolta nei confronti di nessuno. O forse quel qualcuno c'era, ma chi era più meritevole di una risposta malefica - e magari anche di una fattura nel suo the pomeridiano - se ne andava in giro trionfo di certezze che si basavano sulle sue inutili illazioni - e solo iddio sapeva quanto avrebbe voluto affatturarlo lui, Shingo Sawatari, per quel suo mostrarsi così indifferente di fronte alla logica, al buon senso e alla sua storica amicizia.

Dal giorno di quella fatidica selezione, il mondo aveva scelto, quasi all'unanimità, che tutto quello che aveva rappresentato Yuya Sakaki non doveva più avere lo stesso peso e la stessa amabilità. L'idolo della squadra di Quiddich, da ammirato, era improvvisamente apparso come colui che aveva voluto troppo, che lo aveva pure avuto e che, si sospettava, avesse chissà quale legame segreto, di quelli che concedevano una strada preferenziale che sorpassasse tutti i suoi compagni; d'altronde, sebbene fosse stato mantenuto il riserbo a riguardo della sua famiglia, tutti sapevano che c'era un lato Purosangue, in lui, e per questo si lottava non poco per emergere nella verità e quindi nei paranoici pregiudizi.

In sostanza, si era deciso che, in attesa di un nuovo verdetto che scardinasse la convinzione comune sulla disgustosa attitudine di Yuya nello sorpassare gli altri, sicuramente il ragazzo avrebbe dovuto trascorrere il resto dei giorni scolastici da solo, magari con i pochi temerari che non temevano il giudizio astioso degli occhi ignoranti e minacciosi.

Ma Yuya aveva bisogno del mondo, perché altrimenti non aveva nessuno a cui sorridere, e per cui fingersi sereno. Diveniva il comico senza pubblico o, peggio, il comico di una platea che non sapeva ridere. E Yuya non rideva, aveva smesso di farlo da quel fatidico giorno e non aveva più accennato nemmeno ad una smorfia che non fosse di dolore e di costernazione.

E il peggio stava nel fatto che nessuno riusciva a rendersene conto.

"Lanciare sassi al lago è così divertente? Spero proprio che le Maridi non ce l'abbiano con te, dopo"

Yuya non diede cenno di alcuna risposta. Non diede adito nemmeno di aver sentito, ancora. Ma il suo sguardo finalmente si riscosse dalla nera cerchia di pensieri, e finalmente gli occhi di vetro cremisi che lui aveva amato li ritrovò, sebbene nella loro peggior copia di se - quella di colui che non ha la forza di andare avanti.

"Yuya, non devi permettere a questa cosa di distruggerti!" provò a dire, usando quella veemenza che di solito tratteneva per indole "Tu..."
"Io" fece lui, forse stanco di sentirsi dire quelle parole di consolazione dai pochi che non lo consideravano un abbietto baro "Io sono sempre stato solo, da piccolo. Mi guardavano... mi additavano... Parlavano di me, e mi descrivevano come se fossi un mostro"

Era la degenere storia al centro della sofferenza di Yuya Sakaki, e che tornava a replicarsi come un film enormemente atteso.

Non lasciò alle lacrime il compito di segnare ulteriormente un dolore già straziante, Yuto le asciugò prima ancora di percepire il tatto dei polpastrelli sulle guancie infreddolite del Grifondoro.

Anche lui aveva conosciuto la solitudine. Alla morte dei suoi genitori, aveva conosciuto il dolore di non avere più un luogo, una casa a cui fare ritorno. Nessuno a rimboccarti le coperte, nessuno a dirti di lavare i denti, nessuno a dirti di fare i compiti. Inezie quotidiane che avevano il sapore amaro delle mandorle, quando venivano a mancarti. E lui non ne sarebbe mai uscito vivo, se la mano di Shun e della sua famiglia non fosse stata pronta a sostenerlo. A loro doveva tutto... e voleva essere lui stesso quella figura per quel ragazzo perduto che era ora Yuya.

"Tu non sei un mostro, Yuya" disse dunque, e le mani già tanto vicine al suo viso divennero catene per legare il suo sguardo a quello del ragazzo in lacrime "E non sei nemmeno solo. Non lo sarai mai, perché per qualsiasi cosa io ti sosterrò. L'ho sempre fatto, e non mi stancherò mai di farlo"

"Ma perché?"

Glielo chiese in un sospiro, in un gemito sfuggito ai pensieri più crudeli. I pensieri di chi non si crede meritevole di nulla.

"Perché per me tu sei speciale, e perché sono assolutamente convinto che tu sia innocente. Perché ti conosco, e so cosa puoi e non puoi fare. Perché non c'è giorno in cui non voglia starti vicino, e perché farò quanto in mio potere per difenderti da chiunque voglia farti del male"

Forse aveva parlato troppo, forse aveva espresso parte di quei sentimenti che stava tacendo dalla tristezza di ben quattro anni, forse si era messo a nudo dinanzi al ragazzo senza averne altro risultato se non quello di confonderlo. Ma, nonostante l'iniziale intorpidimento della lingua - segnale premonitore del pentimento - c'era un lato di lui, forse quello più istintivo - forse quello più sincero - che non dubitò della correttezza di quell'esprimersi enfatico.

E l'abbraccio in cui l'investi il Grifondoro gli confermò che aveva ragione.

Angolo della scribacchina

Questo capitolo l'ho scritto praticamente ieri, ma è stata senza alcun dubbio una delle prime immagini dell'intera raccolta. No, non parlo del quarto anno, parlo proprio degli albori di questa storia, quando era ancora in uno stato embrionale nella mia testa. Potete immaginare i feels con cui l'ho scritta, quindi 😂
E va anche detto che ultimamente stavo scrivendo troppe Pendulum, dovevo equilibrare :3
Alla prossima ❤

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