Il volo dell'angelo (Pendulumshipping)

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Primeggiare era l'obiettivo basilare di chi non ha il coraggio di osservare altro se non la luce da occhio di bue che dona sfavillio alla propria figura. Reiji Akaba, che invece del mondo osservava ogni suo minuzioso dettaglio, ne subiva il fascino tedioso proprio perché, dal suo pedissequo analizzare, tendeva a ricercare la radice del vero e per questo a lasciar correre, tra le dita della sua mano, tutto ciò che, apparsogli evidente, non forniva dunque ulteriori scrupoli per essere meritevole di uno sguardo ulteriore. Veniva scambiata per superficiale arroganza ciò che si traduceva in semplice noia, e proprio perseguendo lo stesso medesimo sentimento, egli non aveva mai trovato alcuna ragione per disgregare l'idea di inavvicinabile presuntuoso che altri avevano intessuto attorno al suo nome. Era suo parere che, se davvero vi fosse stato qualche interesse a conoscerlo meglio, da parte di un gruppo di persone che comunque lasciava al primo giudizio l'obbligo di ponderare le loro future decisioni,  allora doveva essere loro esimio compito sforzarsi almeno di infrangere la sottile barriera da lui eretta a confine dei suoi pensieri e dei suoi spazi, affermando - con subdola ironia – che certamente tale confine vantava la fragilità della carta pesta, eppure egli stesso era incapace di offrire un qualsiasi invito che offrisse di seguito l’occasione per rendere in concretezza ciò che era solo austera filosofia. Era l'equivalente di una grotta nascosta dalle fronde degli alberi, e per Reiji non c'era interesse a scrutare un luogo che certamente nessuno sarebbe riuscito a trovare, dato che a quei nessuno non veniva nemmeno l'idea di cercarla.
Fu proprio per aver lasciato sguarnito quel lato di lui, fu proprio per l'incoscienza generata dalla sfiducia, che egli commise l'errore più grande di tutti i tempi. Fu perché nessuno aveva mai prestato attenzione alla sua persona che rimase stupefatto del suo emergere dalla bruma del comune disinteresse.
Il primo grazie ricevuto da Yuya Sakaki fu per il merito di averlo aiutato in quel triste caso che lo aveva visto coinvolto nell’attacco al treno operato dai Dissennatori.  Gli occhi di rubino avevano faticato ad incontrare i suoi, ma l'imbarazzo non era dettato da altro se non dall'inquietudine delle parole non ritenute sufficienti per mostrare la purezza e l'intensità dei suoi sentimenti.
A Reiji Akaba non parve vero che quel ragazzo, pur timido per un età che non aiutava nel coraggio della diplomazia, pure si prodigava in saluti e sorrisi, e non c'era alcun silenzio che riuscisse a scoraggiarlo in quel suo avvicinarsi quieto, piccoli passi mossi in un clima carico di promesse. Reiji lasciava correre, sia perché non vi traeva alcun vantaggio nel rifiutarlo - sarebbe servito solo ad accentuare la sua fama di aristocratico - e sia perché, nella sua insaziabile curiosità, vi era interesse nello scoprire fin dove il giovane avrebbe potuto spingersi.
Il secondo grazie di Yuya Sakaki avvenne dopo il primo, grave illecito dell’anno consumatosi all'interno di quelle mura apparentemente inespugnabili.  Quanto accaduto a Shun Kurosaki aveva gettato ombre degradanti su quella sicurezza che normalmente Hogwarts vantava, ma non era di Sirius Black che il giovane Grifondoro aveva timore; all’angoscia che vedeva riflessa negli occhi di Yuto e dei suoi amici per la sorte del ragazzo – un pensiero angoscioso che avvolgeva pure il suo cuore, e che si calmava solo quando riceveva le rassicuranti parole di madama Chips, pur scorbutiche sebbene in grado di anestetizzare il principio di panico nato da una vita che si credeva in procinto di spezzarsi – egli soffocava nella disperazione causatagli da Grattastinchi, datosi – nella notte di Halloween – ad una fuga precipitosa senza fornire alcuna spiegazione. Ogni ala del castello si era vista puntare quegli occhi cremisi colmi di lacrime, ogni mattone aveva ascoltato l’accorata supplica che la voce tremante di Yuya, colma d’ansia, realizzava al fine di richiamarlo indietro, e l’aiuto offertogli dai suoi amici – dal cui novero si escluse Yuzu, la quale ebbe almeno il buon cuore di non dire ad alta voce quanto simile mistero la facesse sentir più tranquilla circa la sorte del suo inseparabile topino – non procurò alcun sollievo se non il grande senso di gratitudine che avvertiva nei loro confronti. Poi era arrivato lui, Reiji, e aveva sentito – per sbaglio, origliando una conversazione tra il ragazzo e il moro Corvonero – ciò che lo affliggeva. Avendone dedotto, in modo pragmatico, che non c’era gatto al mondo capace di resistere per troppo tempo in un luogo oscuro e buio come quello del castello, ne aveva tratto la conclusione più ovvia e scontata, conducendo quindi il suo nuovo amico e la sua diffidente guardia del corpo – conosciuta col nome di Yuto – nel capanno di Hagrid, il quale aveva affermato che, effettivamente, un grosso e peloso gatto dalle sfumature del grano aveva chiesto asilo un notti recenti e lui non glielo aveva certamente negato. Le parole che Yuya gli dedicò quel giorno si condivano di sorrisi incapaci di essere trattenuti, e alle lacrime che il sollievo rendeva inevitabili seguivano perfino le scuse per quel mostrarsi così infantile e debole.
Quel giorno, Reiji decise che, in fondo, aveva almeno avuto l’occasione di conoscere una persona meritevole di più sguardi, di più attenzioni e di più gentilezze. Decise che, per il bene di Yuya Sakaki, avrebbe volentieri abbandonato il suo lato da orso e si sarebbe prodigato per reprimere quell’istinto di autoconservazione che lo obbligava a non avvicinarsi a chi riteneva puntualmente noioso. Decise, infine, che la preziosità insita nell’animo di Yuya andava preservata dal male che il mondo non faticava a mettere a disposizione, e comprese che quel suo apprendere anche oltre i limiti dell’ordinario fattucchiere avrebbe prodotto i risultati previsti solo quando lo avrebbe saputo al sicuro e lontano da ogni minaccia malefica.
Fu per questo che il suo terzo grazie avvenne al limite tra la vita e la morte, nella sospensione di cielo e terra e nella logica che guida la salvezza. L’aura mefitica dei Dissennatori non avrebbe lasciato scampo al ragazzo, né tantomeno sarebbe stata d’aiuto l’ingenuità dei giocatori, ignari della tragedia che si stava consumando; soltanto Reiji – anticipando perfino Silente di alcuni secondi – comprese che il giusto risiedeva nel potere dell’Arresto Momentum, e dunque nell’impossibilità di quel corpo tanto provato di infrangersi al suolo perlato di pioggia. Sua fu la gloria di averlo protetto quando il suo destino avrebbe percorso l’immagine della porcellana infrantasi al suolo; suo fu il merito di averlo condotto nell’immediato da Madama Chips, la quale ebbe quasi un mancamento a trovarseli tutti e due dinanzi alla sua porta, fradici di pioggia e l’uno stretto tra le braccia dell’altro; sua fu infine l’imparziale freddezza smarritasi nei meandri del terrore, affogata in un nuovo brulicare di emozioni che – e questo non fu ad egli noto, e nemmeno a chi ebbe troppo a cuore la sorte del Grifondoro per osservare bene i suoi lineamenti – sconvolsero la sua maschera apatica e diedero nuovo vigore al brillio delle sue iridi, le quali assunsero – oltre alle sfumature – anche la preziosità del quarzo.

Il sapere porta salvezza. Negli interminabili istanti che avevano privato Yuya Sakaki della sua coscienza, vi era stato un pensiero, nella mente di Reiji Akaba, che ne aveva ossessionato le meningi fin quando non vi aveva dovuto trovare una rapida soluzione. L’inquietudine, alimentata senz’altro dal vigere di una situazione senza alcuna svolta, nasceva dalla coincidenza delle circostanze, le stesse che lo avevano voluto su spalti solitamente tenuti ben lontani da ogni tentazione e troppo caotici e affollati per rendersi teatro di ore piacevoli e distensive. Era stata l’insistenza di Shun, condita dalle battute al vetriolo di Kaito a lasciar da parte il suo nuovo libro sugli incantesimi di magia bianca e ad svolgere un azione totalmente atipica di lui; seguendo quindi il concetto madre del se, vi aveva dedotto l’orribile sostanza di un lui assente, e di un ragazzo dunque incapace di arrestare la sua corsa verso il suolo. Aveva dunque compreso quanto fallace fosse la sua presunzione e quanto superficiale fosse stato quel suo pensiero di protezione, a cui non era riuscito a dedicare le giuste ore di attenzione, permettendo ad altri di svolgere un ruolo non più preso con la dovuta serietà.
Fu tutto questo a impedirgli di lasciare quella stanza non più affollata, a vincere le continue insistenze di madama Chips e a sconfiggere ogni scampolo di sonno per garantirsi la vittoria a quella promessa strappata a se stesso.
“Quindi esiste davvero un incantesimo che mi può proteggere dai Dissennatori?” era la domanda che poneva Yuya in quel momento, le iridi scarlatte poste su di lui in uno spalancarsi che avrebbe avuto del comico, se non fosse stato per la teatralità della situazione.
“Esiste un incantesimo... una magia di livello eccelso, difficile da apprendere, eppure l’unica che può sconfiggere quegli esseri morti. Per me sarebbe un piacere insegnartela, solo... sei consapevole che sarà un percorso totalmente in salita, dove le difficoltà da superare saranno enormi?”
Fu la sua mano ad essere imbrigliata, invece delle sue parole. Il timore maggiore che aveva segnato il sorriso di Yuya non era dedicato alla fragilità della sua esistenza, e nemmeno all’occasione millantata da molti circa quel misterioso Gramo che ancora lasciava discutere una scolaresca in fiamme; negli incubi dalle urla silenziose il Grifondoro era al centro di un pantano inespugnabile, il cuore colto dai dolori tipici dello sconforto e, dinanzi a lui, i suoi migliori amici che spiravano lentamente al bacio finale di un Dissennatore. Il gelo che ottenebrava le membra non si originava all’egoistica idea di poter essere il prossimo, quanto all’immediata consapevolezza che lui, Yuya, non aveva avuto il potere sufficiente per sconfiggere il simbolo della paura stessa, il principale nemico che minacciava non solo lui, ma tutti coloro che avevano il coraggio di essere felici. Per un purista del sorriso come lui era inconcepibile l’esistenza di simili entità mostruose, rappresentavano quell’antitesi che mai avrebbe sperato di conoscere e che, nel profondo del suo cuore, temeva senza nemmeno avere un nome per identificarli. Fu dunque speranza ciò che accese nuovamente un animo afflitto dai sensi di colpa, e fu coraggio ciò che gli permise di infrangere le barriere dell’aere per ricercare la mano del suo amico, una sorta di tacita supplica che avrebbe dovuto metter fine ad ogni dubbio inerente la sua diffidenza di fronte alle sfide.
Sorrise, Reiji, perché trovava piacevolmente interessante quel contatto, quelle iridi puntate su di lui e quello sguardo colmo di determinazione che aveva – inconsciamente – sperato di risvegliare e ricevere.
“Allora è deciso, Yuya. Chiederò a Silente l’uso di una delle aule del castello, e quando mi verrà accordato... io ti insegnerò l’Especto Patronum”

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