CAPITOLO 62 - DI DOMAN NON C'È CERTEZZA

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ROMEO
   Ti prendo in parola. Chiamami amore e sarà il mio nuovo battesimo: ecco, non mi chiamo più Romeo.

GIULIETTA
   Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri?>>.

<<Con un nome non so dirti chi sono: il mio nome, sacra creatura, mi è odioso in quanto tuo nemico. L'avessi qui scritto, strapperei la parola>>.

Le ultime parole di Romeo, fuoriuscite dalla bocca di Jason con un flebile sussurro, non le stetti quasi a sentire, tanta era la gioia che provai in quel momento. Lo abbracciai, lanciandomi sul suo corpo debole e dolorante, riversandovi sopra un mare di lacrime.

Corsi a chiamare medici e infermieri che si precipitarono al suo capezzale per ammirare il compiersi di un vero e proprio miracolo.

Jason stava bene.

Nonostante le fratture multiple e la commozione cerebrale, stava bene, non avendo riportato nessuna lesione permanete a midollo ed encefalo o altri organi vitali.

Fu dichiarato fuori pericolo.

Chiamai la mamma in preda alla gioia più profonda che avessi mai provato, e lei gioì a sua volta, precipitandosi poi in ospedale per valutare lo stato di salute di mio fratello di persona. Stentava a credere a ciò che le avevo raccontato, affermando che doveva essere troppo bello per essere vero.

<<Ti avviso fratellino, verrò a leggerti William Shakespeare ogni giorno, fin quando non ti dimetteranno>>.

<<Non potresti leggere qualcos'altro? Che so, Charles Dickens, per esempio? Romeo e Giulietta lo conosco a memoria... >>.

<<Non se ne parla nemmeno. Argomento chiuso!>>. Gli dissi seria, ma poi corsi ad abbracciarlo di nuovo, scompigliandogli i capelli e stringendo le sue mani, quasi come se fossi terrorizzata che il suo ritorno dal coma io lo avessi solo sognato.

Giunta finalmente a casa quella sera, corsi ad abbracciare Michelle, dandole la bella notizia.

Restammo a lungo a chiacchierare su quello che era successo nelle ultime due settimane e quando non ne potei più, andai a letto, sfinita.

Mentre ero sul punto di addormentarmi, dopo aver riposto sul comodino la mia tanto amata copia di Romeo e Giulietta, il cellulare iniziò a vibrare. Il mio cuore fece una capriola alla lettura del nome che comparve sullo schermo.

<<Come sta tuo fratello?>>.

Da due settimane a quella parte avevo sentito Harry solo tre o quattro volte, ma dopo avergli raccontato dell'incidente, la prima domanda che mi aveva rivolto ad ogni telefonata era stata quella.

Fui felice di poter dare una risposta differente, quella volta.

<<Non sai quanto mi renda felice saperlo. Vorrei essere lì in questo momento, per festeggiare>>, mi disse, dapprima allegro, ma subito dopo con una nota di tristezza nella voce.

<<Lo so, piacerebbe anche a me. Non sai ancora quando potrai tornare?>>, gli chiesi speranzosa, augurandomi che la risposta cambiasse rispetto alle altre volte in cui glielo avevo chiesto.

<<No, purtroppo. Forse ancora un paio di settimane>>.

No, non era cambiato niente. Mancavano sempre un paio di settimane. Appena finivano in realtà già ricominciavano.

<<Ti manco?>>, mi chiese, con la sua solita voce rauca che metteva i brividi.

Mi mancava?

Certo. Che domande.

Mi mancava come l'aria manca alla fiammella di una candela, racchiusa sotto una campana di vetro. La luce che emana si irradia tutt'attorno ma è solo mera apparenza. Sta bruciando tutto il suo ossigeno e presto si spegnerà, incapace di vivere senza.

Così era la mia vita senza Harry. Sopravvivevo in apnea, cercando di sorreggermi a galla nelle difficoltà della vita, aspettando il suo ritorno. Un ritorno che sembrava non giungere mai.

<<Si>>. Fu l'unica cosa che riuscii a rispondergli, riguardo alla sua domanda. Non volli esprimere a parole ciò che sentivo dentro. Temevo di spaventarlo, perché quel sentimento che sentivo crescere ogni giorno di più stava diventando qualcosa di indescrivibile.

<<E io ti manco? Mi pensi un pochino?>>, gli chiesi tuttavia, egoista fino in fondo, ansiosa di sapere ciò che io stessa gli avevo taciuto.

Ma Harry decisamente non era come me...

<<Mi manchi da morire Christine... sto impazzendo, te lo giuro. Non vedo l'ora di riabbracciarti, di baciarti e... di scoparti fino a farti gridare basta... Dio, ti desidero da impazzire... non ce la faccio più a farmi le seghe pensando a te... >>.

<<Ma Harry!>>, gli urlai, fintamente scandalizzata.

In realtà quelle oscenità, come tutte le altre che mi diceva, appiccavano il fuoco dentro di me e, ora che Jason era fuori pericolo, mi lasciai andare al desiderio che provavo per lui. Così decisi di stuzzicarlo, poiché la mia mente era finalmente libera da ogni pensiero.

La telefonata durò almeno altri dieci minuti, in cui Harry mi disse cose che trasformarono le mie guance in piastre roventi e le mie mutandine in un pannetto da gettare senza essere neanche lavato.

Mi addormentai subito dopo, sognando un balcone antico, ricoperto dall'edera rampicante, un aereo al suo decollo, montagne di libri e un letto candido.

Sognai anche i suoi meravigliosi occhi verdi.

Poachers || H.S. Where stories live. Discover now