CAPITOLO 70 - CONTROLLO

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HARRY

La sveglia suonò troppo presto quella mattina. Dovevo lavorare, e volevo farlo prima che Christine si svegliasse, così da avere la giornata libera per portarla un po' in giro per la città.

Ma non riuscivo a staccarmi da lei. Dormiva a pancia in giù, il suo cuscino era finito chissà dove e i capelli le coprivano parzialmente il viso. Glieli scostai e le carezzai una guancia, sfiorandola appena con un dito. La sua pelle così morbida e il colore roseo delle sue gote mi ricordavano una pesca matura, di quelle succose e dolci, che puoi raccogliere da un ramo per affondarci i denti. Continuai le mie carezze, incapace di trattenermi, passando le dita sulla sua nuca, sotto l'attaccatura dei capelli e poi la annusai. Profumava di vaniglia e di acqua di colonia.

Lei si mosse, cambiando posizione, forse infastidita dal mio tocco. Era per me il segnale che dovevo uscire da quel letto e iniziare a lavorare, ma il suo richiamo era più forte di ogni altra cosa.

Christine era la mia sirena e io, come Ulisse in balia delle onde, ero incapace di distaccarmi da lei anche solo per un attimo.

Mi costrinsi ad alzarmi solo nel tentativo di lasciarla riposare ancora. Il viaggio e la sfacchinata in bicicletta del giorno precedente l'avevano sfinita e lei era crollata tra le mie braccia, cullata dalle mie carezze e dai miei baci. Avrei voluto fare l'amore con lei ma era troppo stanca e, a giudicare dal suo respiro pesante, aveva ancora bisogno di dormire.

Mi infilai sotto la doccia tentando di fare meno rumore possibile. Mentre l'acqua mi scorreva addosso sentii il mio amico inturgidirsi, nell'immaginare la dea che lo attendeva in quel letto caldo. Girai la manopola sul freddo e feci appello a tutte le forze che avevo per non masturbarmi. Mi ripromisi di essere più cauto quel giorno, per non stancarla troppo. Il suo corpo esile non aveva certo la mia resistenza e io volevo disperatamente entrare dentro di lei, ogni volta che ne avrei avuto l'occasione.

Scopare non era mai stato così bello come con Christine e io non vedevo l'ora di sperimentare tutto il repertorio esistente e di più. Oltre a scoparla in ogni posizione possibile, volevo entrare in quel bel culetto vergine, per sentirle urlare il mio nome. Desideravo che sentisse il dolore misto al piacere e che capisse quanto eccitante poteva essere per me la consapevolezza che io, e solo io, potevo procurarglielo. Avevo un disperato bisogno della sua bocca intorno a me, mentre me lo succhiava piano, guardandomi negli occhi.

Dio... dovevo smetterla e uscire da quella doccia. Subito.

In oltre ero più che consapevole del fatto che Christine non avesse alcuna esperienza sul sesso e che quindi avrei dovuto aspettare pazientemente, fin quando non si fosse sentita pronta per sperimentare tutto ciò che avevo in serbo per lei. Sarebbe stata certamente un'impresa ardua starle a fianco senza lasciarsi andare, essendo sempre controllato e cauto. Ma per lei ci sarei riuscito.

Non avrei mai creduto che aspettare e conquistarsi ogni giorno un pezzetto della sua sessualità si sarebbe rivelata un'esperienza così eccitante. Ero abituato ad ottenere tutto e subito dalle donne; in un paio di notti di sesso avevamo praticamente esaurito l'intero kamasutra senza la necessità di forzare la mano da parte mia. Non che non mi piacesse all'epoca, anzi, era proprio quello che volevo: storielle basate sul sesso e niente complicazioni. Per quel motivo non rivelavo niente di me e a loro andava bene così, il più delle volte.

Ma con Christine la mia vita stereotipata non funzionava. Con lei ogni cosa era diversa, persino il sesso. Non mi importava di aspettare e di non essere sempre me stesso. Non volevo spaventarla. Ci saremmo arrivati un po' alla volta e quell'attesa mi faceva impazzire dal desiderio.

Proprio mentre ero riuscito a placare l'amico che avevo tra le gambe sentii un rumore alla porta. Christine stava bussando. Le dissi che poteva entrare e lei lo fece, scusandosi per l'intrusione.

Poachers || H.S. Where stories live. Discover now