CAPITOLO 63 - NEVER SAY NEVER

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Nella vita mai dire mai.

Quante volte vi sarà capitato di sentire questa frase, scontata quanto antica?

A me personalmente almeno un centinaio di volte.

Ma io, dal canto mio, non ci avevo mai creduto. Per me era sempre stato tutto o bianco o nero. Il grigio non lo avevo mai contemplato come possibile tonalità per gli avvenimenti della mia vita.

Eppure arrivò il giorno in cui dovetti ricredermi. Il giorno in cui dissi per la prima volta riferite a me stessa quelle fatidiche tre paroline.

I ragazzi, specialmente se molto giovani, si sa: sono immaturi. E nella loro immaturità regna la presunzione di conoscere ogni cosa, anche quelle che non gli sono ancora capitate. Hanno l'arroganza di credersi i detentori della saggezza e della conoscenza e spesso giudicano a priori.

Nell'ottanta per cento dei casi però si sbagliano, e di brutto.

Io non ero da meno.

Uno degli aspetti che più mi stupì della relazione con Harry fu proprio la nuova consapevolezza che ebbi di me stessa, consapevolezza che acquisivo giorno dopo giorno.

Ciò che prima mi sembrava scontato, tutt'a un tratto non lo era più; tutto quello in cui credevo, poteva facilmente essere ribaltato e ciò che mai avrei ritenuto possibile, magicamente poté avverarsi, sotto i miei stessi occhi increduli.

La cosa buffa era che Harry, seppur di un anno più giovane di me aveva sempre avuto la maturità di prevedere tutto, come se in realtà non avesse ventidue anni, bensì quarantadue. Come se i pochi anni da lui vissuti, in realtà valessero il doppio.

Eravamo al telefono, come spesso accadeva da quando era partito. Quatto settimane in tutto erano già trascorse e la sua mancanza fisica nella mia vita era diventata opprimente.

Quel giorno, finalmente, arrivò la bella notizia.

<<Domani torno da te >>, mi disse felice, appena ebbi risposto al telefono.

Dopo aver pianto silenziose lacrime di gioia, pregando perché Harry non si accorgesse della mia commozione, riuscii a fargli tutte le domande del caso, volendo essere al corrente dell'orario del volo, aeroporto di atterraggio e cose così.

<<Ma raccontami di te. Sono tre giorni che non ci sentiamo. Cosa hai fatto in questi giorni?>>, mi chiese, con la voce più rilassata, rispetto alle altre telefonate.

<<Sono stata da mia madre, sai per aiutarla con Jason>>.

<<Mi fa piacere che si stia riprendendo. Ero terribilmente in ansia, sia per lui che per te>>.

<<Si, devo dire che migliora ogni giorno di più. La fisioterapia sta facendo miracoli>>.

<<Ce l'ha ancora una fidanzata, non è vero?>>, mi chiese quasi allarmato.

<<Certo, Violet. Perché?>>. Non capivo il senso di tale domanda.

<<Beh, perché da domani, per qualche giorno, verrai rapita dal sottoscritto. Avrai il permesso di andare solo al lavoro, e poi dovrai passare il resto del tuo tempo con me, quindi... >>.

<<Si chiama sequestro di persona, te lo hanno mai detto?>>, dissi con un sorriso enorme che ahimè, Harry non poté vedere.

<<È proprio ciò che ho intenzione di fare, per cui preparati. Mi implorerai in ginocchio di lasciarti andare>>.

Ero già eccitata. Erano bastate poche frasi che già il mio cuore batteva a tamburo.

<<Devo iniziare a preoccuparmi? Che intenzioni hai?>>. Che ipocrita. Come se non lo sapessi.

Poachers || H.S. Where stories live. Discover now