CAPITOLO 33 - IL GIOCO SENZA BOTTIGLIA

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<<Prendete carta e penna>>, ci intimò Niall porgendo un foglio e una penna a ciascuno di noi.

<<Mi sta già sul cazzo questo gioco>>, rispose Zayn a bassa voce.

<<Sta' zitto e fai quello che ti dico. Dunque, dobbiamo scrivere cinque azioni e cinque domande sul foglio, belle distanziate tra loro, in maniera che poi io possa ritagliarle per ottenere dei bigliettini>>.

<<Che genere di azioni?>>, domandai non essendo sicura di aver capito.

<<Le stesse che useresti per obbligo o verità. Che so, dai un calcio nel sedere a... , annusa le scarpe da ginnastica di... cose così insomma>>.

<<È disgustoso>>, dissi io inorridendo e alzando gli occhi al cielo.

<<È proprio quello il bello!>> mi rispose Niall facendomi l'occhiolino. <<Dopo di che, metterò i bigliettini con le domande in una ciotola e degli altri bigliettini con i nostri nomi in un'altra ciotola>>.

Il sonoro sbuffo spazientito di Harry arrivò fino alle mie orecchie. Non resistetti alla tentazione di guardarlo e quando lo feci sentii di nuovo quella fastidiosa sensazione allo stomaco. La stessa che avevo provato per tutto il giorno ogni volta che entravo in cucina e posavo lo sguardo sul tavolo.

Cercai di concentrarmi sulle cose da scrivere e solo allora mi resi conto che forse l'idea del gioco non era poi così malvagia. Avrei potuto scoprire qualcosa in più sui ragazzi.

Liam, che tanto per cambiare trovavo spesso a fissarmi, come intuendo le mie intenzioni mi ammonì con prontezza.

<<Niente domande sul lavoro. Vale per tutti>>.

Ecco fatto. Non avrei scoperto un bel niente. Tanto valeva andarsene a dormire.

Poi però ebbi un'altra idea che tramutai nelle parole che scrissi sul quel foglio di carta.

Dopo dieci minuti di silenzio, in cui ognuno di noi era concentrato su quello che stava scrivendo, consegnammo a Niall i fogli e dopo altri dieci minuti questi tornò con le ciotoline contenenti i biglietti.

Ci trasferimmo sul tappeto davanti al camino per essere tutti in circolo, uno di fronte all'altro. I ragazzi stapparono qualche birra e iniziammo a giocare.

<<Comincio io>>, propose Niall, mentre pescava il primo bigliettino.

<<Togli la maglietta, rimanendo a petto nudo e fai due volte il giro del piazzale davanti alla baita, correndo e urlando: SONO UN/A COGLIONE/A>>.

"Merda, questi fanno sul serio!", pensai allarmata.

Osservai i volti dei ragazzi uno ad uno. Iniziavano a scaldarsi, perché la loro sovreccitazione era palpabile. Pregai solo che Niall non pescasse proprio il mio nome dalla seconda ciotola.

<<Louis!>> urlo Niall scoppiando a ridere come un ossesso e rimettendo nella ciotola il bigliettino con il nome. La sua ilarità inevitabilmente coinvolse tutti noi.

<<E pensare che il coglione che ha scritto quel biglietto sono stato proprio io>>, mormorò Louis, sfilandosi felpa e t-shirt dal collo con un unico gesto e rivelando anche lui torace e braccia tatuate.

Ci avvicinammo tutti alla porta d'ingresso, pronti a fare i video con i telefonini per immortalare quello che sarebbe passato alla storia come il momento più pazzo di tutti i tempi.

Louis fece ciò che gli era stato imposto dal biglietto, urlando a squarciagola che era un coglione e le grida di incitamento dei ragazzi che già ridevano a crepapelle divennero altissime e fecero lacrimare anche me. Dovevo ammetterlo, mi stavo divertendo da matti.

Poachers || H.S. Where stories live. Discover now