CAPITOLO 13 - AFRICA

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Mi chiusi la porta di casa alle spalle tentando di fare meno rumore possibile. Era quasi mezzanotte e non avevo proprio voglia di svegliare Michelle e darle spiegazioni.

Cosa mai avrei potuto raccontarle? Non potevo certo dirle cosa mi era successo quella sera.

<<Dove sei stata?>>.

Merda.

<<Ohi Mickey, mi hai spaventata!>>, le dissi trasalendo e sgattaiolando in bagno senza voltarmi. <<Da nessuna parte, comunque. Mi sono trattenuta al parcheggio con Edward a chiacchierare e il tempo è volato>>, le urlai dal bagno con un'espressione che mi avrebbe sicuramente tradita, se avesse potuto vederla.

<<Dimmi che vi siete baciati, finalmente!>>, rispose lei eccitata.

Bene. Sembrava che se la fosse bevuta. Stavo diventando sempre più brava a raccontare frottole. Forse non avrei dovuto rallegrarmene.

<<No, non ci siamo baciati, abbiamo solo chiacchierato>>, ribadii con voce fintamente offesa.

<<Ma che hai al posto del cervello, la segatura? Hai Edward Mckenzie come collega attaccato al culo ogni santo giorno e tu che fai? Ci parli soltanto? Io sarei volata tra le sue braccia da un pezzo!>>.

<<E allora fallo!>>, le dissi uscendo dal bagno. Figuriamoci. Era proprio quello il problema con Edward: averlo attaccato al sedere ogni santo giorno. Non lo sopportavo.

Lei mi guardò scuotendo la testa con espressione rammaricata. <<Tu non hai idea delle volte che ci ho provato, ma lui non se n'è mai neanche accorto. Non ha occhi che per te>>.

<<Ma se si porta a letto una ragazza diversa ogni settimana! E comunque non avevo capito che avessi un debole per lui>>.

<<Sei matta? È il ragazzo più bello di Folden! Chi in questa dannata cittadina non ha un debole per lui? Persino Bacon ne è innamorato!>>. Intanto il mio cane ci saltellava intorno, quasi volesse confermare la sua teoria.

<<Io, per esempio?>>, risposi sarcastica, indicandomi.

<Tu sei malata, non conti>>.

<<Oh, grazie tante! Comunque non è successo niente tra noi e ora fine della discussione su Edward Mckenzie. Buona notte, Michelle>>.

<<Ti prego, metti una buona parola per me domani. Fallo per un'amica disperata!>>, mi disse a mani giunte e sbattendo i suoi occhioni azzurri.

<<Va bene, va bene>>. Le sbattei praticamente la porta in faccia e tirai un sospiro di sollievo, buttandomi sul letto. Per fortuna "l'ispettore Derrick" era facile alle distrazioni.

"Però ha ragione. Prima o poi dovrò mettere una buona parola per lei con Eddy, in fondo sarebbero una bella coppia", pensai sbadigliando e voltandomi di lato. Chiusi gli occhi e mi rilassai. Ancora cinque minuti e mi sarei alzata per mettere il pigiama e infilarmi sotto al piumone ma...

...mi ritrovai in una specie di radura... o forse era una savana, come quelle che si vedono nei documentari sull'Africa.

Faceva molto caldo. Era strano. Ero consapevole di stare sognando, tuttavia non riuscivo a svegliarmi.

Mi guardai intorno. Di fronte a me si stendeva un panorama vasto, prevalentemente erboso, con pochi alberi e arbusti qua e la, molto distanziati tra loro. In lontananza si intravedevano un gruppetto di zebre e una giraffa, intenta a mangiare dalla chioma di un grosso albero. Sembrava veramente di essere in Africa.

Attirata da alcuni rumori mi voltai e vidi qualcosa di diverso. C'era un uomo con una tenuta mimetica a una ventina di metri da me. Era accovacciato a terra e armeggiava con dei fucili. Non so perché, ma mi ritrovai a camminare nella sua direzione, come se avesse qualcosa di familiare e, a mano a mano che mi avvicinavo... no... non può essere...

<<Papà!>>, urlai con quanto fiato avevo in gola.

L'uomo sgranò gli occhi e poi si alzò in piedi e prese ad allontanarsi da me, camminando sempre più veloce, in direzione di una fitta vegetazione, come una foresta.

<<Papà, aspetta! Sono io... sono Christine! Papà, sono tua figlia!>>. Ma mio padre correva sempre più veloce e poi sparì, come inghiottito dalle piante.

Continuai a seguirlo ma mi ritrovai davanti una cosa orribile. A terra, proprio davanti ai miei occhi, c'era un elefante ferito; era enorme e coperto di sangue. Emetteva un lamento straziante. Portai istintivamente le mani alla bocca per soffocare un urlo nell'esatto istante in cui qualcosa mi afferrò per la vita.

Mi voltai di scatto, spaventata, e ciò che vidi a quel punto fu ancora più assurdo. Di fronte a me c'era il ragazzo senza identità.

Gli ematomi erano spariti e mi sorpresi nello scoprire quanto fosse più alto di me. Teneva i suoi splendidi occhi verdi puntati nei miei e solo a quel punto li riconobbi. Li avevo visti nel sogno che feci la notte in cui lo vidi per la prima volta. Erano gli stessi occhi che da un po' di tempo a quella parte mi ossessionavano.

Finalmente parlò ma ciò che disse non mi piacque.

<<Devi andare via da qui. È pericoloso, vieni>>, e iniziò a tirarmi da un braccio.

Io mi dimenai nella direzione opposta. <<No, non voglio... ho visto mio padre e devo raggiungerlo... mi starà aspettando>>.

<<Devi venire via, è pericoloso. Non puoi stare qui. Tu non capisci... >>.

<<No, sei tu che non capisci... lasciami... lasciami subito... >>. Cercavo di divincolarmi, ma la sua presa era solidissima.

E poi accadde un'altra cosa, la più strana di tutte: il ragazzo iniziò a leccarmi la faccia.

<<Ma che fai? Ti prego smettila... basta... >>.

Finalmente aprii gli occhi.

<<Bacon, accidenti a te!>>. Spintonai il mio cane e mi asciugai il viso con le mani come meglio potevo, guardando la sveglia di topolino sul comodino.

Merda! Le 5.30.

Alle 5.40 sarei dovuta uscire di casa per andare a lavoro. Ma non riuscivo ad alzarmi.

Stavo realizzando che dopo tanti anni avevo di nuovo sognato mio padre.

Poachers || H.S. Where stories live. Discover now